Pensioni: guai a chi non le tocca

La cancelliera Merkel sarebbe determinata a chiudere piuttosto in fretta il negoziato sul Recovery Fund. Avrebbe telefonato a Giuseppe Conte e nelle sue parole al collega premier di Roma, secondo i bene informati, si sarebbe avvertita l’attesa della cancelliera che l’Italia la aiuti a convincere Danimarca, Svezia, Austria e soprattutto l’Olanda. Sono questi i Paesi più freddi all’idea di varare un pacchetto di trasferimenti troppo generoso, anche perché sono loro i più scettici sulla capacità dell’Italia di ritrovare la via della crescita. Quei governi sospettano che l’Italia, con i suoi mille problemi, finisca per sprecare buona parte degli aiuti.

Negli ultimi scambi con Palazzo Chigi, dalla cancelleria di Berlino sono arrivate alcune domande precise. In vista della stretta nel negoziato sul Recovery Fund, Merkel ha bisogno di capire quale direzione intende prendere il governo italiano. Una delle domande arrivate dalla capitale tedesca in questi giorni riguarda le semplificazioni amministrative promesse da Conte: se il governo varasse prima del prossimo vertice europeo alcune delle riforme richieste per gli esborsi del Recovery Fund, sarebbe più facile superare soprattutto le riserve dell’Olanda. Molti occhi sono puntati su quel passaggio anche nel resto d’Europa, perché un’Italia immobile anche nelle riforme renderebbe più difficile per tutti l’accordo sul Recovery Fund.

Da Berlino è arrivata però a Palazzo Chigi anche una domanda indiscreta ma pertinente: che cosa intende fare Conte sulle pensioni? Anche qui, nessuna richiesta precisa. Ma è la stessa domanda che Merkel rivolgeva al collega italiano quando, nel 2018, il governo giallo-verde si preparava a varare “Quota 100”. Conte naturalmente ha fatto sapere a Merkel che non prorogherà oltre il 2021 il sistema del ritiro anticipato voluto dalla Lega. Ma l’interesse della cancelliera su questo punto, in vista del vertice che deve salvare l’Italia dalla peggiore recessione in tempo di pace, fa capire quanto il debito pubblico di Roma la preoccupi ancora.

È inutile ripetere che l’Italia è un sorvegliato speciale e non ce ne dobbiamo vergognare, ma ne dobbiamo solo prendere atto con sano realismo ed umile volontà. Immaginavo da tempo che il tema delle pensioni sarebbe emerso in tutta la sua delicata ma inevitabile importanza: e non credo si tratti soltanto di quota 100, penso che, prima o poi, si dovrà mettere mano ad una riforma dolorosa dell’intero sistema pensionistico.

Quando è scoppiata la pandemia mi sono posto tre problemi drammatici, riconducibili, direttamente o indirettamente alla nostra incapacità ad affrontare le emergenze con cui dobbiamo abituarci a fare i conti: la salvaguardia della salute in un sistema sanitario che, pur fra tanti pregi, si sta dimostrando inadeguato; la incapacità di offrire a tutti quel lavoro che è il fondamento della nostra repubblica democratica; la impossibilità di garantire la copertura pensionistica. Abbiamo finora parlato molto di sanità e speriamo che sia servito a capire che su di essa non si scherza e bisogna investire risorse materiali e umane. Ci siamo molto preoccupati dell’andamento economico nel suo riflesso sull’occupazione giovanile, ma anche sulla perdita del lavoro da parte di parecchie persone che rischiano di andare al di sotto di un livello di vita dignitoso ed accettabile. Abbiamo discusso poco di pensioni, dimenticando che si tratta del capitolo più influente sul nostro debito pubblico e partendo sempre dal presupposto che i diritti acquisiti non si possono toccare.

Sono convinto, anche a costo di mettere in discussione i miei più diretti interessi personali, che il sistema pensionistico lo dobbiamo rivedere, riequilibrare, risanare e proiettare nel futuro. Sono certo che sia necessario eliminare i privilegi: al di là di tutto e anche del fatto che il nostro sistema pensionistico sia di tipo mutualisticamente contributivo nel senso che ciascuno dovrebbe ricevere come pensione quanto ha accantonato durante la vita lavorativa. Restano delle diseguaglianze che gridano vendetta, delle pensioni d’oro e d’argento che vanno ridimensionate, delle pensioni da fame che vanno rivalutate ed adeguate. L’età pensionabile va seppur dolorosamente parametrata alla durata media della vita. Non si può continuare a pensare che chi ha avuto ha avuto e i giovani debbano rinunciare all’idea di una sacrosanta ed equa copertura previdenziale.

Non escludo che si debba fare un passo indietro e, nel caso, non sarà facile distribuire i sacrifici. Tutti dicono che occorre combattere le diseguaglianze, ma esse prevedono privilegi da abbassare e svantaggi da colmare. Prima che ce lo chiedano o addirittura ce lo impongano i partner europei, sarà bene che ne parliamo in casa nostra, anche se dovrebbe essere casa nostra anche l’Europa. Se ci si avvicina ad un gruppetto di persone anziane in libera e aperta discussione tra di loro, quasi sempre si constata che essi parlano di pensioni: si tratta del loro reddito, di un traguardo agognato e raggiunto, di un diritto da salvaguardare, di un argomento che li tocca nel vivo, di una situazione esistenziale. Ci sarebbe da rischiare il linciaggio a porre i discorsi di cui sopra, eppure…