La famiglia bellicista allargata

L’Europa deve ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti ed evitare di essere trascinata in uno scontro tra Cina e Stati Uniti su Taiwan: il presidente francese Emmanuel Macron, in un’intervista a Politico.eu e a due giornalisti transalpini sul suo aereo di ritorno da una visita di stato di tre giorni in Cina, ha sottolineato la sua teoria di “autonomia strategica” per l’Europa, presumibilmente guidata dalla Francia, per diventare una “terza superpotenza”. “Se le tensioni tra le due superpotenze si surriscaldano… non avremo il tempo né le risorse per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo vassalli”, sono le parole del presidente francese.

Il capo dell’Eliseo, che ha trascorso circa sei ore durante la sua missione con il presidente Xi Jinping, ha detto che “il grande rischio” che l’Europa deve affrontare è di essere coinvolta “in crisi che non sono le nostre, che le impediscono di costruire la sua autonomia strategica”. Xi e il Partito comunista cinese hanno sostenuto con entusiasmo il concetto di autonomia strategica di Macron e i funzionari di Pechino vi fanno costantemente riferimento nei loro rapporti con i Paesi europei sulla convinzione che l’Occidente sia in declino e che la Cina sia in ascesa: uno scenario che potrebbe accelerare se le relazioni transatlantiche si indeboliranno.

Secondo l’inquilino dell’Eliseo una accelerazione della crisi su Taiwan non è nell’interesse dell’Europa. La domanda “a cui gli europei devono rispondere è: è nel nostro interesse accelerare una crisi su Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dobbiamo diventare seguaci di questo argomento e prendere spunto dall’agenda degli Stati Uniti e da una reazione eccessiva cinese”, ha aggiunto Macron (da Il Fatto quotidiano).

Non si è mai capito se questa posizione storicamente assunta dalla Francia sia dovuta ad un sacrosanto desiderio di autonomia rispetto allo strapotere americano o se discenda dalla smania di grandeur nei confronti dei partner europei. La Francia purtroppo gioca in proprio e non in squadra, ragion per cui anche i suoi migliori intendimenti teorici finiscono con l’essere velleitari o comunque fini a loro stessi. In parole povere, della Francia non c’è da fidarsi, basti pensare all’avventura antilibica promossa da Sarkozy che trascinò nel 2011 il mondo occidentale (Italia compresa) in una vicenda bellica assurda i cui effetti negativi continuano tutt’ora a farsi sentire.

Le dichiarazioni rilasciate da Macron e sopra riportate sono indubbiamente e lucidamente realistiche, ma finiranno come sempre per segnare solo uno smarcamento tattico che porterà ulteriore divisione in casa europea e metterà in ulteriore difficoltà la strategia europea, se mai ne esiste una. Niente a che vedere con una adesione critica alla Nato e con una ricerca di equilibri pacifici.

Nell’attuale schieramento politico italiano non si intravede alcuna schiena non dico dritta ma nemmeno obliqua di fronte alla peraltro sconclusionata strategia americana: non ci mancava altro che il governo Meloni per appiattirci senza condizioni sulla Nato e sugli Usa.  E pensare che qualche rigurgito di indipendenza di giudizio e di comportamento l’Italia la riuscì ad esprimere anche in clima di piena guerra fredda. Oggi neanche a parlarne.

Resto convinto che, come dice papa Francesco, occorra uscire dagli schemi rigidi di guerra per provare a sperimentare schemi di pace. Invece purtroppo continuiamo ad essere schiavi della guerra e non bastano certo i tatticismi macroniani ad invertire la tendenza. In Italia la destra al governo sparla bene e la sinistra balbetta male dopo avere sparlato quando era al governo. Chi osasse fare discorsi di pace forse verrebbe portato in trionfo, salvo essere crocifisso alle prossime elezioni: se non erro è già successo a chi di pace se ne intendeva assai e che perse il referendum popolare finendo in croce quale vittima sacrificale della guerra fredda tra Romani ed Ebrei.