Vangelo lungo e pedalare

È troppo provocatoriamente interessante l’analisi di Marco Marzano su  ilfattoquotidiano.it ripresa da MicroMega per non essere presa in considerazione: riguarda le vicende della Curia Vaticana e il titolo, “Becciu è il malfattore e il Papa l’innocente tradito? La realtà è un po’ diversa”, è tutto un programma. Mi sembra opportuno citarne di seguito integralmente alcuni passaggi.

“Becciu è diventato ormai il sinonimo di Giuda, capace, per qualche denaro, di vendere l’immacolato e purissimo successore argentino di Pietro. Giorno dopo giorno cadono con lui nella polvere altre figure, ma la loro disgrazia non fa che esaltare, nelle cronache, il candore della veste papale, l’innocenza tradita del Santo Padre. Più costoro sono meschini più lui appare diverso da tutti, unico e puro.

È lo schema usato in altre circostanze storiche per descrivere il rapporto tra i sovrani e la loro corte, tra i dittatori e il loro seguito. “Il re e è puro e ama il suo popolo – questo è l’adagio – ma i perfidi cortigiani tramano alle sue spalle e approfittano della sua immensa bontà per compiere il male”. Oppure “il duce è onesto, sono i suoi collaboratori ad essere corrotti”. È questo anche lo schema adoperato all’inizio di Tangentopoli da quei leader politici che cercavano disperatamente di scaricare tutte le responsabilità degli affari illeciti dei loro partiti sui “mariuoli”, sui segretari amministrativi, su chi gestiva i cordoni della borsa.

In questo scenario, la curia romana viene descritta come una sorta di associazione di liberi professionisti indipendenti, in cui ciascuno fa un po’ quel che gli pare mentre il capo pensa solo a pregare e a celebrare messa. Quando si concludono affari di centinaia di milioni di euro quest’ultimo non viene nemmeno consultato.

Ho il sospetto che la realtà sia un po’ diversa. La Chiesa Cattolica è la più centralizzata e gerarchica delle istituzioni esistenti. Il monarca che la guida è dotato di poteri immensi e assoluti e la curia è il principale apparato organizzativo al suo diretto servizio.
Se così stanno le cose, i casi sono due: o Bergoglio si trova nella stessa posizione che fu di Ratzinger e ha perso completamente il controllo della situazione e allora siamo di fronte ad un vuoto di potere che immaginiamo sarà colmato al più presto (casomai grazie a un gesto di responsabilità, un autopensionamento del monarca) oppure il papa regna e governa a tutti gli effetti e allora qualche responsabilità l’avrà anche lui nelle vicende di cui sopra”.

Su un piano squisitamente politico l’analisi di Marzano non fa una grinza, senonché la Chiesa non è un’istituzione assimilabile tout court ad uno Stato più o meno anti-democratico. Se così fosse non solo avrebbe ragione, ma cadrebbe tutto il discorso o quanto meno si ridurrebbe ad una questione come tante, interna ai meccanismi di funzionamento di un sistema o di un regime. Rimane indubbiamente aperto, diciamo socchiuso, il discorso del potere temporale della Chiesa configurabile nel Vaticano, ma mi sembrerebbe una diatriba piuttosto anacronistica e di scarsa rilevanza. Non ci sarebbe da scandalizzarsi più di tanto e il gran baccano suscitato dai contrasti curiali rientrerebbe, bene o male, nelle normali vicende politiche di una pubblica istituzione.

Mia sorella, quando era impegnata in campo politico, non sopportava le reprimende clericali e reagiva schiettamente rimandando le critiche al mittente: “Prima di guardare la pagliuzza (?) nell’occhio laico della politica, togliessero la trave nell’occhio delle gerarchie cattoliche…”. Aveva perfettamente ragione, ma la partita non si gioca solo su questo terreno, c’è un altro livello in cui si colloca e si complica. “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi …”. Se crediamo in questa “diversa” natura della Chiesa, dobbiamo rifarci alla prima comunità intorno a Gesù: c’era un po’ di tutto. C’erano gli arrivisti («di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno»), c’erano i complottisti (pensavano ad un messia politico che liberasse Israele dal giogo romano), c’erano i traditori (per delusione, per interesse, per paura, per vigliaccheria). Non per questo ci sogniamo di sputtanare Gesù, accusandolo di essere una scimmietta “non vedo, non sento, non parlo” e ancor meno “un re che sopporta i cortigiani corrotti che gli fanno gioco”. Vedeva i difetti dei suoi seguaci, che fra l’altro aveva scelto lui, li bacchettava continuamente, ma non ha azzerato il gruppo né espulso alcuno, al massimo chiedeva loro: «Ve ne volete andare anche voi?».

Senza esagerare, sono d’accordo con chi individua il tratto fondamentale del pontificato di papa Francesco nella assoluta e totalizzante centralità evangelica e quindi in una “pazzesca” sfida a tutti, tentando di “copiare” Gesù. Allora le eventuali contraddizioni del papa attuale non sono tanto a valle, nelle stanze vaticane, ma a monte nella “preferenza per i pubblicani e le prostitute”, vale a dire nel rifiuto categorico del dogmatismo, del clericalismo e del maschilismo. I suoi gesti vanno in questa direzione e non ci dobbiamo stupire se rischiano di rimanere lettera morta a livello istituzionale e strutturale. I limiti di papa Francesco riguardano le titubanze nell’affondare i colpi nel merito delle questioni riconducibili al dogmatismo, nel non riuscire a buttare all’aria il conservatorismo teologico. Papa Ratzinger è rimasto sostanzialmente vittima della sua smania identitaria giocata sul piano teologico (era stato fatto papa per ridare alla Chiesa una forte identità teorica), papa Bergoglio rischia di soccombere rispetto alla sua intenzione di capovolgere la Chiesa in nome del Vangelo e secondo l’esempio di Gesù. Ha alzato l’asticella al massimo per se stesso e per tutti i cristiani: ecco perché sta montando intorno a lui una notevole resistenza, il cristianesimo di comodo è finito.

Termino queste strampalate riflessioni con una similitudine. La pulizia della e nella Chiesa non la si fa tanto e solo utilizzando strumenti efficaci (solo una volta Gesù ha usato il bastone, contro i mercanti nel tempio) e buttando all’aria le scrivanie dei curiali (come mi piacerebbe vedere una scena del genere…), ma riportando il cristianesimo da religione a fede, dalle regole alla carità di vita in tutto e per tutto (Gesù dava più fastidio quando si sedeva a tavola con i pubblicani, quando si faceva toccare dalle prostitute, quando parlava seriamente e dolcemente con le donne, quando mandava assolte le adultere, quando si avvicinava ai lebbrosi, quando rimetteva i peccati agli scomunicati dell’epoca, etc. etc.). Dove ci sta il più, ci sta anche il meno. Togliamo il potere alle curie non con un colpo di stato vaticano, ma con una rivoluzione dal basso: è il metodo che ci ha insegnato Gesù e che penso, pur con inevitabili debolezze, stia portando faticosamente avanti papa Francesco.