Il casinista Fontana ispira tenerezza

Se non ho capito male, il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana, durante il periodo dell’emergenza Covid, avrebbe assegnato con una certa leggerezza una fornitura di camici e set sanitari ad un’azienda di proprietà del cognato. Una volta accortosi dell’errore avrebbe suggerito al cognato di trasformare la fornitura effettuata in una donazione. Poi, accortosi di avere danneggiato significativamente il cognato, ha tentato di ristorarlo dal danno facendogli un bonifico, che però non è andato a buon fine, in quanto, come scrive il Corriere della sera, la milanese «Unione fiduciaria» lo ha bloccato  “perché la somma, l’assenza di una coerente causale, le parti correlate, la qualifica «pep» del cliente (persona esposta politicamente), e la provvista da un conto svizzero dove nel 2015 Fontana dopo la morte della madre aveva «scudato» 5,3 milioni detenuti dal 2005 da «trust» alle Bahamas, erano tutti indici fatti apposta per far «suonare» i protocolli antiriciclaggio della fiduciaria e indurla a inviare una «Sos-segnalazione di operazione sospetta» a Banca d’Italia. Quella che – come ha spiegato il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli – ha messo in moto l’inchiesta dei pm Furno-Scalas-Filippini.

Andando al sodo, mi sembra che il governatore Fontana abbia combinato un gran casino, ma non abbia rubato un bel niente e che quindi si stia facendo un gran polverone intorno al nulla. Addirittura lo stanno accusando di aver danneggiato la regione Lombardia, perché la fornitura in questione si sarebbe trasformata in donazione, con esclusione di 25.000 camici residui che non sarebbero stati forniti.

Dal punto di vista generale mi sembra che sia troppo difficile non avere conflitti di interesse al punto che, paradossalmente, sarebbe opportuno non accettare incarichi pubblici per non incorrere in rischi quasi inevitabili (a meno che non si abbia famiglia, non si sia mai svolta alcuna professione, non si abbia alcun patrimonio e si abbia una laurea in diritto amministrativo con tanto di master sul conflitto di interessi). Nel ginepraio della pubblica amministrazione ci si muove con molte difficoltà: da una parte si chiede immediatezza e snellezza nelle procedure, dall’altra si passa al microscopio il comportamento senza badare alle situazioni emergenziali in cui viene adottato. Non mi sento quindi di buttare la croce addosso a Fontana. Non mi interessa la sua collocazione politica: userei lo stesso atteggiamento anche con amministratori di opposta tendenza.  Oltre tutto, sposando un criterio piuttosto popolaresco, peraltro usato anche da Indro Montanelli, non ha la faccia del disonesto, ma della brava persona. Certo ha fatto un errore e per rimediare all’errore ha commesso altri errori: alla fine ne esce legalmente male, politicamente malissimo ed eticamente maluccio.

A mio avviso i giudici, a cui non voglio togliere il sacrosanto mestiere, stanno esagerando: c’è tanto marcio da cui ripulire il Paese, senza bisogno di vederlo a tutti i costi o di trasformare le pagliuzze in travi. La lotta politica è diventata cannibalesca e l’avversario viene attaccato e distrutto a prescindere. La Lega si strappa le vesti e grida al complotto, senza pensare che la prima gallina che canta ha fatto l’uovo. I politici stanno dimostrando di non avere competenza, esperienza, rigore e credibilità e quindi, in buona sostanza, non sono capaci di governare e amministrare. I media, lasciamo perdere…