Pericolose prove di dialogo clerico-melonista

Il Papa non si è iscritto a Fratelli d’Italia né si aspetta di finire nel pantheon del partito di Giorgia Meloni. Però le parole pronunciate domenica al termine dell’Angelus, commentando il naufragio dell’imbarcazione al largo delle coste crotonesi, non sono dispiaciute al governo e hanno mandato in tilt mezza Cei, che non si aspettava solo la condanna degli scafisti. Francesco avrebbe potuto rifarsi alle Note della Conferenza episcopale italiana, accennare all’azione dei preti locali, che hanno organizzato Vie crucis sulla spiaggia di Cutro per sensibilizzare la cittadinanza distratta. […] Da destra, scontata, s’è levata la ola di giubilo: il Papa la pensa come noi. Da sinistra, silenzio imbarazzato. Motivato anche dalla constatazione di una sintonia tra Francesco e la premier, che non a caso lunedì presenterà insieme al segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, il nuovo libro di Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale (Marsilio) […] (dal quotidiano “Il foglio” del 07 marzo 2023 a firma Matteo Matzuzzi).

Sono convintissimo che il Papa non c’entri niente in questo scivolone, ma certo chi ha preparato il testo post-angelus gli ha fatto una tortina o, come minimo, ha preso un brutto granchio. Fatto sta che proprio nel momento in cui Giorgia Meloni usciva malissimo dalla vicenda Cutro, qualcuno, a livello vaticano, le ha lanciato una piccola ciambella di salvataggio acchiappata al volo (tanto per usare una terminologia adatta al clima drammaticamente marinaresco della questione). Se è vero che due più due (a volte) fa quattro, il quattro è arrivato a distanza di pochi giorni con l’invito al premier di presenziare ad una iniziativa di Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista dei Gesuiti, vale a dire alla presentazione del libro del suo direttore Antonio Spadaro sul pontificato di papa Francesco. Padre Spadaro, intervistato da Lucia Annunziata su Rai 3, ha glissato elegantemente sul significato politico dell’evento, ripiegando sulla tradizione che prevederebbe, in questi casi, di rivolgere l’invito al premier in carica a prescindere dalla sua connotazione politica. Altro scivolone, altro granchio o, dal momento che due indizi fanno una quasi-prova, un peloso filo di dialogo avviato tra gerarchia cattolica e governo di destra? L’intervento di Giorgia Meloni non è stato affatto un gesto di cortesia, ma una furbesca occasione per un abbondante sfoggio politico sotto gli sguardi tra lo stupefatto e il compiaciuto e con gli applausi di maniera un po’ più che formali del Cardinale Parolin e di padre Antonio Spadaro: la premier ha colto l’occasione per un’abbondante, misericordiosa, perbenista ed autoassolutoria leccata/spruzzata papisteggiante sull’operato del governo. In effetti ha detto di voler stare nel suo possibile, tentando di spiegare come lei intenda tradurre alcune indicazioni del papa nella realtà italiana. La cifra per cercare una reciproca comprensione (dalla rivista Formiche). Ha spiegato agli italiani come il suo partito e il suo governo tentino di essere in linea con gli insegnamenti di papa Francesco.

Si è andati molto al di là dell’utilizzare da parte di Civiltà Cattolica “il dono della comunicazione come un ponte e non come un muro”. Tanto è vero che il cardinale Parolin parlando con i giornalisti ha evidenziato la necessità di chiarire il confronto avvenuto a latere con Giorgia Meloni. Con due dichiarazioni inequivocabili. La prima: «Non giudico le disposizioni, non tocca a me. Certo, è stato messo in rilievo come le politiche molte volte sono di contenimento e di restringimento, di ripulsa». Bisognerebbe passare «a una politica più aperta, di accoglienza, che poi dovrebbe trovare anche manifestazioni concrete nei vari atti legislativi». E vale pure per l’Unione europea: «anche l’orientamento del patto della Ue è sempre frenare, e mai ricevere». Seconda stoccata: «Non lo so e non l’ho sentito, non posso né confermare né smentire» che papa Francesco andrà a Cutro, ma «è possibile che intenda andare». Commenta un presule dai Sacri Palazzi: «Il solo fatto che Bergoglio ci abbia pensato o stia ancora valutando la possibilità, è un chiaro segno di distanza abissale dagli atteggiamenti e dalle scelte dell’esecutivo italiano sulle questioni migratorie, in particolare dopo il naufragio nelle acque calabresi» (dal quotidiano “ la Stampa” del 14 marzo 2023 a firma Domenico Agasso).

