Una società fuori tema, un Paese che non esiste più

Mio padre a volte, per segnare marcatamente il distacco con cui seguiva i programmi TV, si alzava di soppiatto dalla poltrona e, quatto – quatto, se ne andava. Mia madre allora gli chiedeva: “Vät a lét?”. E lui con aria assonnata rispondeva quasi polemicamente: “No vagh a lét”. Era un modo per ricordare la gustosa chiacchierata tra i due sordi. Uno dice appunto all’altro: “Vät a lét?”; l’altro risponde: “ No vagh a lét” E l’altro ribatte: “Ah, a m’ cardäva ch’a t’andiss a lét”.

Il leader della Confindustria, Carlo Bonomi, e quello della Cgil, Maurizio Landini, si sono confrontati direttamente alla rassegna “Futura” del sindacato di Corso Italia. Peggio di un dialogo fra sordi, un dibattito campato in aria, fuori dalla realtà. Qualcuno dirà che sono diventato qualunquista o populista. Nossignori, qui ormai è vietato scherzare e io sono stanco di fare finta che…

“In un rapporto di interlocuzione anche duro è necessario mettersi intorno a un tavolo, serve un Patto per l’Italia”, la prima uscita di Bonomi. “E al di là delle differenze, sediamoci e troviamo soluzioni per il Paese che influiranno molto sulla traiettoria economica dei prossimi 30 anni. Auspico un rapporto organico: è il momento della responsabilità e la nostra capacità di dialogo deve trovare la mediazione”, aggiunge il leader degli imprenditori.

Risponde Landini: “Siamo convinti che questo cambiamento o si fa insieme o non si fa. Ma io più che patti vedo contratti, il rinnovo dei contratti”. E dettaglia: “Credo sia il momento di investire sul lavoro, è il lavoro delle persone che sconfiggerà il virus, il rinnovo dei contratti. In questa fase abbiamo un’occasione irripetibile, c’è la possibilità di far ripartire gli investimenti pubblici. E noi vogliamo essere dei soggetti che vogliono essere coinvolti nella fase di progettazione di questi investimenti. Non si può andare avanti senza un confronto con i corpi intermedi – aggiunge Landini – e lo abbiamo dimostrato, non possiamo tornare a prima dell’emergenza, noi dobbiamo cambiare”.

Ma dove vivono questi signori affetti da sordità e cecità totali? Non hanno capito che sta crollando il mondo? Ma quali patti, quali contratti? Non si rendono conto che, ben che vada, si imporrà una gigantesca conversione industriale e il lavoro esisterà solo in tre settori: quello ecologico-ambientale, quello sanitario e quello educativo. I valori di ripartenza saranno appunto la natura, la vita e la cultura. Questa è la morale della favola. Mettiamocelo bene tutti in testa. Non c’è vaccino che tenga! Quali contratti può firmare un’industria senza futuro e quali patti si possono stipulare fra governo e forze intermedie, tutti incollati a schemi e categorie di un passato senza possibilità alcuna di ritorno? Tutta gente che sta timbrando il cartellino di un Paese che non esiste più. La rassegna che ha ospitato il dibattito di cui sopra si chiama paradossalmente “Futura”, mentre tutti cercano di difendere gli indifendibili assetti del passato.

Sono alle viste catastrofici epiloghi pandemici e/o sconvolgenti ripartenze. Non c’è nulla da recuperare e ristrutturare, bisogna ricostruire daccapo, rifondare la nostra convivenza e ricominciare da zero. Mi fanno sinceramente pena quelli che si rammaricano di non potere trascorre i fine-settimana nelle casette al mare, in montagna o al lago. Sì, siamo tutti in una barca che naviga su un immenso mare di merda; siamo tutti ai piedi di montagne impossibili da scalare; siamo tutti in un lago di lacrime.

Torno a bomba. Confindustria e sindacati vogliono triangolare col governo. Quale governo? Quello dei banchi con le rotelle? Quello delle flebo ai moribondi? Quello che vuole combattere una pandemia senza ospedali e senza rianimazioni? Quello che spende i soldi che non ha, senza essere peraltro nemmeno capace di spenderli? Quello che fa un decreto al giorno perché leva la pandemia di torno? Quello ventilato da un’opposizione inguardabile, inascoltabile, rifiutabile a scatola chiusa?

Mi sovviene la canzone “Triangolo” di Renato Zero.

 

Lui chi è?
Come mai l’hai portato con te?
Il suo ruolo mi spieghi qual è?
Io volevo incontrarti da sola
Se mai
Mentre lui
Lui chi è?
Lui chi è?
Lui chi è?
Già è difficile farlo con te
Mollalo
Lui chi è?
Lui cos’è?
Lui com’è?

L’espressione “gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare” del grande Gino Bartali, che così declamava quando parlava dei problemi del ciclismo su strada, è ormai entrata in uso comune, ma ora è diventata un articolo da aggiungere alla nostra meravigliosa Costituzione. Abbiamo svolto, in barba agli insegnamenti dei Costituenti, un tema con tante belle parole e tante belle espressioni. Lo abbiamo consegnato convinti di aver fatto quasi un capolavoro. Il docente neo-assunto, che si chiama Covid, ce l’ha restituito con questo lapidario giudizio: “Tutto molto bene, ma siete fuori tema”.

Non c’è giorno della mia vita in cui non emerga, con più o meno forte risonanza, un insegnamento lasciatomi in preziosa eredità da mio padre. Chi mi conosce e mi frequenta me ne può dare atto perché spesso il ricordo rimbalza sugli altri, direttamente o indirettamente, straripa a livello d’ambiente, ricade sui miei interlocutori che, loro malgrado, si trovano a fare i conti con la filosofia spicciola di un uomo d’altri tempi. Quasi sempre il messaggio mantiene intatta la sua attualità, la sua abbondante dose di ironica, per non dire graffiante, provocazione, in una gustosa miscela di anticonformismo, radicalismo, anarchia, trasgressione etc: il tutto insaporito da una spruzzata di autentica parmigianità, molto soft, poco ostentata, ma sottilmente e gradevolmente percettibile. In questa fase storica intingo la penna in questo calamaio, non ho altra scelta e lo faccio volentieri. Carta, penna e calamaio per ricominciare a scrivere. Per tentare di continuare a vivere in un’altra società.