Il vangelo secondo Trump

Il termine “temporale” indica il governo degli uomini. L’espressione potere temporale si usa però di solito in riferimento al periodo storico in cui il Papa, oltre ad essere sommo pontefice della Chiesa cattolica, è stato anche sovrano dello Stato Pontificio. In quel periodo ne sono successe di tutti i colori: la Chiesa ha perso il pelo, ma non il vizio dell’intromissione, che è durato nel tempo, seppure con alti e bassi, e non è mai completamente scomparso.

Ebbene gli Usa di Trump riescono a peggiorare le situazioni persino quelle concernenti i rapporti fra Stato e Chiesa, capovolgendo il discorso delle interferenze: non più la Chiesa che si intromette, ma l’America che si permette di parlare nella mano del papa e dei suoi collaboratori. Riprendo di seguito quanto scrive il quotidiano La Stampa. Il segretario di Stato americano punta il dito sugli accordi tra la Santa Sede e Pechino per la difesa dei cattolici. Pompeo si schiera apertamente contro il Vaticano: non rinnovi accordo con la Cina, metterebbe in pericolo sua autorità morale. Innanzitutto Trump si dovrebbe preoccupare della propria autorità morale che ha raggiunto infimi livelli da tutti i punti di vista.

Il governo degli Stati Uniti lancia una sonora bordata contro la politica di avvicinamento della Santa Sede alla Cina, e in particolare contro lo storico accordo tra il Vaticano e il governo di Pechino sulle nomine dei vescovi che, a due anni dalla firma, è ora in via di rinnovo. É in particolare il segretario di Stato Mike Pompeo ad affermare via Twitter che «due anni fa la Santa Sede ha raggiunto un accordo con il partito Comunista Cinese nella speranza di aiutare i cattolici in Cina. Ma l’abuso del Partito Comunista Cinese sui fedeli è solo peggiorato. Il Vaticano metterebbe in pericolo la sua autorità morale se rinnovasse l’accordo».

Pompeo va oltre e sottolinea che «il Dipartimento di Stato è una voce forte per la libertà religiosa in Cina e nel mondo. Continueremo a farlo e a essere a fianco dei cattolici cinesi. Chiediamo al Vaticano di unirsi a noi». «I cattolici sono fra le voci più forti a Hong Kong per i diritti umani, inclusi Martin Lee e Jilly Lai. Pechino li ha arrestati, li ha spiati per il ‘reato’ di promuovere la libertà. Il Vaticano dovrebbe stare con i cattolici e il popolo di Hong Kong», aggiunge il segretario di Stato Usa in una serie di tre tweet, ai quali allega anche un suo editoriale per First Things, rivista religiosa e conservatrice. Un editoriale nel quale afferma che la «storia ci insegna che i regimi totalitari possono solo sopravvivere nel buio e nel silenzio. Se il Partito Comunista Cinese» riuscisse ad «assoggettare la Chiesa Cattolica e le comunità di altre religioni, allora i regimi che disdegnano i diritti umani saranno rafforzati, e il costo per resistere alla tirannia da parte dei credenti salirà».

Da Oltretevere, al momento, non si hanno ancora reazioni ufficiali alle affermazioni provenienti dall’amministrazione Trump. Meno di una settimana fa era stato il primo collaboratore del Papa, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin a dichiarare che l’accordo sulla nomina dei vescovi, tra il Vaticano e la Cina, scadrà “ad ottobre” ma le intenzioni comuni sono di proseguire con il suo rinnovamento. «L’accordo non è ancora spirato – ha spiegato Parolin -, lo sarà nel mese di ottobre, scadranno i due anni dal momento in cui è entrato in vigore ed è stato firmato, quindi non si è ancora, compiuto».

