È un periodo in cui gli equilibri internazionali vengono sempre più messi a soqquadro: invasione chiama invasione, guerra chiama guerra. Lo scoppio improvviso (?) della guerra arabo-israeliana avvenuto in conseguenza dell’invasione israeliana da parte di Hamas, il braccio violento della causa palestinese, mette drasticamente e drammaticamente in evidenza e in discussione i presupposti della convivenza pseudo-pacifica e pre-bellica.
Si vis pace para bellum: chi più di Israele si è preparato alla guerra armandosi fino ai denti, allestendo un sofisticato sistema di intelligence, coltivando alleanze importantissime? Eppure si è fatto sorprendere come uno scolaretto dall’attacco di una organizzazione infinitamente più piccola e più debole.
Lasciamo covare il fuoco sotto la cenere: prima o poi non c’è verso, esplode. I palestinesi sono i parenti poveri, maltrattati e discriminati, in balia di spinte terroristiche e di legami col fanatismo religioso, di strumentalizzazioni da parte di finti amici esterni. Nessuno è in grado di contenere e governare la loro rabbia che trova sfogo nella fionda di uno sciocco Davide contro un cattivo e supponente Golia.
L’Onu ha continuato a chiedere il ritiro di Israele dai territori occupati, ma Israele anziché ritirarsi ne ha occupati altri. Gli Usa, salvo qualche eccezionale parentesi, non hanno utilizzato il loro storico rapporto di amicizia per riportare Israele alla ragione: al contrario si sono fatti incapsulare in una rigida logica di potere. Discorso simile, ancor più subdolo e strumentale, vale per il mondo arabo con tutti gli annessi e connessi nei confronti del magma palestinese.
Si ha la netta impressione, forse si tratta di triste e conclamata realtà, che questi sfoghi bellici vengano considerati come valvola di sicurezza per evitare il peggio (peggio dii così…). Ad una incerta, faticosa ed articolata prospettiva di pace, si preferisce una sicura, comoda e delinquenziale realtà di guerra a pezzi (come dice papa Francesco).
Israele reagirà duramente, tutti applaudiranno. Un motivo per reagire con le armi si trova sempre. Non penso che la colpa di questa recrudescenza bellica contro Israele sia colpa della Russia che ha indubbiamente inaugurato una fase storica all’insegna dell’invasione di altri territori. Certo il clima generale non è dei migliori, ma le cause del conflitto arabo-israeliano vanno ricercate nella storia e non solo nell’attualità. Come sempre chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Anche il presidente Mattarella rischia di farsi inghiottire dalla realpolitik bellicista. Se l’Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri paesi ai confini con la Russia e questo – come avvenne nel secolo scorso tra il 38 e il 39 – condurrebbe a un conflitto generale e devastante”: per questo serve mantenere altissima la coesione europea perché solo così si può evitare il rischio di “un conflitto mondiale”.
Sergio Mattarella richiama all’ordine sul dossier ucraina notando in Europa, ma anche in Italia, l’allargarsi di piccole crepe, segnali di naturale stanchezza nel sostegno dei cittadini e della politica all’azione del governo di Kiev. (Ansa.it)
Il discorso si può applicare anche al medio oriente che rischia di essere scombussolato senza ritorno. E allora cosa facciamo? Facciamo guerre per evitare il rischio di guerre? Io preferirei fare tentativi di pace costi quel che costi. Tanto i morti che ci sono già stati non risuscitano con le vendette che ne fanno altri. Roba da pacifisti? Roba di buonsenso! Se queste sono le crepe notate da Mattarella, chiedo a lui di usare soprattutto, se non solamente, l’arduo cemento della diplomazia per evitare i crolli.