Corsa ad ostacoli

Se è vero che la politica è l’arte del governare, in democrazia però per governare ci vogliono i numeri. L’attuale governo italiano, come prescrive la Costituzione, deve avere la fiducia delle Camere e, dal punto di vista numerico, tale fiducia, al Senato, viaggia sul filo del rasoio. Onestamente è un problema che ho sottovalutato partendo dall’assunto che il governo giallo-rosso presieduto da Giuseppe Conte non abbia alternative né sul piano politico né dal punto di vista numerico. Il centro-destra infatti non è in grado di esprimere una maggioranza parlamentare, mentre le maggioranze trasversali si è già visto che non possono reggere seriamente e i governi di unità nazionale rappresentano una chimera. Aggiungiamo che solo il pensare ad elezioni politiche anticipate in un clima emergenziale come quello che stiamo vivendo ha il sapore di una idea pazzesca.

Tuttavia si può governare con soli 162 voti sui 321 senatori presenti a Palazzo Madama? In teoria sì. Dopo le ultime defezioni in casa pentastellata la dotazione governativa è infatti di 162 voti, che sono la somma di 95 senatori M5S, 35 del Pd, 17 di Italia viva, 5 di Leu, 7 del gruppo Misto e 3 delle Autonomie. Come scrive Cesare Zapperi sul Corriere della sera, qualcuno sostiene che si possa raggiungere quota 165. Ma come? Ci si può arrivare se i tre senatori della Svp si schierano con la maggioranza senza se e senza ma. Una scelta che finora non hanno fatto. Il loro comportamento è cambiato. All’inizio, alla prima fiducia, i tre esponenti altoatesini si sono astenuti. Nelle ultime occasioni, invece, hanno votato a favore. Va ricordato che la SVP a Bolzano è alleata al centrodestra. E quindi su questi voti non si può dare nulla per scontato.

Un altro capitolo è quello dei senatori a vita che già in passato con il loro sostegno sono riuscita a tenere in piedi qualche governo. Attualmente, i senatori a vita sono 6: Giorgio Napolitano, Mario Monti, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia, Renzo Piano e Liliana Segre. Gli unici due che partecipano abbastanza assiduamente alle sedute del Senato sono Monti e Cattaneo. E in qualche circostanza, più il primo della seconda, hanno espresso il loro voto per il governo. Piano e Rubbia, invece, non sono quasi mai presenti e anche Napolitano e Segre, per ragioni diverse, partecipano raramente. Quindi, al tirar delle somme, la maggioranza può arrivare fino a 167 solo con il sostegno, non garantito né continuo, di Monti e Cattaneo.

È vero che si sta parlando di maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, che peraltro non è quasi mai richiesta dalle votazioni parlamentari, ma resta una notevole precarietà, che certamente non aiuta il già difficilissimo percorso governativo, caratterizzato da problemi oggettivamente drammatici e da contrasti politici piuttosto rilevanti. Sono parecchi i temi su cui M5S e PD non la pensano allo stesso modo e ciò ritarda e intralcia l’azione del governo, che, mai come in questo periodo, avrebbe bisogno di viaggiare speditamente.

Un governo politicamente claudicante, con parecchi ministri piuttosto deboli, con una maggioranza parlamentare che si sta assottigliando e potrebbe addirittura dover fare i conti con una “scissioncina” in casa grillina, che deve misurarsi con polemichette di giornata in casa piddina, che deve scansare il fucile sempre spianato dei renziani in cerca di freddo per il letto, che si deve confrontare con una opposizione distruttiva e indisponibile al dialogo, che non va d’accordo con i sondaggi, i quali danno i partiti di maggioranza in notevole calo di consensi rispetto ai numeri parlamentari, con la prospettiva di dover affrontare una situazione sociale esplosiva, con la necessità di varare un progetto di rinascita da far tremare le vene ai polsi, con rapporti comunque piuttosto problematici a livello delle istituzioni europee e soprattutto di certi Paesi che non mancano di buttarci la croce addosso, senza poter contare sulla sponda statunitense che ci ha sempre aiutato molto.

Il governo Conte, nonostante tutto, stando alle opinioni degli italiani emergenti dalle indagini demoscopiche, non dispiace alla gente, che, probabilmente, ne capisce le difficoltà e ne apprezza la buona volontà soprattutto per quanto concerne il senso di responsabilità del premier, fin troppo intento a curare la propria immagine sul piano mediatico. Giuseppe Conte gode più di buona considerazione popolare che di buona stampa. Personalmente non ne sono entusiasta anche se, ogni qualvolta lo sento parlare, mi viene spontaneo usare un’espressione paterna assai colorita: “Al n’é miga un gabbian”. La traduco perché non è di immediata comprensione: credo che il gabbiano venga considerato un uccello poco furbo dal momento che si ciba di quello che gli offrono le discariche dei rifiuti a cielo aperto. Purtroppo in politica di rifiuti in giro ce ne sono parecchi e se Giuseppe Conte riesce ad evitarli è già qualcosa.