La triste vecchiaia di una toga d’assalto

Antonio Di Pietro si lascia andare ad un giudizio severo sull’operato del Movimento 5 Stelle. Il consiglio che l’ex leader di Italia dei Valori dà ai grillini è diretto: tornare alle origini. “Io capo politico del M5S? Non c’azzecco niente. Ognuno ha il suo tempo e deve avere rispetto del tempo che passa. Il M5S è un movimento che se vuol sopravvivere deve tornare alle origini. Così com’è adesso sembra una Dc, con un parroco di provincia che lo sta amministrando, don Giuseppe (Conte, ndr) che ogni giorno ci propina la sua predica che potremmo andare a sentire la domenica alla messa cantata”. “C’è bisogno – prosegue Antonio Di Pietro, ospite di “Res Publica” su Radio Cusano Tv Italia – di un ritorno alle origini, di riprendere le tematiche che avevano avvicinato l’elettorato. Sotto questo aspetto l’unico che può smuovere le coscienze è Di Battista, l’unico capace di parlare a quel popolo”.

Se mi serviva una ulteriore prova per il mio collaudato giudizio sulla (in)capacità politica di Antonio Di Pietro e sulla inopportunità che i magistrati scendano in politica, mi è stato servito su un piatto d’argento. Considero inaccettabile, superficiale, pressapochista e sciocco il parallelismo tra l’odierna confusione pentastellata e il gioco correntizio nella democrazia cristiana (penso almeno che Di Pietro intendesse questo nel suo sbrigativo giudizio). La DC ha fatto la storia democratica del Paese e non può essere ridotta ad una caricatura, vale a dire un’accozzaglia di uomini alla ricerca del potere, sempre al limite della corruzione: questo ha visto, non senza esagerazioni, nelle sue inchieste, divertendosi un po’ troppo a impersonificare la DC in Arnaldo Forlani, un uomo alla sbarra con tanto di bava alla bocca. Antonio Di Pietro, come tutti i suoi colleghi magistrati, la deve smettere di ritenersi il proto-censore della Repubblica: hanno svolto un compito importante nella moralizzazione della politica, che aveva raggiunto livelli preoccupanti di corruzione, ma le loro inchieste non squalificano tout court un partito come la Democrazia Cristiana.

Quanto ai parroci di provincia e alle messe cantate, sappia che il movimento cattolico ha svolto una funzione culturale e politica di enorme portata in senso democratico seppure con sbavature clericali: non mi faccia quindi la parte dell’insopportabile e anacronistico laicista d’accatto.

Sull’apprezzamento per l’originaria identità popolare del M5S, vorrei tanto che Di Pietro me la spiegasse al di là del “cavalcamento strumentale” della protesta e del goffo e comico tentativo di rappresentare l’antisistema.  Proprio ora che questo inganno viene svelato ci vuole solo il cattivo gusto di Antonio Di Pietro per rivalutarlo e rievocarlo. Se poi la politica italiana a suo giudizio ha bisogno del genio e della sregolatezza di un Di Battista per smuovere le coscienze, vuol proprio dire che, anche per merito di un magistrato come lui, prestato per anni alla politica, siamo caduti molto in basso.

La parabola di pietriana è infine tutta lì a dimostrare come è molto meglio che i magistrati facciano bene il loro mestiere piuttosto che scimmiottare quello degli altri. Per fortuna Antonio Di Pietro afferma: “Io capo politico del M5S? Non c’azzecco niente. Ognuno ha il suo tempo e deve avere rispetto del tempo che passa”. Il problema è che lui non c’azzecca niente non solo con il M5S, ma con la politica in generale. Non è nemmeno capace di fare il notabile, c’è chi lo sa fare molto meglio di lui.

Sono stato un democristiano assai critico verso il partito fino ad uscirne il giorno in cui Forlani ne assunse la segreteria ed iniziò il triste periodo del Caf (Craxi- Andreotti- Forlani), che portò anche alla degenerazione ed istituzionalizzazione di un sistema di potere corrotto e corruttore: ciò non toglie che debba riconoscere i meriti storici di questo grande partito e di reagire a chiunque lo vuole ridurre a fenomeno di bassa lega.

Sul movimento cinque stelle non aggiungo niente, perché ne sto già scrivendo anche troppo: che Di Pietro faccia l’alter ego di Grillo è un’eventualità che non avevo messo in conto e che, tutto sommato, trovo persino divertente.

Ho grande rispetto per la funzione della magistratura e per la sua indipendenza, ne riconosco i meriti, i sacrifici, le coraggiose testimonianze: proprio per questo mi infastidiscono il giustizialismo e la lettura giudiziaria della politica. Non mi piacciono i padreterni con la toga, immaginiamoci i padreterni, che dismessa la toga, si lanciano in politica e, dopo aver mietuto pesanti insuccessi, si atteggiano a coscienza critica. Di cosa lo sanno solo loro.