Il covid sotto il tappeto

La situazione pandemica è gravissima. Sì, ma solo un pochettino. Da una parte siamo bombardati da notizie allarmanti e dati drammatici, dall’altra il governo se ne esce con una ridicola raffica di “provvedimentucoli” che fanno il solletico al coronavirus.

Tutti pontificano sulla difficoltà di contemperare le esigenze della sopravvivenza fisica con quelle della sopravvivenza economica: detto questo è detto tutto e niente. Le difficoltà vanno affrontate e non descritte per poi essere aggirate e/o rinviate.

Ci stanno portando in giro. Forse sarebbe meglio non fare niente, smetterla di ossessionare la gente e lasciare che si ammali ed eventualmente muoia senza funerali anticipati. Dobbiamo ammetterlo: abbiamo una classe politica inadeguata alla gravità della situazione. Non ce la fanno proprio. Stanno offrendo, a tutti i livelli, uno spettacolo indecente. Nessuno pretende miracoli, ma un po’ di decisionismo e soprattutto di impegno serio e continuativo. Mi si dirà che la deriva della politica governante è così in tutto il mondo: mal comune è mezza disperazione!

Non so se la ripresa della pandemia dipenda anche da comportamenti irresponsabili dei cittadini. Certamente esiste anche questo fattore col quale fare i conti, ma che dovrebbe essere almeno in parte prevenuto e ridimensionato da seri interventi a monte di governo e di controllo. Mi sembra stia succedendo esattamente il contrario: l’insipienza dei pubblici poteri favorisce l’incoscienza e la sventatezza della gente. Si sta facendo strada la convinzione che tutto sia inutile e quindi che tutto sia consentito.

Forse sono spietatamente critico, ma, osservando dall’esterno l’attività di chi svolge funzioni pubbliche di un certo livello, ho l’impressione di un girare a vuoto: chiacchiere in una situazione bisognosa di decisioni e di fatti. Non c’è un briciolo di carisma, di personalità, di credibilità, di ascendente, di prestigio. Non vorrei che il virus intaccasse anche il rapporto tra governanti e governati, sarebbe un vero disastro: lo sto sperimentando sulla mia pelle.

Paolo Jannacci, musicista, figlio del leggendario Enzo, in una recente intervista al quotidiano La Repubblica, ha tirato un’amara, emblematica conclusione: “Mi colpisce il blocco dello sport dilettantistico, che forse è quello restato vero sport e non business”. Infatti si tratta dell’eloquente esempio di come venga affrontato in modo blasfemo il rapporto tra salute ed economia. Non solo lo sport messo demenzialmente sullo stesso piano dell’istruzione, ma all’interno del discorso sportivo viene privilegiato il carrozzone affaristico. Mi ero illuso che il mondo dello sport professionistico venisse ridimensionato e costretto nell’angolo. Gufavo pensando che tutto il mal non venisse per nuocere, invece vince sempre il più forte. Sta succedendo a livello mondiale dove i ricchi non piangono, ma fanno affari d’oro; sta succedendo a livello nazionale dove si capisce benissimo come certi interessi non possano essere nemmeno sfiorati.

Strada facendo il covid sta svilendo tutti i nostri pregi ed esaltando tutti i nostri difetti. Sarà questo il significato dello slogan “niente sarà più come prima”? Il governo ha passato la patatina bollente dei lockdown in miniatura ai sindaci, che potranno decidere di chiudere dalle 21 strade o piazze a rischio assembramento: un goffo e vergognoso escamotage per non decidere e scaricare il barile. È pericoloso che non si sappia che pesci pigliare, ma è assai peggio fare i pesci in barile.