Il contro mes…sale grillo-leghista

Il Meccanismo Europeo di Stabilità (noto anche come MES) è un’organizzazione intergovernativa dei Paesi che condividono l’euro come moneta, e ha il compito di aiutare i Paesi che si trovano in difficoltà economica. È una componente molto importante dell’unione monetaria: serve a mettere in comune il denaro di tutti e a utilizzarlo nel caso in cui uno stato membro si trovi in difficoltà, visto che – condividendo la stessa moneta – le difficoltà di un paese possono avere conseguenze anche sugli altri. L’assistenza è però sottoposta a strette condizioni, trattandosi di uno strumento a disposizione dell’Unione economica e monetaria affinché gli Stati si facciano garanti, cioè adottino le misure necessarie per la stabilità economica, avendo come punto fermo il principio della responsabilità delle finanze pubbliche.

Il discorso meriterebbe di essere studiato e approfondito. Io non l’ho fatto e non intendo farlo, ma ho l’impressione che nella mia situazione di ignoranza (quasi) totale ci siano molti di coloro che discutono a vanvera sparando posizioni pregiudizialmente contrarie a questo strumento.

Innanzitutto è inutile scandalizzarsi del fatto che per poter attingere ai fondi del Mes sia necessario osservare determinate condizioni che garantiscano la serietà dell’utilizzo e la ragionevole certezza della restituzione. Chiunque concede un prestito, anche nell’ambito della propria cerchia famigliare, vuole capire a cosa servono i soldi che sborsa e intravedere la possibilità che vengano restituiti.

È altrettanto inevitabile che attingere a questi fondi tolga un po’ di autonomia finanziaria: non si può pretendere di ottenere prestiti senza dovere rendere conto o essere controllati al riguardo. Anche il più generoso dei finanziatori vuole almeno vedere dove vanno a finire i soldi ed avere serie garanzie del loro buon utilizzo, vale a dire che contribuiscano al risanamento delle finanze precarie del debitore.

Certo l’importante è che il rapporto non diventi una sorta di strozzinaggio controproducente per tutti. Della diatriba sui conti pubblici degli Stati membri in difficoltà e del conseguente continuo tormentone nei rapporti con l’Unione Europea voglio cogliere l’essenza, ponendomi un quesito: ha ragione la Ue a pretendere grande senso di responsabilità sul debito e sul deficit da parte degli Stati che chiedono aiuto richiamandoli rigorosamente agli impegni assunti o hanno ragione l’Italia e gli altri partner europei in bilico a chiedere maggiore flessibilità al fine di far fronte alle emergenze e crescere e così migliorare i propri conti.

Per rispondere a questa domanda vado a prestito da un episodio accadutomi durante la mia lunga esperienza professionale. Era stato fatto un pignoramento a carico di un artigiano-collaboratore di una cooperativa: era pieno di debiti e faticava a pagarli al punto che un creditore partì in quarta intendendo sequestrargli il compenso che percepiva. La cooperativa da me assistita si recò all’udienza davanti al pretore per sapere come si sarebbe dovuta comportare, esprimendo nell’occasione seria preoccupazione per il rapporto che rischiava di essere compromesso. Il giudice, dopo avere attentamente ascoltato le parti, si rivolse al legale che difendeva gli interessi dei creditori insoddisfatti e disse loro con molta franchezza: «Se questo artigiano, sequestrandogli tutto il compenso, non lo fate mangiare e non gli consentite di continuare la sua attività, sarà ben difficile che possa pagare i debiti. Quindi riformulatemi le vostre richieste nei limiti di una ragionevole parte degli emolumenti».

Occorre trovare un equilibrio senza sfiduciare pregiudizialmente il potenziale finanziatore, ma anche senza affidarsi ciecamente al suo buon cuore. Nel caso in questione poi il finanziatore non è un estraneo, ma un parente prossimo. Dobbiamo smetterla di considerare l’Unione Europea come una mera controparte con cui bisticciare a prescindere. Soprattutto dobbiamo smettere di ideologizzare i rapporti con la Ue riducendoli allo scontro fra i buoni/poveri e i cattivi/ricchi oppure pensando alla Ue come ad un coacervo di burocrati affamatori dei popoli. Non è un caso se i due populismi nostrani, quello grillino e quello leghista si trovino concordi nell’osteggiare pregiudizialmente il discorso Mes: il miglior metodo demagogico per distogliere l’attenzione dai problemi interni è sempre stato quello di aizzare il popolo contro fantomatici nemici esterni. L’Italia ha bisogno della Ue, pur riconoscendone i limiti politici, istituzionali e culturali: occorre l’umiltà di sedersi ai tavoli europei con senso di responsabilità e spirito costruttivo.

Non invidio i governanti italiani delegati a trattare con i partner europei, che si chiederanno: ma cosa pretendono questi signori? Non pagano le tasse, rubano persino il bastone a san Rocco, hanno una burocrazia che li paralizza, soffrono l’invadenza e la prepotenza delle mafie e poi vengono a battere cassa? Non hanno tutti i torti, anche se vale pure per loro il discorso di “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. In Europa ci siamo e ci dobbiamo restare. Non facciamo gli schizzinosi, non è il caso. Non pensiamo di cavarcela da soli, non ne siamo capaci. Discutiamo, trattiamo e partecipiamo con dignità e serietà.