Alla Calenda italiana

“È la degenerazione totale della politica, una cosa che non ha eguali in Europa”. Questo il commento di Carlo Calenda riguardo la vicenda di Rousseau e le nozze Pd-M5S. In un’intervista alla Stampa, il leader di Azione descrive il momento politico attuale come contrapposizione fra un polo populista e uno sovranista, con i partiti delle grandi famiglie europee – Pd e Forza Italia – schiacciati nel ruolo di subalterni”. “È evidente – afferma Calenda – che un Paese con un debito immenso e un rischio chiaro per la tenuta dello Stato, potrebbe non sopravvivere a questa situazione. Dal taglio ai parlamentari al giustizialismo, dalla velleità di nazionalizzare anche il gelato alla non modifica dei decreti sulla Sicurezza sino a Quota100, che rimane, l’agenda la fanno i Cinquestelle. Il populismo grillino si sposa col massimalismo Pd. La loro saldatura non è tattica, ma sociale e politica”.

Quanto al ruolo del suo movimento, Azione, Calenda dice che “ciò che conta è il pensiero che esprimi. Azione è la casa di popolari, liberali e riformisti, le tre grandi famiglie che hanno fatto l’Europa. L’obiettivo è il buon governo che vada oltre lo scontro sterile ed ideologico su tutto, dai migranti al Mes. Estremizzare è lo schema di gioco populista e sovranista. Per nascondere l’incapacità del governo danno del fascista agli altri. In assenza di una discussione seria, si finisce per distruggere il Paese. Popolari, liberali e riformisti son la maggioranza che ci voterà”.

Zingaretti e Berlusconi, i partiti tradizionali, dice ancora Calenda, “hanno festeggiato il Recovery Fund, senza badare al fatto che avremo meno fondi Peep dalla Bce l’anno prossimo. L’Italia ha perso l’autonomia finanziaria, avrà sempre bisogno della spalla dell’Europa e della Bce. Se andassero al governo delle forze antieuropeiste, il rischio di tracollo finanziario sarebbe immediato. Come fai a disegnare un piano di investimento e crescita se sei contro tutto? Guidati da populisti e sovranisti, se ci affidiamo all’ex venditore di bibite o a quello che non frequentava il Viminale quando era ministro, sul mercato non ci andiamo ma più da soli”.

Sono tutti ragionamenti abbastanza condivisibili, ma la politica, che è pur sempre un’arte, non è tale sul piano figurativo, ma su quello interpretativo della realtà. «Se uno arrivasse da Marte penserebbe a una commedia felliniana» dice simpaticamente Carlo Calenda. È vero, ma le sue considerazioni sembrano arrivare dalla luna, tanto sono prive di sbocchi alternativi concreti. Che pranzo passa il convento? Una minestra pentastellata e un secondo piddino. Il menù di riserva, l’inciucio del patto anti-inciucio del centro-destra, comporta una minestra scaldata e speriamo che gli italiani non siano disposti a ingoiarla. Nella cucina in divenire “Italia viva” di Renzi sta con un piede dentro e uno fuori rispetto all’attuale equilibrio di governo e può rappresentare solo un piccante aperitivo. “Azione” di Calenda sembra un contorno alla ricerca del sapore: mira a scompigliare i giochi – sarebbe interessante – ma chi può fare nel centro destra la quinta colonna per un ritorno alla normalità di stampo europeo? Berlusconi? Purtroppo, ed è paradossalmente amaro ammetterlo, non conta un cazzo. Anche auspicando che il cavaliere con tante macchie sia almeno senza paura, i numeri sarebbero lontanissimi dalla costituzione di una maggioranza europeistica tra popolari (+ Europa + Italia viva + Azione + Forza Italia) e socialisti (Pd + Leu). Non mi dispiacerebbe mandare a casa i populisti grillini e godrei come un grillo a mettere fuori gioco i sovranisti di Lega e Fratelli d’Italia. Mi sembrano però scenari fantasiosi e inagibili.

Forse l’elettorato allo sbando potrebbe trovare in queste prospettive qualche rinsavimento, ma i tempi devono essere lunghi pena il rischio di portare l’Italia in braccio alla destra con un nuovo presidente della Repubblica ridotto ad apprendista stregone. Non vorrei che la sacrosanta critica di cui sopra portasse la gatta al lardo fino a lasciarci lo zampino. O ci affoghiamo nel mar grande di Mario Draghi (per quel che so nuotare, politicamente parlando, vedrei molto bene questa immediata eventualità) o, diversamente, mi sono fatto l’idea che in questo strano periodo storico occorra pazienza, poi ancora pazienza, per finire con altra pazienza. Chiedere l’impossibile (almeno al momento) ritorno alla logica dei poli europeisti non vorrei finisse col legittimare e consolidare l’unico polo in via di saldatura, cioè il destra-destra di Salvini e Meloni, che ha i suoi problemi di tenuta politica e territoriale.