Gli eredi illegittimi

La Lega ha preso in affitto un appartamento in via delle Botteghe Oscure, proprio davanti alla vecchia sede del Pci, qualcosa in più di un palazzo: il simbolo di una storia. Peraltro dismessa dagli eredi almeno 20 anni fa. Col passare delle ore la notizia è diventata “pruriginosa”, ha acceso polemiche online e Salvini ha pensato che valesse la pena rilanciarla: «I valori di una certa sinistra che fu quella di Berlinguer, i valori del lavoro, degli operai, degli insegnanti, degli artigiani, sono stati raccolti dalla Lega. Se il Pd chiude Botteghe oscure e la Lega riapre, sono contento: è un bel segnale».

Salvini ha una parte di ragione. Coi valori presenti nella storia del Pci non ha effettivamente niente da spartire. Ha invece purtroppo ripreso, e in un certo senso reinterpretato, l’atteggiamento del popolo comunista, quella vocazione alla “protesta rivoluzionaria”, all’opposizione a tutti i costi, alla faziosità conflittuale, che la dirigenza comunista ebbe il suo daffare a contenere e far evolvere in senso costituzionale e costruttivo.

Se proprio vogliamo ragionare, al limite del paradosso e in modo spannometrico, possiamo pensare che nella storia della sinistra italiana si siano confrontate e scontrate due impostazioni: una radicalmente legata alla conflittualità sociale e all’internazionalismo operaio, evoluta con fatica verso l’impostazione democratica, l’autonomia nazionale e finanche verso l’europeismo (la maturazione che Aldo Moro intendeva pienamente favorire, concedendo al Pci la prova governativa in base al cosiddetto compromesso storico); l’altra di tipo riformista, che ai pregi del sistema democratico di tipo occidentale ha sommato l’involuzione  verso una piena e totale omologazione  ai difetti del nostro sistema culminata nel craxismo.

Ebbene, la destra ha tentato di raccogliere a piene mani ed in modo innaturale queste eredità: Berlusconi ha raccolto indegnamente il testimone di un socialismo democratico degenerato in un liberismo sfrenato; la Lega ha deviato in populismo il popolarismo comunista, sostituendo allo schema, peraltro vetusto, della guerra dei poveri contro i ricchi quello della guerra tra i poveri (nord contro sud; italiani contro immigrati; lavoratori contro fannulloni).

Da una parte abbiamo avuto la degenerazione inclusiva di una sinistra affamata di potere, che ha finito con lo spianare la strada a una destra modernista ed egoista; dall’altra abbiamo avuto la degenerazione esclusiva di una sinistra assetata di opposizione e protesta, che ha favorito una certa vena qualunquista e antipolitica. La Lega ha colto, seppure indirettamente e subdolamente, la voglia di essere sempre e comunque contro, offrendo ai vedovi dell’antitutto il matrimonio riparatore dell’antieuro, dell’antiimmigrato, dell’antistato.

In fin dei conti la crisi del popolo della sinistra consiste nel fatto di avere perso per strada i “riformisti” approdati al rapporto incestuoso con i liberisti e i rivoluzionari contenti di indossare in modo carnevalesco i panni populisti e sovranisti. Quando si dice che la sinistra ha perso la sua identità, si dovrebbe aggiungere che si è lasciata derubare delle sue eredità consentendo che venissero investite nel peggiore dei modi. Ritornare indietro non è facile.

Persino i simboli vengono messi in discussione: il cadavere di Aldo Moro venne piazzato vicino a Botteghe oscure come minaccia e provocazione antistorica verso il Pci convertitosi pienamente al sistema democratico; l’appartamento leghista suona come sinistro avvertimento di chi sta tentando di saccheggiare illegittimamente l’eredità di un’altra famiglia. Tutto è perduto fuorché l’onore: basta avere la voglia e il coraggio di tirarlo fuori. Chissà che le sparate demagogiche di Salvini non diano una scossa all’orgoglioso risveglio.