Alla domanda se ci siano buone prospettive per il rinnovo, ha aggiunto: «Sì, io credo proprio di sì, la nostra intenzione è che sia prolungato, che si continui ad adottarlo ‘ad experimentum’. Se c’è la stessa intenzione anche da parte loro? Penso e spero di sì, anche se questi primi risultati» non sono stati particolarmente entusiasmanti «ma mi pare che si sia segnata una direzione che vale la pena di continuare poi si vedrà, rimane aperto però il discorso della collaborazione, va applicato in ogni epoca storica, anche nei confronti di questo grande Paese». Da Pechino, quasi in contemporanea, sono giunte assicurazioni sul fatto che l’intesa provvisoria del 2018 «è stata attuata con successo negli ultimi due anni grazie agli sforzi congiunti» e sulla volontà di «continuare a mantenere uno stretto contatto per migliorare ulteriormente le relazioni bilaterali» (tra Cina e Santa sede le relazioni diplomatiche si sono interrotte nel 1951).

Un processo che va avanti – l’attuale “ostpolitik” del Vaticano di papa Bergoglio – che evidentemente non va giù all’amministrazione Usa, impegnata in un duro scontro con Pechino su questioni come, tra le altre, il 5G, le guerre commerciali, la raccolta di informazioni, e anche la situazione di Hong Kong. Nei giorni scorsi era stato proprio il quotidiano dell’ex-colonia britannica, il South China Morning Post, a scrivere dell’imminente arrivo del capo della diplomazia Usa in Italia e in Vaticano, con incontri istituzionali e con i vertici d’Oltretevere, sottolineando che Pompeo cercherà di scoraggiare l’Italia dall’accettare investimenti cinesi in strutture portuali e farà pressione sulla Santa Sede proprio mentre essa sta curando con particolare attenzione le sue relazioni con la Cina Popolare.

In buona sostanza, agli Usa non interessa niente dei diritti umani in generale, dei diritti dei cattolici in Cina in particolare, a loro stanno a cuore gli interessi commerciali e gli equilibri internazionali. Nell’attuale politica americana è difficile capirci qualcosa: pensano di fare e disfare a loro piacimento, facendo un gran casino e poco più.

Non so come reagirà papa Francesco. Il rapporto fra Stato cinese e Chiesa cattolica è molto delicato: temo che l’ostpolitik vaticana possa sacrificare in parte la libertà dei credenti sacrificandola sull’altare dei buoni rapporti al vertice. Si tratta di una partita molto complessa che tuttavia non si può certo affrontare con l’accetta trumpiana.

“Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”: con questa lapidaria battuta Gesù diede una soluzione radicale al problema dei rapporti tra fede e potere civile. Certo non piacerebbero a Lui le alte acrobazie diplomatiche vaticane, i compromessi con i regimi, la ricerca di appoggi politici, anche se la Chiesa, come ogni cristiano, non deve essere del mondo, ma nel mondo. E nel mondo c’è la Cina con la sua storia. Non mi sento in grado di entrare nel merito, seguo con trepidazione e preoccupazione la sorte dei cattolici in Cina, un regime pericolosissimo perché riesce a mettere insieme il peggio del capitalismo e del comunismo. Figuriamoci cosa può uscire di buono da questo cocktail, per tutti e in primis per i cinesi e in particolare per i cattolici cinesi.

Una cosa però è certa: Gesù non ha risposto a chi lo voleva intortare coinvolgendolo nelle discussioni sui rapporti tra la fede e la politica, invitandolo a chiedere consiglio a Erode. Quindi non deve essere certo Trump (un attuale Erode di lusso) a dettare l’agenda politica al Vaticano. Tra i vangeli apocrifi non mi risulta che ce ne sia uno secondo Trump. Michael Richard Pompeo, detto Mike, è un politico e imprenditore statunitense, Segretario di Stato degli Stati Uniti dal 26 aprile 2018, sotto la presidenza Trump: non ce lo vedo nelle vesti di precursore alla Giovanni Battista, che chiede al Vaticano di convertirsi. Vada pertanto a farsi benedire o battezzare prima di pontificare.