E dal profondo Delrio la luna mia ripescherò

Graziano Delrio: “Di scuola si è parlato tardi e male. La colpa è di tutti ma ora si acceleri”. Così il capogruppo del Pd alla Camera. Nel panorama politico italiano, così penosamente avvitato su se stesso, mi sembra per diversi motivi il personaggio più serio e affidabile.

Innanzitutto non sputa sentenze, è portato a ragionare in modo pacato: non esibisce muscoli e non propone ricette miracolose. Lascia intendere di non avere solo certezze, ma anche tanti dubbi e di essere quindi disposto a dialogare e a discutere senza presunzione.  Purtroppo in un mondo come quello attuale finisce con l’essere considerato un politico senza spina dorsale, un parlamentare di seconda categoria, un signor nessuno in un parterre di padreterni.

Non è fazioso, sa ammettere limiti ed errori della propria parte politica: ha saputo sintetizzare ammirevolmente le pecche nell’azione governativa sulla scuola: bisognava cercare di fare presto e bene e si è finito col fare tardi e male. Senza scaricare colpe e responsabilità, mettendo nell’armadio le bacchette magiche, che non servono a nulla.

Graziano Delrio non è un leader? Se per leader intendiamo un fanfarone che sputa sentenze, è un gran bene che non lo sia. Se intendiamo un punto di riferimento personale e politico, lo può essere, anzi è forse l’unico personaggio con un’adeguata statura etica e politica. Ma il partito democratico è alla ricerca di qualcuno che dia sempre ragione a tutti, che difenda l’esistente o vuole una guida autorevole e innovativa nei contenuti e aperta e dialogante nei modi?

Il segretario Pd Nicola Zingaretti, sta andando avanti a zig zag: da una parte si sfoga e sembra prendere le distanze dal governo e soprattutto dal M5S: “Il Pd ormai è libero, ovunque alternativo alla destra ed eccetto in un caso sempre avversario dei cinquestelle. Di certo sarà il primo partito della coalizione e probabilmente, eccetto in Veneto, il primo partito in assoluto ovunque. Per chi sta alla finestra e non combatte, come gli alleati o Calenda, è facile nascondersi, ma è anche impossibile vincere. Il Pd invece dopo il voto comunque darà le carte. E poi si vedrà”. Chi ci capisce qualcosa è bravo. Io ci vedo solo tatticismo esasperato.

Dall’altra parte Zingaretti illustra alcuni progetti per trasformare l’Italia; il “Paese che produce”: trasferimento tecnologico, competenze, sostenibilità; “Il Paese che sa”: investimenti in scuola, università e ricerca; “il Paese che unisce”: infrastrutture, digitalizzazione e reti ferroviarie; “il Paese che è sul territorio”: lotta al dissesto idrogeologico; “il Paese per i giovani”: lotta alla dispersione scolastica e per favorire la natalità; “il Paese che prende cura”: infrastrutture per il sociale e per un welfare che aiuti le donne; “il Paese che amministra”: sburocratizzazione e giustizia più veloce.

Non si può però tenere i piedi in due paia di scarpe: quelle del governo e quelle di partito battitore libero in vena di varare programmi ambiziosi e onnicomprensivi. Mi sembra che il Pd voglia un po’ fare il verso al M5S puntando ad essere una forza politica di protesta e proposta. E se Zingaretti andasse a casa, si concentrasse sulla regione Lazio di cui è governatore e lasciasse il pallino della segreteria piddina a un personaggio come Delrio, non sarebbe meglio? Un segretario che parli poco e lavori molto. Chissà che qualcuno non ci stia pensando. Mi sembra l’unico erede possibile rispetto alla seria classe dirigente di un tempo ormai lontano. E se Conte fosse costretto a fare le valige (eventualità non del tutto peregrina) e Draghi fosse effettivamente stanco (ne avrebbe più di un motivo) e si volesse comunque per tante ragioni evitare le elezioni politiche anticipate (chi ha detto che dopo Conte c’è il diluvio), non vedrei male un premier come Graziano Delrio. Molte volte la storia mi ha dato ragione, ma a distanza di molto tempo. E qui di tempo ce n’è pochissimo.