Speriamo che il papa perda la pazienza

Il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin (65 anni) non fa più parte della Commissione cardinalizia di controllo sullo Ior. La decisione del Papa è stata comunicata il 21 settembre, tre giorni prima della “destituzione” del cardinale Angelo Becciu. Parolin che era stato nominato il 16 dicembre 2013, sarà rimpiazzato dal cardinale italiano Giuseppe Petrocchi arcivescovo de L’Aquila, che secondo il solitamente ben informato periodico spagnolo Religio Digital potrebbe essere addirittura il prossimo Segretario di Stato. Il Papa ha anche cambiato altri due cardinali commissari dello Ior, con il prefetto di Propaganda fide, il filippino Louis Tagle (considerato come il delfino di Papa Francesco) e con l’elemosiniere pontificio, il polacco Konrad Krajevskj. Due scelte che la dicono lunga sulla volontà del Papa circa la natura dello Ior, l’Istituto per le opere di religione, il cui Statuto è stato cambiato l’anno scorso, e da cui è partita la denuncia che nel luglio 2019 ha dato il via alle indagini della magistratura vaticana sul palazzo acquistato a Londra dal finanziere Raffaele Mincione.

L’indomani della destituzione del cardinal Becciu mi ero chiesto: possibile che il cardinale Pietro Parolin, di cui Becciu era il sostituto, non sapesse niente di niente? Il fatto che anche lui, seppure in modo assai più felpato e parziale, sia stato ridimensionato è una risposta indiretta alle mie perplessità. C’è aria di “pulizie in corso” nella curia vaticana: era ora! Fino a questo momento il Papa ha cercato di circondarsi di uomini di Chiesa affidabili e a lui fedeli: non è infatti possibile che lui in prima persona possa seguire e controllare tutto. Queste mosse fino ad ora si sono rivelate discutibili se non addirittura sbagliate e la nave curiale rimane in alto mare sbattuta dalle onde dell’affarismo. Speriamo che le nuove scope individuate possano scopare meglio.

Il punto debole dei papi da molto tempo si è rivelato quello della curia a cui devono comunque fare riferimento (in parte un falso o almeno relativo problema come dirò più avanti): forse esagero, ma hanno questa spina nel fianco, che li condiziona laddove non ne impedisce addirittura la nomina.

Pio XII era diretta emanazione della Curia e quindi forse non ebbe grossi problemi: la conosceva come le sue tasche e riusciva a dominarla. Puntavano a controllare Giovanni XXIII e invece si sbagliarono di grosso, anche perché lui i meccanismi curiali li aveva presenti e quindi sapeva prevenirli e sopportarli. Papa Montini era stato allontanato dalla curia e promosso vescovo di Milano: poi se lo ritrovarono fra i piedi e non ho mai capito che rapporto fosse riuscito ad instaurare Paolo VI con le stanze vaticane. Giovanni Paolo I, detta come va detta, morì sotto il peso dello Ior e degli scandali relativi. Giovanni Paolo II se ne fregò altamente e andò per la propria strada: non il modo migliore per affrontare il problema. Benedetto XVI, pur facendo parte di questo mondo, se ne stette in disparte, avvertì chiaramente la sporcizia esistente nella Chiesa, ma non mise il dito nelle piaghe, preferendo dedicarsi alle questioni teologiche in cui era indiscusso maestro.

Papa Francesco, per quanto concerne la riforma della Chiesa nelle sue strutture istituzionali e curiali, è arrivato come un dilettante allo sbaraglio al quale si chiedeva tuttavia di scalare il monte Everest: si è dovuto fermare ben prima della cima anche perché costretto a combattere a mani nude contro gente agguerrita, esperta e furba. Dopo sette anni è purtroppo ancora (quasi) al punto di partenza: forse avrà tagliato qualche coda, ma non ha certamente raggiunto la testa. Non lo invidio in questa operazione difficilissima e rischiosa: non è un ingenuo e indubbiamente sa quel che vuole. Ciò non toglie che abbia problemi enormi da affrontare.

