Al centro del ring e mai a bordo ring

Durante le animate ed approfondite discussioni con l’indimenticabile amico Walter Torelli, ex-partigiano e uomo di rara coerenza etica e politica, agli inizi degli anni novanta constatavamo che alla politica stava sfuggendo l’anima, se ne stavano andando i valori e rischiava di rimanerci solo la “bottega” ed al cittadino non restava che scegliere il “negozio” in cui acquistare il prodotto adatto alla propria “pancia”. Fummo facili profeti: da allora più che di bipartitismo (im)perfetto si può parlare di qualunquismo strisciante con le parole d’ordine del “tutti uguali, tutti ladri e tutti stupidi”. Attenzione però, chi dice così, chissà perché alle elezioni vota a destra: se infatti tutti coloro che confondono destra e sinistra fossero coerenti, l’astensionismo a livello elettorale dovrebbe raggiungere vette pazzesche, invece…

Nello schieramento politico italiano c’è sempre stata ed esiste tuttora una forte tendenza ad essere di centro, perpetuando l’equivoco che occupare uno spazio centrale significhi essere equidistanti da destra e sinistra. Per fortuna uno dei promotori di una nuova forza politica in area cattolica, vale a dire “Insieme”, ha chiarito che stare al centro non vuol dire essere centristi, non significa scegliere una concezione immorale che trasforma la politica in un mercato, in cui si cede il proprio progetto a chi offre di più.

Lo stesso discorso vale per il termine “moderato”, che non vuol dire rifiuto dei contenuti forti provenienti da destra e sinistra, ma adozione di uno stile che non parta dai pregiudizi e dalle ideologie, ma dai problemi concreti della società per affrontarli nel dialogo e nel confronto. Non vuol dire solo adottare un linguaggio politicamente corretto (anche di questo c’è bisogno), non vuol dire prescindere dai principi e dai valori (Dio ci scampi e liberi da simili derive culturali), ma mettersi in discussione per trovare soluzioni condivise.

La pandemia avrebbe dovuto favorire un clima di moderazione costruttiva nel dibattito e nell’azione della politica, invece purtroppo ha divaricato ancor più le posizioni aggiungendo alla vuota conflittualità politica il gravissimo scontro istituzionale fra centro e periferia, fra Stato e Regioni, fra governo e comuni. Questa pessima immagine toglie ancor più credibilità e autorevolezza alla politica e porta discredito sulle istituzioni democratiche: in questi giorni purtroppo siamo un po’ tutti scriteriatamente e paradossalmente tentati dalle sirene della semplificazione autoritaria. Mia madre quando voleva sferzare il sistema politico parlava di “scemocrazia”. Speriamo di non dover utilizzare il termine “pirlamento”, come ho sentito dire a margine di una lucida e spietata analisi politica formulata da una simpatica anziana signora.

Non ricordo chi fosse, ma un grande personaggio sosteneva che la democrazia si esercita non tanto con le elezioni, ma dopo le elezioni. Questa breve ed eloquente analisi dovrebbe essere messa sotto il naso dei politici, che hanno sempre la riserva mentale del ricorso alle elezioni, con il retro pensiero di incassare a livello di partito un risultato favorevole: il resto non conta niente, i problemi possono aspettare. Uguale e contrario l’atteggiamento ostruzionistico degli esponenti politici preoccupati solo di guadagnare tempo, perché temono di incassare una sonora sconfitta elettorale e quindi tendono ad allontanare il pericolo giochicchiando di sponda. In questo momento la politica, come sostiene acutamente Walter Veltroni, avrebbe bisogno di un bagno di competenza, non per occultare o bypassare principi e valori, ma per dare ad essi una concretizzazione coerente e plausibile. Sarebbe il caso di mettersi “degasperianamente” al centro per guardare a sinistra sulle ali dei valori coniugati con la competenza.

Stiamo aspettando l’esito delle elezioni statunitensi ed è forte la tentazione di attestarsi su un atteggiamento di equidistanza europea rispetto ai contendenti, perché, mai come in questo periodo, la politica americana risulta vacua e incomprensibile, ma allo stesso tempo affaristica, egoistica e chiusa.  Però, come sostiene Carlo Bastasin su La repubblica, ci sono in ballo gli equilibri globali, gli scambi economici, i temi dell’ambiente e dell’agenda digitale. Non si può quindi rimanere neutrali. Io personalmente sono neutrale…ma Donald Trump non mi piace, anzi mi fa letteralmente schifo (se l’ho già scritto, repetita iuvant).