Le boiate di BoJo e i sussurri di Mattarella

Faccio ancora una volta riferimento al criterio sbrigativo suggerito dal grande giornalista Indro Montanelli per giudicare le persone: “guardategli la faccia…”. Si attaglia perfettamente a quella di Boris Johnson, il premier britannico. Mia sorella non ha fatto in tempo a visionarlo, ma sono sicuro che, se fosse ancora in vita, non esiterebbe a sentenziare: «Che facia da stuppid!». Siccome, se e quando uno è stupido, lo è sempre, l’altro giorno Johnson si è lasciato sfuggire l’ennesima stupidata.

Ma vado con ordine e mi faccio aiutare dal quirinalista de La stampa, Ugo Magri, che prende la mira partendo dalla sponda italiana e scrive: “Con una battuta detta in privato, che però è diventata di pubblico dominio, Sergio Mattarella ha pareggiato i conti con il primo ministro britannico. Due giorni fa Boris Johnson s’era concesso giudizi poco lusinghieri sul nostro attaccamento ai valori di libertà. E subito il presidente gli ha risposto che «anche noi italiani amiamo la libertà, ma abbiamo a cuore pure la serietà». Il riferimento è alla lotta al Covid nella quale, dopo essere stati colti di sorpresa, ora stiamo ottenendo risultati migliori del Regno Unito. Questo perlomeno ha rinfacciato a Johnson il deputato laburista Ben Bradshaw, profittando di un question time alla Camera dei comuni: «Come mai Germania e Italia stanno facendo meglio?». Punto nel vivo, «BoJo» s’è lanciato sul terreno dell’antropologia politica, collegando le misure anti-Covid ai tratti distintivi delle nazioni, che per la gran parte corrispondono a luoghi comuni. «C’è un’importante differenza fra noi e molti altri Paesi nel mondo», ha detto in sintesi, «perché il nostro ama da sempre la libertà», dunque impossibile chiedere al popolo britannico di rinunciarvi per combattere l’epidemia. Sottinteso: se tedeschi e italiani si mettono in riga, magari è conseguenza della loro storia. Mattarella ieri era a Sassari per commemorare Francesco Cossiga a dieci anni dalla scomparsa. Dopo la cerimonia qualcuno gli ha chiesto di Johnson, e in quel contesto informale, senza microfoni né telecamere ma con qualche orecchio indiscreto, ha ribadito in fondo lo stesso concetto espresso già a fine luglio, quando aveva chiarito che «la libertà non è il diritto di far ammalare gli altri». Questione di serietà, appunto”. 

In politica, come del resto in tutti i campi dell’esistenza umana, è il tempo delle parole e delle frasi sparate alla viva il parroco. Dorian Gray mette in bocca ad un suo straordinario personaggio la seguente frase: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”. Come spesso accade con le traduzioni, non rendono fino in fondo il significato della frase. In questo caso meglio restare letterali: “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé”. Le altre traduzioni, più diffuse, introducono arbitrariamente il concetto di “bene” e “male”: “Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli.” o “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”.  

I protagonisti principali della scena politica internazionale sembrano osservare scrupolosamente questa paradossale ed ironica indicazione, parlando a sproposito, sparando cazzate in libertà, dicendo e disdicendo in continuazione: l’importante è avere l’attenzione mediatica e il consenso viscerale del momento. Il resto mancia. Per fortuna abbiamo un presidente della Repubblica che si comporta in modo contrario a questo penoso andazzo: parla poco, anzi pochissimo, e, quando parla, sa quel che dice. Nel caso di cui sopra non ha nemmeno parlato, ha solo sussurrato una reazione perfetta ad una gigantesca cavolata, l’ennesima per la verità, di Boris Johnson. Non c’è bisogno di gridare, basta anche bisbigliare la frase giusta al momento giusto.  Il presidente Sandro Pertini la diceva in altro modo per arrivare alle stesse conclusioni di Mattarella: “Il popolo italiano non è né primo né secondo agli altri popoli”.

Ebbene la politica italiana nel dopoguerra, tra i pregi e i difetti che è riuscita ad evidenziare, può vantare un grande merito: aver saputo offrire dei presidenti della Repubblica sempre all’altezza del loro compito. Non è un caso infatti che Mattarella abbia inserito il suo misurato spunto orgoglioso verso lo sboccato premier inglese nel contesto di una commemorazione di Francesco Cossiga. Come scrive Ugo Magri, “le parole che Mattarella gli ha dedicato nel suo discorso all’Università di Sassari, hanno ricollocato l’ex Picconatore finalmente al posto che gli spetta, nel Pantheon democratico, risarcendone in parte la memoria fin troppo bistrattata. Del suo predecessore, Mattarella ha valorizzato alcuni tratti che pure oggi conservano un significato. Per esempio il ferreo atlantismo, rimasto «un punto fermo anche nel suo tenace europeismo». Che sia un richiamo a non smarrire la rotta nelle relazioni internazionali?”.