Peraltro forse gli ostacoli non gli arrivano solo dalla Curia e dalle segrete stanze vaticane: papa Francesco si trova nel bel mezzo di un tiro incrociato di cui lui è bersaglio. Agli affaristi che brigano e tramano nell’ombra, si aggiungono e temo si affianchino i conservatori, i quali, dietro una difesa di facciata della tradizione e dei principi ad essa riconducibili, nascondono il timore per una Chiesa sdogmatizzata, sregolata, priva di potere, aperta, povera e scomoda.

Però ci sono anche i progressisti (tra i quali mi colloco), i quali, pretendono quasi l’impossibile, come i membri dell’episcopato tedesco: essi puntano ad uno stile sinodale e coinvolgente verso i laici ed hanno nelle questioni del celibato sacerdotale, del presbiterato femminile, delle unioni fra omosessuali, dei divorziati risposati, della morale sessuale in genere, le punte di diamante delle loro battaglie. Qualcuno arriva a paventare un vero e proprio scisma: fino ad ora era l’ala conservatrice, curiale e statunitense, a scalpitare e minacciare, adesso il pericolo verrebbe addirittura da “sinistra”, anche perché la “destra” trova sempre il modo di conservare il potere, mentre i progressisti puntano molto più in alto. Non credo si arriverà a tanto, però il clima è veramente difficile e imbarazzante.

Il papa è lì col vangelo in mano, l’unica arma teologica che si è scelto, e da questo punto di vista nulla da eccepire (mancherebbe altro…). L’altra scelta riguarda lo stile di comportamento, fatto di gesti apparentemente non risolutivi, ma eloquenti e indicativi. Qui c’è spazio per fare qualcosa di più: abbia il coraggio di aprire concretamente su certi temi. Nessuno pretende che sostituisca tutti i cardinali con donne impegnate sul piano ecclesiale oppure che crei altrettanti cardinali fra i laici arrivando ad una sorta di quota paritaria fra sottanoni celibatari e gonne autenticamente femminili o fra clero e laicato. Anne Soupa, teologa e biblista francese si è candidata come vescova di Lione ed è convinta che solo affidando responsabilità al mondo femminile si potrà fermare il declino della Chiesa (sono perfettamente d’accordo!). Questa battagliera fondatrice ed esponente del “Comitè de la Jupe” (comitato della gonna) sostiene che papa Francesco non abbia avuto il coraggio di esprimersi a favore del sacerdozio femminile e il fatto che dia incarichi amministrativi alle donne sia un contentino.

Gesù risorto è apparso prima a Maria di Magdala che agli apostoli: gesto più chiaro di quello… Ho invece l’impressione che Bergoglio tenda a sacrificare certe delicate ma inevitabili questioni identitarie a beneficio delle scelte verso i poveri: un compromesso assurdo, che finirebbe con lo scontentare e disorientare tutti. Della serie: niente sacerdozio alle donne, ma tanta attenzione agli ultimi. Anche la recente enciclica non ha sopito le velleità, ma anzi ha spaventato ulteriormente gli uni (già alla ricerca di liberistici paraventi dietro cui nascondere l’istinto doroteo di conservazione) e solleticato gli appetiti degli altri (ora o mai più).

Mi chiedo in conclusione: è possibile che la Chiesa abbia tali cappe di piombo sulla testa e tali schematismi nel petto? Oltre che pregare, cosa si può fare per rompere questi equilibri che impediscono di vedere un po’ di cielo? Quando nel 2013 fu eletto papa non ebbi il minimo dubbio che quella volta lo Spirito Santo fosse arrivato in tempo utile ed infatti, col suo nome e con i suoi gesti, ha dimostrato di avere un filo diretto con la Trinità. “Non dimenticatevi di pregare per me”: non è un ritornello di maniera, è sicuramente frutto della consapevolezza della gara durissima che sta vivendo e per la quale non è sufficiente partecipare, ma bisogna vincere nel cuore dei cristiani. Auguri papa Francesco! Sto dalla sua parte e aspetto con fiducia.