È ancora in gran parte cattolica l’Italia. O almeno così la Penisola si percepisce. Ma va sempre meno in chiesa, anche se continua a pregare. Neppure due italiani su dieci partecipano alla Messa tutte le domeniche. Sono più donne che uomini. E sono soprattutto ultra cinquantenni, mentre si assottiglia la presenza dei giovani. Un “piccolo” gregge che però alla politica non è indifferente: va a votare più di chi non si ritrova intorno alla mensa eucaristica. E, quando è davanti all’urna, sceglie il centrodestra piuttosto che il centrosinistra. I più assidui praticanti sono gli elettori di Forza Italia, Azione-Italia Viva e Fratelli d’Italia, i meno vicini all’altare quelli della Lega e dei Cinque stelle. (dal quotidiano “Avvenire”)
Dall’indagine del “Regno” emerge un’Italia religiosa a due velocità: due terzi è cattolica, ma appena il 18% va a Messa. Forza Italia, Terzo polo e Fratelli d’Italia i partiti con più praticanti. A mio giudizio si tratta di due pur comprensibili, ma clamorose contraddizioni, anche se le contraddizioni sono una caratteristica dei nostri tempi a tutti i livelli.
Sulla scarsa partecipazione alla messa ho già riflettuto e scritto in precedenti commenti e, al momento non avrei nulla da aggiungere. Mi preme invece soffermarmi sul dato del voto: i cattolici votano più degli altri e fin qui niente di strano, anzi; votano in grande prevalenza a destra e qui molto di strano; infine scartano i partiti più polemici e barricadieri, preferendo un approccio moderato alla politica, e qui si può anche capire.
Premetto che farò riflessioni molto istintive e superficiali, che potranno irritare, anzi avranno proprio lo scopo di disturbare i benpensanti per costringerli banalmente ad uscire dai loro schemi politicamente (s)corretti e presuntuosamente (in)accettabili. Lettori avvisati, mezzo salvati… Parto quindi in quarta senza reticenze e riguardi.
Che i cattolici sentano il dovere civico di partecipare alle consultazioni elettorali è un dato confortante ascrivibile al loro senso di responsabilità. Rendono a Cesare addirittura più di quanto Cesare non dia a loro. Forse mettono in pratica il kennediano consiglio: “Non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese».
Arriviamo al dunque: i cattolici votano a destra. Un mio grande professore direbbe: “Rovinato tutto!”. In effetti faccio molta fatica a comprendere i motivi di questa scelta. Qualcuno mi dice che sono molto interessati alla difesa della famiglia e che intravedono nella destra un baluardo in tal senso. Non ci credo e penso che chi vota a destra, seppure in buona fede, abbia a cuore non tanto la famiglia ma il portafoglio.
Un tempo si votava a destra per combattere il comunismo, un tempo si votava al centro per affidarsi ad un partito, la Democrazia cristiana, di ispirazione cattolica, sempre la sinistra ha fatto e fa paura ai cattolici. Non ho mai capito bene il perché. Vangelo alla mano, votare a destra mi sembra un gesto sacrilego, simile a bestemmiare in chiesa. Un voto, tutto sommato, di conservazione se non addirittura di reazione.
Mia sorella Lucia era implacabilmente severa nei confronti dei cattolici nel loro approccio alla politica: sintetizzava il giudizio con una espressione colorita, esagerata e disinibita come era nel suo carattere. Non andava per il sottile e li definiva “cattolici di merda”. Diffidava degli integralismi cattolici: quello di chi pensa di poter fare politica come si usa fare in sagrestia, bisbigliando calunnie e ostentando un insopportabile e stucchevole perbenismo; quello di chi ritiene di fare peccato scendendo a compromessi e negando quindi il senso stesso della politica per rifugiarsi nella difesa aprioristica, teorica per non dire astratta dei principi religiosi; quello di chi ritiene la politica qualcosa di demoniaco da esorcizzare, lavandosene le mani e finendo col lasciare campo ancor più libero a chi intende la politica come l’arte dei propri affari; quello di chi pensa di coniugare al meglio fede e politica confabulando con i preti, difendendo il potere della Chiesa e assicurandosi succulente fette di consenso elettorale; quello di chi pensa che i cattolici siano i migliori fichi del bigoncio e quindi li ritiene per ciò stesso i più adatti a ricoprire le cariche pubbliche. Così come non sopportava il clericalismo ad oltranza, a rovescio non digeriva i giudizi sommari contro i cattolici investiti di incarichi pubblici; così come non sopportava i bigotti del tempio, non gradiva i bigotti della cellula di partito. Si riteneva una cattolica adulta, capace pur con tutti i suoi limiti e difetti, di discernere in campo politico, senza fare ricorso agli ordini provenienti dal clero, soprattutto quello di alto bordo.
In fin dei conti troppi cattolici hanno paura della politica e allora si rifugiano nella destra con l’illusione di imitare Cristo che si è seduto alla destra del Padre. Una destra forte ma non sbracata, ancor più pericolosa in quanto subdolamente connessa allo storico principio “Dio, Patria e famiglia”. Quanto alla Lega non vorrei che la preclusione fosse ipocritamente motivata solo dagli eccessi verbali di Matteo Salvini, così come quella verso i grillini potrebbe essere giustificata dagli eccessi di Beppe Grillo. Discorsi troppo parziali per essere esaurienti.
Intendiamoci bene, non è che a sinistra ci sia molto da stare a tavola: tuttavia ho sempre ritenuto che sia meglio sbagliare a sinistra che stare dalla parte del manico a destra. Semmai la più bella astensione non fu mai scritta. Da un po’ di tempo mi sto arrovellando in tal senso, però piuttosto che votare a destra mi taglierei entrambe le mani.
Trovassero i cattolici un punto del Vangelo che giustifichi un voto a destra. Ho pensato tante volte a questo discorso, ho letto ripetutamente il Vangelo a questo specifico scopo e non ho trovato nulla. I casi sono tre: o non capisco niente di Vangelo o non capisco niente di politica o sono rimasto un comunista di sagrestia. Di tutto un po’. Ai tempi dell’opzione democristiana per il governo di centro-sinistra si buttava la croce addosso ai laicisti marxisti ed ero fra questi. Ci voleva il carisma di Aldo Moro per far togliere alla DC la barriera anti-comunista: lui l’ha pagata cara e io sempre considerato un eretico, un cristiano impazzito.
Dom Helder Camara, vescovo brasiliano, diceva: «Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo, ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista»