I ladri di Pisa e di…Covid

Nei giorni scorsi dialogando con un amico avevo preso in seria considerazione l’atteggiamento costruttivo di Silvio Berlusconi nei rapporti col governo in materia pandemica, improntato a svelenire il clima di contrapposizione fra maggiorana e opposizione offrendo la disponibilità a valutare le misure varate dal governo ed elaborando concrete proposte aggiuntive e/o emendativeAl termine del breve colloquio mi sono permesso di sollevare un malizioso dubbio: tutto molto bene a meno che Berlusconi non abbia più o meno inconfessabili secondi fini non certo di carattere politicamente strategico, ma di valenza brutalmente bottegaia. Pensavo alle sue aziende che hanno sempre rappresentato il leitmotiv dell’impegno politico berlusconiano.

Passano pochi giorni e leggo al riguardo un titolo piuttosto inquietante su Formiche.net: “L’astensione della Lega (e il no in Commissione) al Senato sull’emendamento Pd per difendere Mediaset da Vivendi apre un crepaccio nel centrodestra. Un monito a Silvio Berlusconi e ai suoi flirt con il Conte bis. Salvini nega, ma alcuni fra i suoi sono sgomenti, “è incomprensibile”. Preso dalla curiosità ho letto il pezzo che di seguito riporto integralmente. Lo faccio per lasciare ad altri la responsabilità di inserire questioni così piccanti e insinuanti, aggiungendo benzina sul fuoco del dibattito politico già tanto teso e poco leale. Lo faccio però anche per esercitare un dovere di critica come cittadino senza voltarmi dall’altra parte di fronte a fatti quanto meno imbarazzanti, ammesso e non concesso che ne venga acclarata la fondatezza.

La Lega mette in mora Forza Italia? Lo stop dei leghisti in Commissione Affari costituzionali del Senato all’emendamento anti-scalate per difendere Mediaset dai francesi di Vivendi ha suonato un campanello d’allarme nel centrodestra. L’emendamento “per proteggere le aziende italiane televisive ed editoriali” era stato presentato dalla relatrice del decreto Covid, la dem Valeria Valente, per fermare l’avanzata del gruppo guidato da Vincent Bolloré, ad oggi proprietario di una quota del 9,98%, dopo aver affidato a una società indipendente senza diritto di voto la restante quota del 19% su richiesta dell’Agcom.

A settembre una sentenza della Corte di Giustizia Ue aveva ritenuto inappropriato l’intervento dell’Authority guidata da Giacomo Lasorella, di fatto dando un via libera a Vivendi per riprendere fra le mani l’intera quota Mediaset. Con lo scudo preparato dal governo, Agcom avrebbe invece la possibilità di congelare per sei mesi la scalata nel gruppo di Silvio Berlusconi richiedendo un’istruttoria.

Per questo lo stop leghista a Palazzo Madama ha suscitato rabbia e sgomento fra i forzisti, tanto più perché arriva a pochi giorni dalla relazione del Copasir (presieduto dal leghista Raffaele Volpi) che ha acceso i riflettori sulle mire francesi su Generali e Unicredit.

Prendendo la parola in aula, il segretario Matteo Salvini ha negato i retroscena di uno strappo nel centrodestra, annunciando l’astensione della Lega sull’emendamento dem (che è poi stato approvato). “Una grande riforma non si fa di notte con un emendamento al decreto Covid, si fa con trasparenza”, ha tuonato il “Capitano”.

Eppure in tanti l’hanno letta in modo diversa. A qualcuno lo stop di Salvini all’emendamento salva-Biscione è suonato come un monito a Berlusconi, reo di un flirt troppo prolungato con la maggioranza di governo sull’emergenza coronavirus che nelle ultime settimane ha preso le sembianze di un’intesa politica.

