L’Italia, ancora una volta nella storia europea, fa purtroppo scuola, e l’ombra nera dei fascismi torna ad allungarsi sull’Europa. Quando troppo a lungo la democrazia non riesce a costruire giustizia sociale, inclusione ed eguaglianza, alla fine la democrazia stessa viene scartata e le democrazie si suicidano. E non si vede all’orizzonte una possibile inversione di marcia. (Tomaso Montanari – storico dell’arte e saggista)
Il recentissimo voto segna per l’Europa una doppia sconfitta, spero non irrimediabile, ma assai compromettente. L’Ue incassa la sfiducia dei suoi cittadini nelle istituzioni e nei partiti tradizionali che si dicono europeisti. Questa è la prima botta ricevuta, che a giudicare dalle prime mosse dei governi francese e tedesco non sta aprendo gli occhi, ma soltanto innescando reazioni di puro mantenimento, provocatorio nel caso della Francia di Macron e menefreghistico nella Germania di Scholz. Macron ha infatti promosso una sorta di ricatto per i Francesi, mettendoli di fronte alla scelta fra lui e la Le Pen. Scholz ha dichiarato di adottare una tattica attendista, ritenendo la sconfitta elettorale del suo partito come un semplice incidente di percorso. Evidentemente non hanno capito o, meglio, fanno finta di non capire.
La seconda sconfitta assume i toni paradossali del voto a destra motivato dalla insofferenza verso la politica bellicista della Ue e dei suoi Stati membro, nonché verso la politica burocratica tendente ad eludere i problemi sociali nascondendoli dietro i vari rigorismi economici. Dove sta il paradosso? Nel fatto che sacrosante battaglie democratiche e di sinistra vengano consegnate alla destra conservatrice e addirittura a quella estremistica di stampo nazi-fascista. L’Ue si sta facendo fare la predica da chi non crede in essa e vuole buttare via il bambino assieme all’acqua sporca. Anche qui la lezione non viene colta, perché i partiti tradizionali si preoccupano soltanto di rifare il verso alla Commissione uscente al fine di proseguire la non politica europea, consegnandosi alla Nato e agli Usa per quanto riguarda la politica estera e ai vari sovranismi di fatto per quanto concerne le delicate politiche sociali (vedi immigrazione, lotta alla povertà, uguaglianza dei diritti, equità fiscale, etc. etc.).
L’Europa esce malconcia dalle urne avendo appunto sprecato fino ad ora le intuizioni democratiche dei suoi pionieri, le idee costitutive dei suoi fondatori e le spinte progressiste dei suoi abitanti. Tutto da ripensare e rifondare! Con la “piccola” complicazione della assoluta mancanza di personaggi politici che possano avviare un simile processo. Non si può nemmeno pensare che la nuova spinta europeista possa venire dal basso, perché i cittadini preferiscono la scorciatoia della conservazione al limite del nazi-fascismo. C’è rimasto solo l’Euro con le sue istituzioni finanziarie, ecco perché ho azzardato l’ipotesi di una presidenza della Commissione europea affidata a Mario Draghi (sempre meglio un ripiegamento di qualità rispetto a un rilancio di basso profilo).
In Italia ci accontentiamo di essere scampati allo tsunami che ha investito il resto d’Europa, inneggiando alla vittoria di Giorgia Meloni, che ci ha già ampiamente vaccinato contro il vero europeismo, il vero pacifismo e la vera democrazia e all’affermazione elettorale del partito democratico, che finora altro non ha saputo fare che l’opposizione a sua maestà, pensando che questi due illusori conforti elettorali possano rafforzare l’identità e l’azione dello Stato italiano. Della serie “mors europea, vita italiana”, dimenticando che siamo tutti nella stessa barca e che i rematori italiani non hanno la capacità, la possibilità e la forza di portarci a navigare in acque di progresso, giustizia e pace.
Il dibattito è penosamente avvitato su questioni di mera continuità, esorcizzando o dimenticando o godendo il destrismo ed il fascismo montanti e pensando agli affari della nostra bottega, che sta distribuendo merce avariata da consumare politicamente prima di morire. Le maratone televisive hanno sfornato la solita vomitevole narrazione, distraendo i telespettatori col problema di quanto abbia pesato la candidatura di Vannacci sul risultato elettorale della Lega, di verificare se il centrismo italiano abbia finalmente trovato il suo leader in Antonio Tajani, di capire se Giorgia Meloni abbia fatto bene a personalizzare la lista di FdI, di prevedere se Elly Schlein si potrà finalmente alleare con Giuseppe Conte, di preoccuparsi se Renzi e Calenda troveranno uno spazio politico in cui ballare, di ipotizzare un passo avanti verso il bipartitismo e roba di questo genere.
Intanto si continua a morire in Palestina e in Ucraina, ma queste sono notizie scontate, che interessano poco o niente. Intanto la democrazia rischia di morire e noi ci divertiamo a (s)parlare di non-politica.