“Quando incontro i giovani, dico loro di aiutarci a essere più coraggiosi per affrontare le sfide del cambiamento. Di ascoltare di più i poveri, gli ultimi, chi fa più fatica. Ascoltare i loro desideri, le loro paure e le loro necessità. Dico sempre che Gesù parla soltanto dopo aver servito. Prima serviva, faceva, e poi parlava. Questo diventa importante anche per noi. Altrimenti la gente non crederà alle nostre parole. Perché oggi c’è bisogno di tanta concretezza, c’è bisogno di gesti significativi.
Racconto sempre quattro parole di Don Lorenzo Milani che diceva “fino a che c’è fatica c’è speranza”. Noi dobbiamo trasformare la preghiera in vita e la vita in preghiera. Perché, se la preghiera non parte dalla vita delle persone, non serve. La “strada del Vangelo”, è quella che dice “di cercare di viverlo dentro i segni dei tempi. Il Vangelo deve vivere nel contesto di oggi. Senza timore di parlare alla politica, perché i ragazzi chiedono speranza, che significa avere dignità, diritti, ascolto. Credo profondamente in questo. Questa è una società del consumismo e del profitto che ad esempio sta un po’ espropriando la realtà dell’adolescenza.
A cominciare dal tentativo di omologare, quando invece “la diversità dei giovani va preservata perché vive e si nutre di relazioni, non di semplici contatti e di connessione. Perciò ai giovani augurerò la solitudine. Da non confondersi con l’isolamento. Perché è nella solitudine che tu vivi le tue emozioni. Questo tuo guardarti dentro, il tuo prendere coscienza. C’è bisogno di solitudine perché noi siamo schiavi dei social e della tecnologia. Non sono da demonizzare, ma abbiamo da fermarci per guardarci dentro” (dall’intervento di don Luigi Ciotti alla GMG come da articolo di “Avvenire” di Daniela Pozzoli inviata a Lisbona).
Da vecchio bacucco qual sono mi sono riconciliato con la GMG grazie alle parole rivolte ai giovani da don Luigi Ciotti: concretezza nel servizio agli ultimi, preghiera che parte dalla vita, solitudine per puntare a vere relazioni. In un clima enfaticamente e trionfalmente celebrativo c’è bisogno di tornare coi piedi per terra, non per tarpare le ali ai sogni della gioventù, ma per dare ad essi un autentico respiro evangelico.
Un testimone credibile riporta i giovani a una dimensione contro-corrente lontana dalle moderne schiavitù, ma anche dai buonismi di evasione. Con don Ciotti si passa dalla clericalizzazione della GMG al suo tuffo nella “politica” intesa evangelicamente come impegno al cambiamento solidale. Una boccata d’aria giovane in mezzo ai giovani che faticano a viver la loro diversità in un mondo che tenta di traviarli omologandoli e ad una Chiesa che cerca di salvarli “buonizzandoli”.
Sono andato a rileggermi un pezzo scritto nell’ormai lontano 2014 in occasione di un incontro nella chiesa di Santa Cristina: un pretaccio (don Luciano Scaccaglia) che ospitava un altro pretaccio (don Luigi Ciotti), col quale ebbi l’opportunità di scambiare anche qualche parola a tu per tu. “Ascolto attentamente, quasi con apprensione, don Ciotti: si presenta da laureato in scienze confuse, come ama simpaticamente definirsi, da uomo rispettoso della diversità (da non confondersi con avversità) quale sale della vita, da prete che non sputa sentenze ma che accetta e invita ad accettare i dubbi ritenendoli il sale delle certezze, da uomo di Chiesa che consiglia vivamente di diffidare di coloro che propinano troppe facili verità puzzolenti di un sapere di seconda mano, da credente che porta Dio dentro di sé senza bisogno di sbandierarlo o di nascondersi dietro il suo nome, da oratore che getta la sue “parole di carne”.
Auguro ai giovani di prestare ascolto a questo maestro di vita, sbandierando non tanto il proprio pompato giovanilismo di maniera, ma la propria scandalosa ansia di cambiare il mondo e…la Chiesa.