I notabili in mutande

Secondo il linguaggio della politica, almeno quando io la bazzicavo dal di dentro, si definisce “notabile” un personaggio che ha rivestito notevoli incarichi e, in base all’esperienza acquisita, assume atteggiamenti e svolge ruoli da grillo parlante. Non ho mai avuto eccessiva simpatia per questi esponenti che intendono fare da coscienza critica ex post: è facile, comodo e, spesso, irritante. Il significato del termine non è infatti del tutto positivo, anzi è pieno di ironia e di compatimento.

Se la vogliamo buttare un po’ in ridere, durante l’ultima fase politica della vita di Francesco Cossiga, quella di “picconatore”, improntata alla disinibita, simpatica, acuta, ma sconclusionata e logorroica, denuncia dei mali della politica, Marcello Dell’Utri, con una delle sue celebri frasi, diede una definizione folgorante dell’ex presidente della Repubblica: «Ormai Cossiga può dire quello che vuole. È come il nonno di casa: fai finta di niente anche se esce in mutande». Ebbene i “notabili” sono i nonni, più o meno giovani, che si possono permettere di girare in mutande in mezzo alla politica.

Potrei fare tanti nomi, ma ne prendo in considerazione solo uno, che non ha ancora metabolizzato la improvvisa e ingiusta uscita di scena ad opera di un concorrente piuttosto spregiudicato e insofferente. Mi riferisco a Enrico Letta, il quale sbalzato fuori da palazzo Chigi, si è ritagliato uno spazio professorale e prepolitico, ma che non rinuncia di quando in quando a fare il saputello. Quale migliore occasione della gestione della pandemia, per la quale si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Letta sta snocciolando una serie di critiche e suggerimenti scontati, a livello nazionale ed europeo.

Ultima: “La Ue metta direttamente i soldi nelle tasche di imprese e cittadini. I fondi che si stanno negoziando in Europa non vengano distribuiti dai singoli Stati. Servirebbe a cambiare la percezione dell’Unione nell’opinione pubblica: c’è ancora troppo euroscetticismo in giro”. Posso essere d’accordo, ma non ci voleva la malcelata prosopopea di Letta per arrivare a tanto e soprattutto mi sembra un discorso troppo semplicistico, che banalizza il vero problema se si debbano finanziare e a quale titolo certi progetti qualificanti e riformatori.

Un altro grillo parlante molto gettonato a sinistra è Valter Veltroni: è indubbiamente bravissimo a chiacchierare nei salotti, a scrivere libri, a fare film, etc. etc. Quando uno si cimenta in troppe attività, gatta ci cova, perché rischia di non andare fino in fondo in niente e di girare un po’ a vuoto. La politica attualmente è così scarsamente e malamente interpretata che viene spontaneo rimpiangere gli ex, rivalutandone l’operato e il pensiero. Forse erano effettivamente migliori, anche se di false lapidi sono pieni i cimiteri.

In questi giorni di confusa vita politica ed istituzionale viene oltremodo spontaneo tornare ai grandi personaggi che hanno fatto la storia italiana: i De Gasperi, i Moro, i Dossetti, i La Pira, i Togliatti, i Fanfani, i Berlinguer, etc. etc. Durante il dibattito parlamentare sulla fiducia al primo governo Berlusconi nell’ormai lontano 1994, un esponente di Forza Italia (non ricordo il nome) polemizzò con l’opposizione di allora, costituita da forze di centro-sinistra non ancora riunificate nel partito democratico: “Rimpiangiamo il partito comunista”, disse polemicamente. Rispose altrettanto polemicamente Massimo D’Alema: “E noi rimpiangiamo la Democrazia Cristiana”. Chiuso nel mio piccolo guscio democratico a prova di bomba pentastellata, leghista, nazionalista, populista e sovranista, aggiungo: “E io rimpiango la democrazia cristiana e il partito comunista!”. A volte, ed è tutto dire, arrivo persino a rimpiangere Silvio Berlusconi: bisogna proprio dire che siamo caduti in basso.