La pecora papale e i lupi curiali

Mio padre dava una interpretazione colorita e semplice delle situazioni aggrovigliate al limite della legalità. Diceva infatti con malcelato sarcasmo, facendo riferimento al palazzo del potere più fisicamente a lui vicino: «Bizoggna butär in tazér parchè a s’ris’cia ‘d mandär in galera dal comèss fin al sìndich, tutti invisciè…». Se volete, una sorta di versione da osteria della impostazione affaristico-massonica della nostra società, che purtroppo ben si attaglia alla situazione della Curia vaticana. Si temeva e si sapeva che sotto la cenere del conservatorismo clericale covasse il fuoco dell’affarismo nelle alte gerarche vaticane. L’input del conclave a Bergoglio era stato proprio quello della pulizia nei sacri palazzi e il papa eletto aveva immediatamente capito l’antifona, scegliendo il nome più rivoluzionario che poteva: Francesco.

La società corrotta “spuzza” ha detto con grande incisività il papa e “spuzza” in parte la gerarchia cattolica nascosta nelle stanze vaticane. Stanno uscendo le testimonianze di monsignor Alberto Perlasca, assistente dell’allora cardinale Angelo Becciu all’interno della Segreteria di Stato, davanti ai promotori di giustizia vaticani: stando ai media – peraltro lanciati in una discutibile corsa allo scoop che, ad onor del vero, rischia di fare più confusione che verità – si aprono scenari inediti. Sembra addirittura che la creazione di un sistema economico parallelo servisse a Becciu per gestire “organicamente” il potere, creare dossier per screditare rivali, funzionari o uomini vicini a Papa Francesco che avrebbero potuto interrompere i piani dell’allora Sostituto alla segreteria.  Robe da matti anche per la chiesa “casta meretrix”, coraggiosamente e realisticamente ipotizzata, se non erro, da sant’Ambrogio.

Forse è iniziata l’epoca dello scoperchiamento della pentola curiale e cosa ne uscirà è difficile da prevedere. Papa Francesco, come afferma il ben informato padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà cattolica, l’autorevole rivista dei Gesuiti, non è un ingenuo e non è un pontefice naif: ha avviato infatti un processo di purificazione profonda. Consapevole dell’assoluta necessità di promuovere e concretizzare una grande riforma strutturale all’interno della Chiesa, preferisce però partire da una riforma spirituale mettendo il Vangelo al centro di tutto e confidando nella forza del messaggio cristiano. In un certo senso sembra quasi che predichi bene e lasci razzolare lo Spirito Santo: vai avanti tu, perché a me scappa da ridere…

Il nodo della riforma incombe e incalza sempre più considerato il fatto che le strutture vaticane sono assai impermeabili rispetto ai reiterati richiami pontifici: lascia che dica, prima o dopo si stancherà… Penso che la schematizzazione dicotomica fra riforma spirituale e riforma strutturale lasci il tempo che trova e finisca per chiudere la Chiesa nel pollaio in cui non si capisce se venga prima l’uovo o la gallina. Effettivamente il papa sembra più orientato ad alimentare la pentola spirituale che non a scoperchiare quella strutturale: ha varato in modo “anomalo” e fuori da Roma la sua terza enciclica, visitando a sorpresa il monastero Valle Gloria di Spello e la chiesa di Santa Chiara, prima di giungere al Sacro Convento, per firmare sulla tomba di San Francesco la “Fratelli tutti” (il titolo è già un programma). Basterà l’affidamento al più grande dei Santi a sconfiggere l’andazzo clerico-conservatore-affaristico che imprigiona la Chiesa istituzione e “sputtana” la Chiesa comunità?

La predicazione del pontefice non si ferma peraltro alle parole, ma fa risuonare la musica dei gesti eloquenti ed emblematici come non mai: quelli che affascinano il popolo di Dio. A livello spirituale Francesco non è solo: può contare sull’aiuto dello Spirito Santo (sic!), sulle evocate e insistenti preghiere dei cattolici sparsi nel mondo (almeno quelli a lui favorevoli e sono tanti!), sulla protezione di San Francesco (non è poca cosa!), sul “tifo” sincero dei poveri, che dovrebbe valere molto di più delle truffaldine manovre dei ricchi.

Può darsi però che Gesù Cristo ad un certo punto consigli al suo vicario: aiutati che il ciel t’aiuta! E allora non ci sarà più tregua per le gerarchie in vena di potere e di intrallazzi col potere.  Intanto che c’è, Gesù Cristo potrebbe dargli un altro consiglio, spiegandogli che ai poveri che muoiono di fame bisogna aggiungere anche coloro che sono sopraffatti dal dolore, dal fallimento del loro matrimonio, dalle discriminazioni sessuali, dai drammi famigliari, dalle maternità difficili ai limiti dell’impossibile. Qualcosa (forse molto) il papa ha fatto in queste delicatissime materie, ma una flebo di coraggio non gli farebbe male. In conclusione, la pentola dell’affarismo curiale va scoperchiata, quella della spiritualità evangelica va alimentata e portata ad ebollizione. E quella del dogmatismo? Il brodo ristretto che in essa resiste va allungato e raffreddato con l’acqua fresca della carità.