Ottimo disse Conte e vomitò

Il presidente 5 stelle si è presentato davanti ai cronisti dopo l’elezione di Stefania Craxi in commissione Esteri e ha accusato la destra e Italia viva di aver spaccato l’alleanza che tiene in piedi il governo. E rivolgendosi al premier: “La responsabilità della tenuta è sua”

“Il voto di oggi certifica che l’attuale maggioranza di governo esiste solo sulla carta, non nella realtà del confronto quotidiano. Registriamo come ormai sia venuto meno anche il più elementare principio di leale collaborazione”. Parla così il leader del movimento 5 stelle Giuseppe Conte dopo il Consiglio nazionale del M5S convocato d’urgenza per il voto al Senato che ha portato Stefania Craxi alla presidenza della Commissione Esteri. “Dopo avere avviato un percorso condiviso, che ha portato alla decadenza della originaria Commissione e alla formazione di una nuova Commissione Esteri, e nonostante la chiarezza di comportamento e il senso delle istituzioni dimostrato dal M5S, si è verificata una gravissima scorrettezza che ha innescato una evidente frattura tra le forze di maggioranza: nel segreto dell’urna se ne è formata una nuova, in modo surrettizio, violando regole e patti. Ne prendiamo atto”. 

“Non viene confermata al M5S la Presidenza della Commissione non perché non avessimo presentato un candidato di altissimo profilo e di massima garanzia” dichiara l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte “ma per le nostre battaglie politiche volte a prevenire ulteriori e pericolose escalation militari e a pretendere che l’Italia assuma un ruolo più incisivo, in sede internazionale ed europea, nel rilancio di una prospettiva negoziale concreta per risolvere il terribile conflitto in Ucraina” sottolinea il leader del Movimento 5 stelle. “Nei giorni scorsi avevamo ventilato il sospetto che qualcuno ci volesse fuori dalla maggioranza. Oggi ne abbiamo la conferma” aggiunge Conte.

“Oggi registriamo che di fatto si è formata una nuova maggioranza che spazia da Fratelli d’Italia a Italia Viva” ha ribadito Conte, che “si è formata violando patti, regole, perché sapete che avevamo avviato un percorso condiviso. Il M5s, con grande senso di responsabilità e lealtà verso le istituzioni e i cittadini si era predisposto per un cambio alla presidenza della commissione esteri e per lavorare con le altre forze di governo a sostegno di questa maggioranza, sulla carta. Devo prendere atto che in modo opaco e surrettizio le cose sono andate diversamente”. 

“Oggi prendo atto che M5S, Pd e Leu hanno un atteggiamento responsabile di fronte ai cittadini, mantengono i patti. Gli altri no”. Così il leader M5S Giuseppe Conte, al termine del Consiglio nazionale 5 Stelle. “Non è che noi non facciamo parte della maggioranza. C’è stata assolutamente una linearità di comportamento da parte di Pd e Leu. Di fatto, invece, probabilmente sarà stata la riunione di ieri di Arcore, saranno stati i prossimi appuntamenti elettorali che spingono Italia Viva ad assumere queste posizioni, abbracciando ovviamente l’entrata in campo di Fratelli d’Italia, che come sapete è un’opposizione sulla carta ma molto anomala. Adesso stiamo a vedere l’evoluzione di questo quadro” conclude Giuseppe Conte che si rivolge al premier Mario Draghi: “Spetta innanzitutto a lui prenderne atto, e tenere in piedi questa maggioranza”.

 

Bisogna ricordare che il problema è sorto dai contrasti interni al M5S sulla linea governativa relativa alla guerra in Ucraina, in poche parole sull’aiuto in armi a Zelensky. Si è arrivati all’espulsione di un esponente di primo piano, Vito Rosario Petrocelli, presidente della Commissione Esteri del Senato, il quale ha tenuto un atteggiamento molto critico verso la linea adottata dall’Italia: si è scatenato un putiferio istituzionale, finito con la sostituzione dello stesso, assegnando la poltrona non più ad un appartenente al gruppo pentastellato, ma ad una senatrice di Forza Italia, vale a dire Stefania Craxi.

