Nuovo scontro tra Israele e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. “Gaza sta diventando un cimitero di bambini”, ha detto il capo delle Nazioni Unite. Parole durissime che hanno fatto infuriare il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, che su Twitter ha reagito: “Si vergogni!”. (agenzia Ansa.it)
Continuo a non capire di cosa si debba vergognare Antonio Guterres. Sta dicendo una lapalissiana e sconvolgente verità, ma, come spesso accade, chi dice la verità passa dalla parte del torto. Se, come afferma sconsolatamente ma lucidamente Pier Luigi Bersani, non abbiamo il coraggio di dire “basta” al conflitto in atto, deponendo, almeno provvisoriamente, bandiere e risentimenti per poi cominciare a discutere seriamente, non ne usciremo mai e la striscia di Gaza sarà totalmente distrutta, rimarrà soltanto un cimitero pieno soprattutto di bambini a futura memoria.
Bene quindi ha fatto Guterres ad usare la toccante immagine del cimitero infantile per tentare, davanti al mondo, di convincere le parti a interrompere la carneficina. Se lo Stato di Israele non ha il coraggio di abbandonare l’atteggiamento scriteriatamente vendicativo da cui è guidato, si rischia grosso non solo nella striscia di Gaza, ma in tutto il medio-oriente e oserei dire in tutto il mondo.
Guterres probabilmente si sente impotente di fronte agli Stati e tenta la carta delle coscienze degli uomini. Sempre Pier Luigi Bersani ha introdotto nel dibattito una riflessione molto interessante: le guerre si sono storicamente basate sulla dilagante mentalità bellicista, che ha mosso le genti ed ha giustificato la folle intransigenza politica delle nazioni. In questo periodo l’imperante crisi dei valori, la crescente indifferenza ai problemi e l’approccio egoistico e conflittuale nei rapporti stanno obnubilando le coscienze e giustificando in qualche modo le guerre: a parole tutti sono pacifisti, nei fatti non è così e si tende più a cercare giustificazioni plausibili alle guerre che motivazioni ideali per la pace.
L’Onu, di cui Guterres è segretario generale, ha purtroppo fallito a livello internazionale non riuscendo a introdurre preventivamente percorsi diplomatici, limitandosi ad interposizioni militari durante i conflitti e alla formulazione di appelli generici a babbo più o meno morto. Non è stata peraltro neanche un punto di riferimento e di speranza per le popolazioni: una confusa e paralizzante palestra per una manichea contrapposizione alla faccia della diplomazia.
Certo che, dopo tanta inerzia, possono innervosire gli appelli che rischiano di assumere poco più del valore retorico di affermazioni grilloparlantesche. Tuttavia non è mai troppo tardi per fare un passo indietro: salviamo almeno il salvabile, i bambini. Così sembra dire Guterres, che non merita di essere insolentito e svergognato. Ben venga comunque chi ha il coraggio di formulare qualche parola di pace. Sarebbe opportuno ascoltare e non rifiutare aprioristicamente.
In questo ultimo periodo, forse per merito dei suggerimenti obamiani, Joe Biden ha consigliato ad Israele di non ripetere gli errori americani in materia di antiterrorismo. Non si può fare la guerra al terrorismo, bisogna pazientemente difendersi, tentando di rimuoverne le cause, soprattutto combattendo il consenso sociale e religioso su cui poggia. Biden insista su questo tasto, non si lasci condizionare dall’influenza israeliana per motivi di potere e di successo elettorale. L’Europa, che dovrebbe essere l’entità più accreditata per portare alla ragione la furia vendicativa degli israeliani, approfitti della resipiscenza americana e si metta di traverso anziché insistere nella sterile e stucchevole difesa della memoria: la shoah infatti non ha bisogno di ulteriori e/o capovolte shoah, ma di scialuppe di salvataggio per tutti.