Torture e violenze contro i più fragili. Choc a Verona, arrestati 5 poliziotti. È stata la stessa Squadra Mobile della Questura, con un lavoro di indagine di 8 mesi, a portare alla luce almeno 7 episodi di abusi su persone sottoposti alla custodia degli agenti ora ai domiciliari.
Uno schiaffo così «vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti». E se il malcapitato dorme, che si fa per svegliarlo? Gli si urina addosso. «Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio», è una delle frasi con cui i poliziotti si rivolgevano ai fermati. Non bastavano le botte e gli insulti razzisti e xenofobi? Ecco che si infierisce utilizzando anche lo spray al peperoncino. «Ti spruzzo nel c…o», minacciava un ispettore. Orrore all’ombra dell’Arena. Indignazione. Così potevano essere trattati immigrati stranieri, senzatetto, drogati, alcolizzati, altra povera gente intercettata per strada, a Verona.
La questura ha scoperto tutto. Ha intercettato, indagato. Erano dei suoi. È andata avanti, a testa alta. E la Procura ha così mandato ai domiciliari cinque poliziotti, un ispettore e quattro agenti, della questura scaligera per accuse pesantissime: tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto e omissione di atti di ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Tra il mese di luglio dell’anno scorso ed il marzo di quest’anno, mentre svolgevano servizio alle Volanti, avrebbero picchiato persone fermate in strada per controlli. Ben 7 i casi di abusi. Con i verbali debitamente truccati. 10 altri poliziotti sono indagati perché non avrebbero reagito, seppur a conoscenza dei misfatti. (Francesco Dal Mas sul quotidiano “Avvenire”)
Fatti gravi, anzi gravissimi! Non credo si possano rubricare alla maniera di mio padre: “A un òmm, anca al pu bräv dal mónd, a t’ ghe mètt in testa un bonètt al dventa un stuppid”. Molte polizie del mondo sono schierate a difesa non dell’ordine e della legalità, ma dei regimi, palesi od occulti che siano. È molto simpatica ed “anarchica” la battuta con cui mio padre fucilava l’autoritarismo dall’alto al basso e dal basso all’alto. L’Italia però non rientra nella casistica dei regimi con le polizie a loro supporto. E allora?
Inutile girarci intorno: l’elemento più inquietante della vicenda di Verona è la tassonomia delle vittime tratteggiata dalla gip Livia Magri. «Soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente deboli», scrive la giudice per le indagini preliminari. E la domanda è inevitabile: perché? Perché questo accanimento «in misura pressoché esclusiva» – così ribadisce la gip – su chi non può difendersi e andrebbe piuttosto protetto da diffuse e odiose discriminazioni sociali? E perché giungere a forme di umiliazione da regime totalitario, disgustose, come pretendere che una persona strisci nella propria urina? Azioni che intendono sottomettere la vittima al più antidemocratico e incivile dei messaggi: «Tu vali zero». (ancora dal quotidiano “Avvenire”)
In poche parole questi poliziotti si divertivano a infierire sui “poveracci”. Posso capire che un poliziotto possa stancarsi di avere continuamente a che fare con i “rompipalle di strada”. Ebbene, innanzitutto se non se la sente di sopportare questo compito, può o addirittura deve cambiare mestiere. Diversamente non gli chiedo di fare il missionario, ma almeno di portare un minimo di rispetto verso le persone problematiche. Non vorrei che al contrario su questi soggetti si scaricasse la frustrazione dei poliziotti stessi. In fin dei conti è un classico della psicologia: “prendersela coi più deboli per sentirsi forti”.
La retorica dell’elogio verso le forze dell’ordine si spreca anche se è giustificata dai tanti casi di autentico eroismo di chi interpreta al meglio la funzione del servizio alla collettività per la difesa della legalità e dell’ordine. Però e meglio andare oltre la retorica.
Non solo la magistratura e la stessa Polizia, ma anche il governo in carica e il Parlamento nella sua interezza devono assumersi la responsabilità di una risposta chiara, netta, circa la capacità e volontà di estirpare sul nascere anche il più piccolo seme di intolleranza e razzismo dentro le istituzioni preposte alla sicurezza delle persone e della democrazia.
L’indagine della magistratura e l’azione investigativa della squadra mobile di Verona contro i propri “colleghi” rappresentano una prima positiva reazione, a testimonianza che gli “anticorpi” ci sono e funzionano. Ma, sinceramente, non basta. Deve essere la politica a lanciare un messaggio unico e costante sui valori democratici che devono innervare la vita delle istituzioni. E soprattutto senza equivoci, ambiguità e zone grigie. Perché è anche con l’alibi degli equivoci, delle ambiguità e delle zone grigie, costruite nelle narrazioni pubbliche e politiche, che talvolta l’uomo, persino l’uomo in divisa, tradisce se stesso e i valori che dovrebbe incarnare. (sempre dal quotidiano “Avvenire”)
Speriamo che non scattino omertà e coperture come spesso accade e che si faccia chiarezza e pulizia nella polizia. Non basta però limitarsi al più basso livello e colpire soltanto le più evidenti e clamorose trasgressioni di pubblica sicurezza. Se qualcuno, direttamente o indirettamente, a livello politico, criminalizza gli immigrati, semina intolleranza verso alcolisti e tossicodipendenti, considera la difesa della legalità come un valore assoluto da mettere al di sopra del rispetto per le persone, aderisce più o meno espressamente a quella che papa Francesco definisce “cultura dello scarto”, la quale «tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti, allora tutto diventa ammissibile, anche torturare i disturbatori della quiete pubblica.