Un mio affidabile e credibile amico, impegnato professionalmente ad alto livello economico, mi raccontava di rapporti commerciali con la Russia che lo avevano portato a diretto contatto col sistema di quel Paese. Mi diceva: “Appena scendi dall’aereo e metti piede sul suolo russo ti accorgi di avere a che fare con un assetto socio-economico prettamente mafioso…”. Possibile che i governanti dell’Occidente democratico non se ne siano accorti? Siano arrivati a chiedere aiuto a Putin per affrontare e risolvere certi problemi?
Non ho conoscenza diretta dell’ambiente calabrese, me ne parlò mia sorella Lucia, dopo avervi fatto una breve ma significativa immersione in occasione della visita ad una famiglia di amici residenti nella zona calda a livello di ‘ndrangheta. Era rimasta impressionata dalla disinvoltura con cui sentiva parlare del fenomeno a loro fisicamente così vicino, dalla conoscenza precisa che dimostravano di avere su fatti e persone coinvolte, ma soprattutto dalla fatalistica e quasi ammirata contemplazione del “bene” (sic) che questi “personaggi” facevano alla gente. Probabilmente l’atteggiamento politico verso la mafia di Putin era simile, non penso per ingenuità, ma per opportunismo.
Vladimir Putin è in un certo senso il meglio fico del bigoncio sovietico, il peggiore dei comunisti riciclato in salsa nazifascista (su un cartello apparso in una manifestazione è stato soprannominato “Putler”), uno dei personaggi più squallidi che la storia ci abbia mai propinato. Ebbene in troppi si sono rivolti a lui per trattare affari, per stringere accordi, per spillare aiuti. Roba da matti! I governanti della nostra epoca non sanno che, se si fa tanto ad entrare in qualche rapporto con la mafia, si è finiti? E il regime di Putin non è mafia su mafia?
Non so e non voglio sapere se l’Italia abbia chiesto aiuto a Putin in occasione dell’emergenza covid e chi semmai si sia reso responsabile di una simile idiozia politica ed etica. Resta tuttavia la prevedibile ipotesi del ricatto che Putin riverserà sui suoi interlocutori di ieri. Speriamo siano solo forzature dialettiche di un dittatore solo e disperato, ma temo ci possa essere sotto qualche magagna piuttosto spiacevole.
Bene ha fatto il governo Draghi a replicare sdegnosamente alle basse insinuazioni putiniane. Immaginavo che saremmo arrivati al tentativo di sputtanare gli occidentali da parte di Putin. Va bene che la Russia abbia in mano materie prime fondamentali per il nostro sistema economico, va bene che detenga armi atomiche, va bene che in politica “mai dire mai”, va bene che la Russia abbia fatto da sponda più volte all’Occidente nei momenti di tensione internazionale, va bene che davanti al dilagante strapotere cinese potesse far gioco anche una strizzata d’occhio a Putin, ma gli errori non sono certo mancati e adesso siamo in gravissime difficoltà.
Agli strafalcioi del prima si stanno aggiungendo i mal di pancia del dopo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato in videocollegamento con deputati e senatori italiani, riuniti alla Camera. Non mi interessa fare la spasmodica e sputtanante ricerca di chi era assente, ma registro l’opinione critica del gruppo di Alternativa (in tutto sono 17 parlamentari, si tratta dei fuoriusciti dal M5s). Dicono che «essere solidali con l’Ucraina non significa dover assecondare una propaganda mirata ad alzare il tiro su richieste incessanti di interventi bellici come la no fly zone o l’invio di truppe che comporterebbero per l’Italia e l’Europa l’ingresso ufficiale in un conflitto mondiale». Arrivano spietatamente a definire le apparizioni parlamentari di Zelensky come «una forzatura, un’operazione di marketing». Tra i grillini esistono dei malumori, anche da parte del presidente M5s della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli che ha già votato contro la risoluzione sulla guerra in Ucraina ed è sempre stato in totale disaccordo con l’invio di armi a Kiev.
Poi arriviamo alla posizione della senatrice Bianca Laura Granato, ex grillina, attualmente aderente al gruppo misto: «Putin sta conducendo una battaglia per tutti noi. A Putin: uniamo le forze per sconfiggere insieme l’agenda globalista». Lei ha tenuto a precisare di non ritenersi affatto una filorussa: «Non sono coinvolta nella campagna di disinformazione russa ad alcun titolo, non sono in contatto con esponenti della Federazione russa, quindi non posso propagandare notizie carpite da fonti privilegiate: sono solo una parlamentare che esprime opinioni libere rispetto a fonti dirette ufficiali e di dominio pubblico». Però, sostiene: «Continuo a dire che è altrettanto necessario ascoltare il presidente russo Putin. Io sono contraria a questa guerra, come la maggioranza degli italiani. Il governo italiano e la stampa mainstream con queste prese di posizione, anziché favorire il processo diplomatico che potrebbe portare alla pace, alimentano l’escalation verso un sempre più probabile conflitto mondiale, cercando di farlo passare come ineluttabile».
In tutti questi dissidenti del senno di poi c’è comunque un pezzetto di verità. Non sono assolutamente d’accordo con chi vuole iscriverli sulla lavagna dei cattivi, vale a dire degli equidistanti o, ancor peggio, dei putiniani sommersi. La questione è molto complessa e delicata e non può essere affrontata con l’accetta. Nessuno purtroppo ha la verità in tasca e la ricetta in mano e tutti meritano rispetto ed attenzione. Poniamoci infatti alcune provocatorie domande. Santifichiamo a parole l’Ucraina e Zelensky ben sapendo di non poter scendere in campo al loro fianco? Facciamo finta di difendere la nostra democrazia dopo avere per anni difeso esclusivamente i nostri interessi? Facciamo i diplomatici seri dopo avere fatto i diplomatici ridicoli? Continuiamo a parlare bene per razzolare malissimo? Ai contemporanei l’ardua scelta, ai posteri l’ardua sentenza.