Ucci ucci sento odor di affarucci

L’Obolo di San Pietro è un’offerta che i fedeli fanno alla Chiesa cattolica, in particolare al Papa, perché abbia i mezzi per provvedere alle necessità materiali della Chiesa. Sono questi soldi, donati dai credenti di tutto il mondo al Papa per finanziare opere di bene, che sono finiti nell’affare del palazzo di Sloane Avenue, a Londra. Sono in via di accertamento le responsabilità penali dei protagonisti di questa manovra, è partito un arresto, forse siamo lontani dalla conclusione di questa triste vicenda, che dà l’ennesimo segno di una finanza vaticana piuttosto discutibile e invischiata in operazioni speculative.

Non entro nel merito e mi limito a due riflessioni. Gesù guardava con molto scetticismo al tesoro del tempio in cui finirono persino i trenta denari del tradimento di Giuda. Esaltò il piccolo obolo della povera vedova e ridimensionò le grosse offerte dei ricconi, che oltre tutto ostentavano la loro stucchevole generosità. Scacciò i mercanti dal Tempio con una insolita violenza. Ai nostri tempi non sono i trafficanti ad invadere la Chiesa, ma è quest’ultima a introdursi nel mercato tramite trafficanti interni ed esterni ad essa. Sarò un ingenuo o un illuso, ma vedere il denaro delle offerte fatte al Papa finire in operazioni finanziarie di stampo speculativo, mi fa letteralmente schifo. Anche la Chiesa, mi si dirà, ha le sue esigenze materiali e quindi non può demonizzare il denaro, ma deve cercare di ottenerlo e farlo fruttificare per meglio svolgere i suoi compiti istituzionali e comunitari. Questo ragionamento non mi convince affatto.

“Pecunia non olet” è una frase attribuita a Vespasiano, a cui il figlio Tito aveva rimproverato di avere messo una tassa, la centesima venalium, sull’urina raccolta nelle latrine gestite dai privati, popolarmente denominati da allora “vespasiani”, tassazione dalla quale provenivano cospicue entrate per l’erario. Dall’urina veniva ricavata l’ammoniaca necessaria alla concia delle pelli. L’episodio completo vorrebbe che Tito avesse tirato alcune monete in uno dei bagni, in segno di sfida al padre: quest’ultimo le avrebbe raccolte e, avvicinatele al naso, avrebbe pronunciato le fatidiche parole. È una frase che viene cinicamente usata per indicare che, qualunque sia la sua provenienza, “il denaro è sempre denaro” o “il denaro è solo denaro”; nel senso che il mezzo non determina l’intenzione: la provenienza non darebbe alcuna connotazione positiva o negativa al mezzo/strumento che è il denaro e il nuovo uso del denaro potrebbe essere positivo o non disdicevole.

“La corruzione spuzza, la società corrotta spuzza e un cristiano che fa entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, spuzza”. Lo ha detto Papa Francesco nel discorso a Scampia, nella sua ottava visita pastorale in Italia. “Tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti. Nessuno di noi può dire ‘io mai sarò corrotto’. No, è una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza dei reati, verso la corruzione”. “Quanta corruzione c’è nel mondo – ha aggiunto il Pontefice -: è una parola brutta, perché una cosa corrotta è una cosa sporca. Se noi troviamo un animale che è corrotto è brutto, e puzza (il Papa ha usato il termine ‘spuzza’), la corruzione puzza e la società corrotta puzza”. Il Papa sostiene quindi che il denaro ha odore e facilmente puzza. E vale anche per il Vaticano!

La seconda riflessione riguarda l’esagerata attenzione ispettiva che il Vaticano riserva ai comportamenti pastorali innovativi e finanche conciliari di diverse entità operanti nel mondo cattolico: ultima e non ultima la comunità di Bose. E non si fa scrupolo di entrare a gamba tesa per correggere e bacchettare pesantemente. Se usasse la stessa pignoleria nel giudicare i comportamenti economici dei suoi incaricati d’affari, forse le cose andrebbero un po’ meglio e si sentirebbe meno la “spuzza” proveniente da certi ambienti e uffici vaticani.

Mia sorella aveva una sua paradossale e intrigante versione della morte di papa Luciani. Diceva: “Gli hanno fatto conoscere Paul Marcinkus e gli è dato un colpo…”. Probabilmente Giovanni Paolo I aveva sentito la puzza proveniente dallo Ior e ne era rimasto stomacato e sconvolto. Il discorso però purtroppo non è ancora finito. La scia dell’odore dei soldi continua a impestare la vita “di una certa Chiesa” nonostante le più buone intenzioni di papa Francesco.