L’emblematica disputa sulle mascherine

Giriamola come vogliamo, senza voler essere prevenuto, pur rallegrandomi  della guarigione imminente e pur augurandogli un pieno ritorno alle sue funzioni e alla sua campagna elettorale, vedo nel comportamento di Trump l’immagine dell’uomo che vuol sembrare più forte della malattia, che non vuol fare i conti con essa e nega l’evidenza di una situazione drammatica che sta vivendo il suo Paese, finendo col sottovalutarla ed affrontarla in modo sbagliato, coinvolgendo in questa paradossale deriva (quasi) negazionista i cittadini che, a torto o a ragione, hanno in lui un punto di riferimento.

Cerchiamo di essere molto umili. Sì, perché l’unica ricetta che può funzionare è l’umiltà. Anche la scienza purtroppo segna il passo e le uniche certezze che ci offre sono: lavarsi spesso e bene le mani, tenere una certa distanza nei rapporti con le persone con le quali non ci sia comunanza di vita, indossare una mascherina negli ambienti chiusi e anche all’aperto. Sono norme di comportamento molto semplici e sembra siano le uniche a garantire un certo successo nella battaglia preventiva contro il coronavirus.

Smettiamola quindi di sottovalutare i rischi (non si tratta di una semplice influenza, è un’influenza molto ma molto pericolosa), non illudiamoci di poter far finta di niente e vivere come se il covid non esistesse, non rinviamo tutto ad un ipotetico vaccino di cui non conosciamo tempi ed efficacia.

«So che tenere la mascherina è faticoso, anche io faccio molta fatica a portarla perché ho dei problemi respiratori. Ma se la tengo io per otto ore, non c’è nessuno in quest’aula che non abbia la possibilità di tenerla». È stato questo l’appello della deputata di Italia Viva Lisa Noja, affetta da amitrofia spinale, ai suoi colleghi, «ancora troppe volte richiamati dalla Presidenza perché tendono a non indossare mascherine».

È inutile nasconderlo, l’uso della mascherina, al di là del relativo disagio che può indubbiamente creare, è stupidamente diventato un segno di debolezza, la fastidiosa ammissione della propria impotenza di fronte alla malattia, il segno di una retrocessione umana e sociale, il simbolo della rassegnazione al fatalismo. A tanto arriva la nostra presunzione: non vogliamo ammettere di essere in evidente difficoltà e di dover ricorrere a misure che consideriamo troppo banali per essere seriamente adottate, troppo importune per essere accettate.

Dall’altra parte c’è però anche il rischio di uscirne con le ossa rotte: tormentati, condizionati, isolati e impoveriti. I media non ci stanno informando ma tormentando; gli scienziati non ci stanno aiutando ma ci confondono le idee; i politici, non tutti, danno pessimi esempi; gli operatori economici, sulla base delle loro oggettive difficoltà, costruiscono allarmismo e catastrofismo; il clima di incertezza e precarietà incombe su di noi come un macigno. E allora?

La situazione psico-sociologica che stiamo attraversando è complessa e difficile. Aggiungo in merito una bellissima frase che mi ha detto una cara persona mia conoscente: “Dobbiamo restare noi stessi”. Mi sembra che contenga tutto!  L’ho ringraziato per quel consiglio così semplice, ma così profondo. Poi ho ripensato: un invito solenne a rimanere agganciati all’educazione ricevuta, ai valori della Costituzione, al senso civico, all’esperienza storica dell’antifascismo, alla cultura democratica, alle scelte per la pace e la non violenza.

È positivamente interessante che il governo stia puntando in parallelo a due provvedimenti: la proroga dello stato di emergenza con ulteriori provvedimenti anti-covid e nuove norme in materia di sicurezza e immigrazione. Sono previste modifiche importanti, rispetto alla normativa varata su ispirazione dell’allora ministro Matteo Salvini, in merito ai requisiti in base al quale verrà concessa la protezione internazionale. Vengono inoltre abolite le maxi multe nei confronti delle navi Ong che entrano in acque territoriali italiani dopo aver soccorso i migranti. Si torna anche a un sistema di accoglienza in cui i Comuni avranno un ruolo di primo piano attraverso gli Sprar. Finalmente un piccolo ma significativo passo verso un modo di governare che ci aiuti ad affrontare le situazioni nuove e drammatiche, rimanendo noi stessi.