Sufficiente per arginare l’affondo meloniano? Ho seri dubbi. Resta l’imperdonabile errore da parte della Chiesa di concedere in una sua importante sede dibattimentale un’occasione di chiara propaganda governativa. Meno male che c’è il cardinale Matteo Zuppi a guardia dell’ovile cattolico!

Meloni cerca Parolin per ricucire i legami tra governo e Vaticano. La premier Giorgia Meloni in data 13 marzo 2023 ha partecipato alla presentazione del libro “L’atlante di Francesco”, del gesuita Antonio Spadaro. È stata anche l’occasione per il primo incontro ufficiale con il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin. Meloni ha parlato delle «radici cristiane dell’Europa». Come la chiesa pensa il mondo? Come l’Italia pensa il mondo? Sono le domande che hanno dato l’input all’incontro tenuto nella sede de La Civiltà Cattolica per la presentazione del libro del gesuita Antonio Spadaro. Non una semplice presentazione, ma un’occasione politica, con il primo incontro ufficiale tra il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, accompagnata dai ministri della Giustizia e Cultura, Carlo Nordio e Gennaro Sangiuliano (dal quotidiano “Il domani” del 13 marzo 2023 a firma Marco Grieco).

Intendiamoci bene, non c’è nulla di male in tutto ciò, ma qualcosa di politico sta bollendo in pentola: sembra oltre tutto che ci sia in atto un certo lavorio diplomatico del sotto-segretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, personaggio significativo a livello di intellighenzia meloniana. D’altra parte il ruolo istituzionale da lui ricoperto è di grande rilievo come dimostra la storia dei governi italiani (si pensi solo a Giuliano Amato nei governi Craxi e Gianni Letta nei governi Berlusconi). Se associamo questa azione sotto traccia alla risurrezione di Lazzaro-Gianfranco Fini, che sembra avere ritrovato la parola dopo un lungo periodo di forzata ma elegante afasia, al protagonismo giornalistico di Italo Bocchino, direttore del Secolo d’Italia, che si sta muovendo come portavoce di Giorgia Meloni a livello mediatico, arriviamo, seppure maliziosamente, ad una tattica di elevamento politico, di acculturamento storico e di accreditamento pseudo-religioso ben più pregnante delle boutade sangiulianesche.

Aggiungiamoci pure anche il nascente dualismo tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, opportunisticamente sfruttato dalla prima per enfatizzare il suo ruolo di difensore d’ufficio della linea cattolica sui cosiddetti temi sensibili e giungiamo al tentativo in atto di trasformare l’attuale esperienza governativa di centro-destra in un vero e proprio laboratorio identitario etico-religioso: un’esca a cui potrebbero abboccare i pesci cattolici.

L’articolato giochino di cui sopra potrebbe essere disturbato non poco dalle intemperanze del benedettino spudorato Matteo Salvini e dai malpancismi del catto-affarista Silvio Berlusconi. Il leghismo ruspante verrebbe però contenuto a suon di karaoke di compleanno, mentre il tatticismo berlusconiano si scioglierebbe nel ben più pregnante terzopolismo renziano.

Fantapolitica? Fantacattolicità? Ammetto che la fantasia non mi manchi, ma che ci sia in atto una piena legittimazione strisciante, ben al di là dei recenti responsi elettorali, a tutti i livelli del governo di destra-destra è abbastanza evidente. In molti si stanno riposizionando e fin qui niente di strano in un mondo dove l’opportunismo è di casa. Lo leggo però come un segno inquietante di un’aria di stabilizzazione di ciò che politicamente poteva sembrare precario. Non invidio Sergio Mattarella, che, se il quadro suddetto avesse un futuro, non mancherebbe di esserne lambito. Non cadrà nel tranello dell’angelus domenicale, né delle ciambelle di salvataggio, né tanto meno delle cerimonie quirinalizie, né ancor meno degli incontri imbarazzanti. Lo vedo libero, coerente, abile ed arruolato per ben altra e alta funzione istituzionale, etica e culturale. Non ha esitato a mettersi in perfetta concorrenza con il governo sulla vicenda Cutro. Meno male che c’è Mattarella!