Biden e la forza dei nervi distesi

È molto difficile che nelle vicende umane emerga come vincitore un soggetto mite in un mondo che premia l’arroganza e l’aggressività. Ebbene nel confronto tra Donald Trump e Joe Biden, non tanto nelle urne, ma negli atteggiamenti dei giorni della campagna elettorale e in quelli immediatamente successivi alle votazioni ha prevalso in modo netto la pacatezza sull’intolleranza, la calma sulla spietatezza. Nei giorni scorsi riflettevo e temevo che Davide non avesse fionda e pietre da lanciare contro Golia, invece mi sono sbagliato. La bisaccia è quella storica dei democratici e dei loro valori, ma la faccia ce l’ha messa Biden ed è un viso accattivante per la sua semplicità.

Ho ascoltato il discorso del nuovo presidente americano: breve, semplice e molto coinvolgente, almeno per chi crede nel volto umano della politica, un discorso che merita di essere valutato ed accolto con un senso di liberazione e un po’ di ottimismo. Dico la verità: mi è piaciuto molto, mi sono persino commosso, ho pregato per lui perché possa aiutare l’America e tutto il mondo. Prendo in parola quanto detto da Lucia Annunziata: lasciateci sognare ed essere ottimisti almeno per alcuni minuti. Faccio riferimento inoltre a quanto affermato da Massimo D’Alema: negli Usa c’è un ritorno ai valori, la vita, la salute, la solidarietà, l’unità, la democrazia.

Nessun tono trionfalistico, ma una seria constatazione delle profonde divisioni esistenti nel popolo statunitense e la necessità quindi di lanciare messaggi distensivi e idee unificanti. Non sarà facile per Biden superare il clima conflittuale che si è instaurato: esistono due modi di intendere la politica, la tensione egoistica verso soluzioni sbrigative e divisive contro l’apertura dialogica e paziente verso programmi solidali. Queste due impostazioni attraversano un po’ tutte le classi sociali, donne e uomini, tutti i territori, tutte le etnie e le religioni seppure con un peso diversificato.

In politica si è soliti affermare che prima di tutto vengono i programmi e poi le persone che li portano avanti. Bisogna probabilmente cambiare questo approccio alla realtà: prima c’è il metodo, poi i valori di riferimento, poi le persone e poi i programmi. Biden sta interpretando questa nuova scaletta e speriamo riesca ad osservarla nonostante le inevitabili difficoltà che gli si presenteranno.

Nel dibattito post-elettorale molti cercano di individuare da subito le novità che si verificheranno in conseguenza del cambio alla Casa Bianca. Cosa succederà all’interno degli Usa, nei rapporti con l’Europa, nei rapporti con Cina e Russia? A me interessa che cambi il clima e che alla contrapposizione aprioristica si sostituisca un dialogo costruttivo da cui far scaturire nuovi equilibri e nuove intese nel rispetto dei valori fondamentali della democrazia. Voglio sperare che muti il metodo con cui affrontare i problemi e cercare le soluzioni. “America first” era lo slogan di Donald Trump. “Democracy first” mi pare sia quello di Joe Biden.

So già che i  critici di Biden pretenderanno la soluzione immediata delle questioni sul tappeto. In questo ha già risposto: per la pandemia metterà al lavoro un gruppo autorevole di esperti che dal gennaio prossimo, data in cui entrerà nel pieno dei poteri, gli consenta di varare un piano ben diverso dal negazionismo o riduzionismo del suo predecessore.

In campo economico in questi ultimi anni ha trionfato il “Lasciate fare”, massima assunta a simbolo del liberismo economico, adottata da Trump in tono radicale e provocatorio, un principio favorevole al non intervento dello Stato nel sistema economico; secondo questa teoria, l’azione egoistica del singolo cittadino, nella ricerca del proprio benessere, sarebbe infatti sufficiente a garantire la prosperità economica dell’intera società, secondo la metafora della mano invisibile creata da Adam Smith. Anche per effetto della crisi susseguente alla pandemia sarà invece necessario ripensare i processi economici prevedendo anche interventi pubblici che favoriscano opportunità di lavoro e difesa dei soggetti più deboli.

In conclusione spero sia veramente arrivato uno squarcio di luce nelle tenebre che ci stanno opprimendo. Ci sarà tempo e modo di verificare, di criticare, di arrivare anche a delusioni di percorso, ma qualcosa è cambiato e non di poco conto.