Che in Italia e in Parlamento spiri un’aria contraria ad ogni e qualsiasi distinguo rispetto al pensiero unico dominante, relativamente alla guerra e non solo, è cosa nota e oggettivamente incontestabile. Non sono ammesse crisi di coscienza, opinioni difformi, prese di distanza: tutti allineati e coperti sotto l’ombrello della Nato e chi osa dissentire viene immediatamente bollato come amico del giaguaro-Putin, come farneticante e inconcludente pacifista, come disfattista.

È altrettanto vero che, mentre Enrico Letta si è strumentalmente appiattito sulla linea draghiana filoamericana fregandosene altamente di considerare che fra gli elettori PD esiste certamente una quantità rilevante di cittadini per lo meno scettici sul fuorviante americanismo d’accatto e orientato a mettere la pace oltre ogni ostacolo geopolitico, Giuseppe Conte ha intravisto nell’emergenza bellicista l’occasione per cavalcare la piazza, riprendere contatti con un elettorato in fuga, dare al partito di cui è presidente una linea spregiudicata volta a tenere compatto l’intero movimento.

La strumentalità politica rischia cioè di farla da padrona, finendo con lo svaccare la più seria materia del contendere. Anche chi ha brigato per una presidenza di centro-destra (meglio dire non grillina in tutto e per tutto) della commissione Esteri del Senato non ha fatto un’operazione istituzionale, ma ha tirato un colpo basso ai cinque stelle e ha lanciato un eloquente avvertimento a chi in Parlamento avesse l’intenzione di criticare il governo e la sua linea “filotutto e filoniente”. Della serie “chi tocca Draghi muore”, poi si vedrà…

Capisco quindi l’incazzatura alquanto tattica di Giuseppe Conte, rivolta alla maggioranza di governo, ma anche a consolidare la precaria leadership del suo movimento. Non mi scandalizzo: tutti sono più o meno in chiara difficoltà davanti ad un argomento così divisivo come la guerra e talora in evidente contraddizione col proprio passato.

Userò una similitudine assai poco manzoniana per fotografare la situazione politica. Siamo in presenza di due pesci: il pesce prima in barile e poi lesso, incarnato alla (quasi) perfezione da Enrico Letta, che tutto va ben madama la marchesa Usa; il pesce gatto,  un pesce d’acqua dolce che mangia tutti i residui lasciati dagli altri animali, un “pesce con i baffi” cui spesso sono associate storie ricche di esagerazioni, incarnato dai “furbetti del pirlamentino”, i vari Conte, Salvini, Renzi, che scalpitano alla ricerca di un’identità “geopolitica”, che tenga insieme le capre della nato, i cavoli della pace e gli interessi della bottega.

La situazione è squallidamente pirandelliana, rispecchia la pochezza valoriale della politica italiana (e non solo italiana), dimostra che su tutto anche sulla pace prevale l’opportunismo partitico, evidenzia un clamoroso deficit culturale della classe dirigente, sconta un assetto governativo prettamente tecnico e politicamente debole nonostante le peraltro discutibili performance internazionali del premier Draghi (la pace è un discorso che non ha niente di tecnico e tutto di etico-politico).

Anche l’ultimo agognato dibattito (?) parlamentare, introdotto da un’informativa più descrittiva che indicativa di un Draghi alla calcolata ricerca dell’applauso, tolto qualche apprezzabile e persino esagerato intervento critico fuori dagli schemi, ha visto i partiti leggere freddamente il proprio compitino geopolitico badando ad occultare ogni e qualsiasi diversità di vedute in nome di una artificiosa unità, che dovrebbe servire a dare dell’Italia un’immagine responsabile ed affidabile, ma in realtà consegna al mondo ciò che dice un noto proverbio: amicizia rinnovata e minestra riscaldata non valgono niente.