A tradire la frattura le violente reazioni dei senatori forzisti. “Credo che la Lega in Commissione non abbia compiutamente valutato la situazione”, ha mugugnato Maurizio Gasparri, padre dell’omonima legge sul riassetto delle telco in Italia. Ci va giù pesante Andrea Cangini, “evidentemente Salvini ha cambiato slogan: da ‘prima gli italiani’ a ‘prima i francesi’”. Gli fa eco Osvaldo Napoli, “Salvini non vuole alleati ma solo plauditori”.

Ma a sollevare il sospetto di una crisi domestica è soprattutto quella velina fatta circolare da fonti leghiste a metà pomeriggio, che prima specifica come la Lega sia sempre a favore delle aziende italiane e a difesa dell’italianità”, ma si premura di aggiungere che i vertici di via Bellerio non vogliono credere “ad alcune ricostruzioni (come quella di Dagospia) che parlano di inciucio tra la maggioranza e Forza Italia”. A riprova che il patto del Nazareno su Mediaset ha messo sull’attenti i leghisti, Salvini in aula ricalca: “Non credo a un inciucio Conte-Berlusconi, su questo emendamento”.

L’emendamento è passato, lo strappo leghista si vedrà. Intanto anche dentro al Carroccio c’è chi rimane sgomento. “Incomprensibile, ne stavamo parlando oggi”, confida a Formiche.net un fedelissimo di Salvini. Ma un collega prova a spiegare: “Il primo voto è stato un errore-messaggio. Tattica, insomma. Poi è stato corretto con l’astensione”.

Cosa aggiungere a commento? Se il Covid fosse diventato occasione per scambi di favori a livello parlamentare, sarebbe cosa gravissima e squalificante per una politica che non riesce mai a distanziarsi da operazioni opache e affaristiche: un autentico insulto alla sofferenza del popolo italiano. Dietro la pandemia ci sarebbe chi coglie occasioni per fare i cazzi propri in modo più o meno elegante.

Non trovo motivo di soddisfazione nel cogliere difficoltà tattiche nel centro-destra: ammesso e non concesso che esistano queste divergenze, piove sul bagnato della incapacità dell’opposizione a fare seriamente il suo mestiere in una fase storica che richiederebbe il massimo dell’impegno. Da una parte ci sarebbe Salvini che sputa veleno sul governo comportandosi come lo spretato nei confronti del vescovo Conte che lo ha colto con le mani nella marmellata; dall’altra Berlusconi, che tirerebbe la giacca al governo per ottenere favori in difesa delle proprie aziende. Non c’è che dire: un vomitevole mix politico da segnare sul calendario e da ricordare alle prossime tornate elettorali. Non so se sia più grave puntare, sulla pelle degli italiani martoriata dal Covid, a raggranellare consensi strumentalizzando tutto in chiave antigovernativa alla faccia del buonsenso, della coerenza e della serietà, oppure cercare di incassare qualche favore per Mediaset barattando appoggi con un piatto più o meno succulento di lenticchie alla mensa del popolo italiano. Una scelta schifosamente paradossale, a cui accenno, ma che mi rifiuto di prendere in ulteriore considerazione. Qualcuno penserà sicuramente alla differenza tattica dei “ladri di Pisa”: fanno finta di litigare di giorno in Parlamento poi, di notte, alle elezioni, rubano assieme i voti.

L’ipotesi dell’armata brancaleone destrorsa potrebbe avere anche una piccola variante. Non vorrei infatti che fosse, solo o almeno soprattutto, una grossa e subdola montatura di Matteo Salvini per uscire dall’angolo in cui si è ficcato: Trump solleva pretestuosamente la questione dei brogli elettorali, il suo referente italiano, peraltro e oltre tutto a corto di lucidità,  lascia intendere la questione  di un broglio affaristico, tirando il sasso nella piccionaia del pur storico e incancellabile conflitto di interessi berlusconiano nascondendo la mano dietro un improbabile azione moralizzatrice targata Lega. Sono anni in effetti che Salvini getta manciate di cacca addosso a tutti. Gli elettori non sono riusciti finora a sentirne la puzza. Tutto è politica, purtroppo anche la spazzatura politica.