Le trumpiane mutande dell’immunità

Mi sento di affacciare una maliziosa ipotesi: se dietro la vergognosa e imbarazzante testardaggine istituzionale di Donald Trump davanti alla incontrovertibile vittoria di Joe Biden ci fosse la prosaica volontà di ottenere l’impunità per i reati di cui è accusato e, forse ancor più, di ottenere il ristoro dai debiti delle sue aziende!?

A pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane Bloomberg ha pubblicato un articolo sui pericoli che Donald Trump avrebbe corso se non fosse stato rieletto. Il presidente americano uscente ha una serie di processi e di accuse che sono stati “congelati” grazie alla sua posizione politica. Una volta tornato ad essere un normale cittadino, però, la macchina della giustizia si rimetterebbe in moto, a quel punto senza un’indennità presidenziale Donald Trump potrebbe anche finire dietro le sbarre dal momento che le accuse sono tante: dalla frode fino all’ostruzione della giustizia.

Il New York Times, che ha denunciato l’evasione fiscale di Trump, prevedeva: Trump farà di tutto per vincere e anche se perdesse si rifiuterà di accettare i risultati dello spoglio delle urne e chiederà di ricontarle; c’è anche chi pensa che sia disposto ad incitare la destra militarista americana a mobilitarsi, a scendere in piazza in assetto da guerra per fare giustizia della frode elettorale dei democratici. Siccome credo, nonostante tutto, che Trump non sia un pazzo scatenato, provo ad immaginare che, dietro questo gran polverone, egli stia puntando a difendere i suoi interessi, che potrebbero appunto chiamarsi impunità e ristoro dai debiti. Potrebbe tentare di alzare la posta del gioco per ottenere un colpo di spugna sulle sue numerose e gravi vicende giudiziarie. Per toglierselo dai piedi credo che Joe Biden non esiterebbe a pagare questo pur bruttissimo prezzo nel modo più coperto e indolore possibile. Molto potrebbe dipendere anche dalle maggioranze alla Camera ed al Senato: in caso di prevalenza repubblicana il rapporto istituzionale tra il nuovo presidente Biden e il condizionante potere legislativo potrebbe rientrare nella trattativa, ammesso e non concesso che al partito repubblicano interessi un’ancora di salvataggio per Trump (se lo toglierebbero dai piedi anche loro, cercando di voltare pagina dopo un quadriennio a dir poco pazzesco durante il quale il partito si è appiattito dietro le malefatte trumpiane).

Un avvocato americano di casa nei corridoi del potere e che vuole rimanere anonimo sostiene che Trump ha un piano ben diverso, una variante all’ipotesi introdotta dal sottoscritto. Se dovesse perdere (e ormai è cosa fatta), nel periodo che va da novembre fino al 21 dicembre si dimetterebbe (magari in segno di protesta aggiungo io). A quel punto Mike Pence, il suo vice, diventerebbe presidente e gli concederebbe il celeberrimo pardon, il perdono, presidenziale. È quello che fece Richard Nixon che non venne mai condannato nel processo di impeachment. Si dimise e il suo vice, Gerald Ford, lo perdonò. A quanto pare il pardon presidenziale impedisce qualsiasi causa futura, ciò significa che Trump lascerebbe la Casa Bianca mondato da tutte le accuse, proprio come fu per Nixon.

In buona sostanza il vero obiettivo di Trump sarebbe quello di cavarsi le castagne dal fuoco direttamente o indirettamente. Inoltre nel 2021 matureranno circa 100 milioni di prestiti immobiliari contratti dalle sue società, al momento gestite dal figlio, soldi che Trump non ha. Banche e finanziarie sono reticenti a rinegoziare prestiti con familiari del presidente a causa dei controlli serrati da parte dell’amministrazione pubblica, la Riserva Federale e soprattutto l’ufficio delle tasse. Diversa sarebbe la situazione se Trump non fosse più in carica. Se questa analisi fosse corretta allora Trump darebbe prova di essere una vecchia volpe e di aver capitalizzato al massimo la vittoria elettorale del 2016, essendosi sbarazzato di tutti i problemi che aveva con la legge quando è stato eletto. Tutto sommato quindi non gli dispiacerebbe più di tanto abbandonare la Casa Bianca pur di ottenere, magari con le pesanti raccomandazioni del nuovo presidente, una esiziale boccata d’ossigeno finanziaria.

In conclusione, se fosse così, povera America, che ha vissuto nelle mani di un pazzesco tycoon, il quale pretende una altrettanto pazzesca buonuscita e che vedrebbe il nuovo presidente, costretto per il quieto vivere e per l’unità nazionale, a concedergliela in qualche modo.  Ci sarebbe da farsi venire i brividi e da archiviare immediatamente l’impulso gioioso per la vittoria di Byden. Staremo a vedere e comunque resta pragmaticamente l’opportunità di brindare all’uscita di scena, speriamo definitiva, di uno squallido e potente personaggio. Il resto si vedrà: verificheremo col tempo se la politica americana riprenderà un minimo di confidenza coi valori democratici e un certo impegno nei rapporti costruttivi con il resto del mondo (in primis Ue e quindi anche Italia).