Gli amici di ieri contro i trattativisti di oggi

«Noi lavoriamo per la pace, ma da parte di Vladimir Putin c’è la volontà di continuare la guerra». Nelle ore in cui da Kiev arrivano voci di spiragli sui negoziati, Mario Draghi non ha difficoltà ad ammettere il suo pessimismo. 

In un certo senso mi è giunta la conferma di quanto è emerso da un mio colloquio telefonico con una persona ucraina, che vive e lavora in Italia. Durante un improvvisato ma intenso scambio di idee, la mia interlocutrice mi ha esposto una tremenda teoria secondo la quale Putin avrebbe la mentalità e la strategia di un monarca assoluto, che mette al primo posto la propria sopravvivenza, fregandosene altamente del popolo e del futuro della nazione. Secondo questa realistica ricostruzione, sarebbe gravemente ammalato e punterebbe a sistemare la politica russa come se fosse un esclusivo affare di famiglia da definire prima di morire. A nulla varrebbero le proteste culturalmente elitarie ed economicamente oligarchiche: la gente vive in un paralizzante stato di miseria, che la rende incapace di qualsiasi contestazione e la mette in condizione solo di subire. A nulla porterebbe il rischio di isolamento economico e l’essere costretto a rinchiudersi nei confini nazionali senza poter mettere piede fuori dal territorio russo. In un mondo globalizzato Putin riesce comunque a controllare tutto e tutti, a chiudere i canali dell’informazione, a reprimere i focolai di protesta, a sfamare (?) la gente a cui non dà il pane della libertà ma le brioche del populismo e del nazionalismo.

Ho tentato timidamente di porre due obiezioni a questo disarmante quadro: l’impossibilità di isolarsi da tutto il mondo ormai irreversibilmente globalizzato; l’inesorabile insorgere della contestazione interna seppure limitata all’attuale borghesia russa, vale a dire uno strano e striminzito ceto medio, fatto di una ristretta cerchia di epuloni mafiosi e di un crescente esercito di pochi ma buoni spiriti liberi. A queste osservazioni mi è stato risposto: occorrerà tempo e per l’intanto Putin continuerà a battere la sua macabra solfa, a lui basta difendere il potere personale fino alla morte, poi si vedrà…

Orma in molti, Draghi in primis, sostengono, seppure in modo più elegante e politicamente corretto, che Putin risponda solo a se stesso ed alla propria inscalfibile logica di guerra. Il pessimismo sta colpendo tutti e non si vedono vie d’uscita che non siano una sostanziale resa alle assurde ma irrinunciabili pretese di questo personaggio, avvinghiato al “potere per il potere”.

Possibile che nessuno se ne sia accorto per tempo, che in molti abbiano dato credito alla sua leadership e lo abbiano considerato un interlocutore se non proprio affidabile almeno obbligato? Forse tutti hanno fatto finta di non accorgersene, hanno negato l’evidenza, ingolositi dalle materie prime russe e dagli affari che si potevano comunque costruire. Se mi è consentita una sintesi piuttosto volgare della questione, azzardo l’immagine di una puttana (con tutto il rispetto per la categoria) a cui si rivolgono perbenisticamente tanti puttanieri, salvo poi accorgersi che era affetta da una malattia inguaribile e contagiosa.

Se è successo così per ignoranza e/o per convenienza, gli spazi per un’attuale iniziativa diplomatica sono assai ristretti se non addirittura inesistenti. Le grida di dolore e le richieste di aiuto provenienti dall’Ucraina e dal suo Presidente non possono che rimanere inascoltate da chi non sa, non ha visto, se c’era dormiva e si sta svegliando da un brutto colpevole sogno.

Non rimane che sperare e favorire una rapida implosione del regime putiniano, anche se ogni giorno si susseguono morti, feriti, lutti e distruzioni. Questa visione pessimistica al limite del catastrofico non deve esimere i responsabili degli Stati occidentali dal tentarle tutte per raggiungere una qualche composizione del conflitto in atto. Non con la presuntuosa demagogia di chi vuole rifarsi una verginità nei principi, ma con l’umile sforzo di salvare il salvabile nella realtà. So benissimo che chi adotta questo ragionamento viene tacciato di equidistanza e di subdola amicizia putiniana: è curioso che gli amici di ieri colpevolizzino i pacifisti di oggi, caricandoli di responsabilità che non hanno e di arrendevolezza che non intendono mettere in campo. Uno straccio di pace lo si può perseguire solo senza fomentare la guerra tra Caino e Abele, senza vomitare stucchevoli insulti a Caino, senza aiutare Abele a farsi come Caino, senza pensare che per cessare il fuoco serva appiccarlo intorno al piromane, senza contrapporre in modo manicheo alla oltranzistica difesa la opportunistica resa. Non c’è tempo da perdere e soprattutto non è il caso di criminalizzare chi ha il coraggio di “gridare pace”, considerandolo un vigliacco. Non sopporto chi dopo aver creato i presupposti per una guerra, vuol farmi credere che non si possa fare marcia indietro.