Quando la metafisica cacciariana è troppo concreta

Cacciari: “Patetica l’opposizione unita senza un programma, non basta Bella Ciao”. Il filosofo sul parallelo con la Francia: «Meloni, a differenza di Le Pen, è una premier in carica che ha preso le distanze dal passato con pieno riconoscimento internazionale» (Titolo e sottotitolo dell’intervista rilasciata da Massimo Cacciari a Francesca Paci de “La Stampa”)

Posso condividere il provocatorio appunto mosso all’opposizione parlamentare, ma non condivido affatto la reiterata e sempre più immotivata sottovalutazione del pericolo neofascista insito nel premierato di Giorgia Meloni e nel sottobosco del suo partito, così come ritengo estemporaneo la gentile concessione di aver preso le distanze dal passato con tanto di riconoscimento internazionale.

Forse per Cacciari prendere le distanze dal fascismo significa elogiare apertamente la gioventù di Fratelli d’Italia, come appare dall’inchiesta scioccante di Fanpage, organizzazione che non è un’accozzaglia di pochi imbecilli, ma l’espressione di una diffusa e coltivata mentalità giovanile e senile, da cui Giorgia Meloni non riesce a distinguersi per motivi ideologici, politici ed elettorali.

Al pensiero Cacciariano risponde quello Mieliano (lo storico Paolo Mieli). Quest’ultimo riduce la questione neofascista alla solita menata dei ragazzacci da compatire e tuttalpiù da rimproverare con qualche scappellotto meloniano. Questi due autorevoli personaggi danno indubbiamente il meglio nelle loro discipline (filosofia e storia), ma, quando si avventurano nella critica politica, uno, sempre più spesso (e me ne dispiaccio sinceramente), fa la parte del bastian contrario e l’altro (è più forte di lui) dell’opportunistico oppositore di comodo. Se restassero nelle loro specialità farebbero bene a tutti: alla politica, alla storia, alla filosofia, ai media e a tutti quanti li leggono e/o li ascoltano.

Mentre la premier Giorgia Meloni si siede al tavolo del Consiglio d’Europa – non ho peraltro capito per proporre cosa se non fare da ventriloqua al Presidente Mattarella, che l’ha voluta aiutare, anzi ci ha voluto aiutare tutti, in un frangente molto delicato, con la frase sibillina “l’Europa non può prescindere dall’Italia” (forse, prudente com’è, se la poteva risparmiare, a meno che il contesto in cui l’ha pronunciata fosse più articolato e argomentato) – escono nuovi elementi a suo carico, inerenti il neofascismo della sua truppa giovanile: provo rabbia e vergogna anche perché la premier, a questi livelli di rapporti internazionali, ci dovrebbe rappresentare tutti, invece ci divide e presenta di noi una caricatura che ci fa tornare indietro di ottant’anni. Posso essere schifato? Lascio al professor Cacciari le sue teatrali elucubrazioni sdogananti e al dottor Mieli le sue presuntuose assoluzioni antistoriche.

L’irrinunciabile neofascismo peraltro non si limita soltanto a coltivare la memoria, ma a tradurre nell’azione di governo una cultura affatto democratica e affatto costituzionale. Ho troppa stima per Massimo Cacciari per pensare che gli siano sfuggiti i collegamenti fra tutta l’azione di governo meloniana e i presupposti ideologici che affondano le radici nel passato. Il pericolo quindi esiste e più il tempo passa e più lo si vede e lo si intravede.

Quanto al riconoscimento internazionale altro non è che il dito dietro cui Giorgia Meloni furbescamente si nasconde e per chi fa finta di concederglielo il modo altrettanto furbo per tenerla sulla corda e per escluderla nei momenti e nelle questioni topiche dall’area democratica occidentale. Siamo di fronte ad un’apprendista stregona, tollerata obtorto collo all’estero ed esaltata in patria (anche per colpa degli snobismi pseudo-culturali alla Cacciari).

Che serve mandare giustamente affanculo Italo Bocchino per essere complimentosi con Giorgia Meloni? Sarebbe meglio, tutto sommato il contrario. Bocchino è insopportabile, ma è parte integrante del gioco meloniano (basta ascoltare i suoi commenti ai contenuti dell’inchiesta di Fanpage, così come quelli degli esponenti politici di FdI nonché dei tanti giornalisti fiancheggiatori). Se volesse essere coerente, Cacciari dovrebbe mandare affanculo parecchia gente: basterebbe e sarebbe meglio che ci mandasse la premier (in modo magari elegante per non incorrere negli assurdi guai giudiziari in cui è incorso il professor Luciano Canfora), anziché sforzarsi di legittimarla inspiegabilmente.

Il sacrosanto attacco all’insufficienza politica della sinistra non val bene una messa all’altare democratico di Giorgia Meloni.  All’ipocrisia della nostra premier preferisco paradossalmente la sincerità di Marine Le Pen: votando questa i francesi sanno quel che votano, votando Giorgia gli italiani no. Il di più viene dal fascismo passato, presente e futuro.