L’offensivo modo di allontanare don Enzo Bianchi

Alla fine, dopo alcuni giorni di confronto interno, Enzo Bianchi, Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi hanno dichiarato di accettare, “seppure in spirito di sofferta obbedienza”, tutte le disposizioni contenute nel Decreto della Santa Sede del 13 maggio 2020. Lino Breda, invece, la quarta persona della comunità monastica di Bose a cui era stato chiesto l’allontanamento, aveva dichiarato di accettare il Decreto immediatamente, al momento stesso della notifica. Lo rende noto una breve nota pubblicata sul sito web della stessa comunità. Bianchi e gli altri tre “vivranno come fratelli e sorella della Comunità in luoghi distinti da Bose e dalle sue Fraternità”. L’allontanamento, quindi, non rappresenta un’uscita dalla comunità e, come aveva detto lo stesso Bianchi in un recente comunicato, è “temporaneo”.

Certo, al momento non si conoscono i dettagli del Decreto, ma stando al comunicato pubblicato dalla comunità sembra che così stiano le cose. Scrive la comunità: “Ai nostri amici e ospiti che ci hanno accompagnato con la preghiera e l’affetto in questi giorni difficili chiediamo di non cessare di intercedere intensamente per tutti noi monaci e monache di Bose ovunque ci troviamo a vivere”. E ancora: “Pregate per ciascuno di noi, e per la Comunità nel suo insieme, perché possa proseguire nel solco del suo carisma fondativo: fedele alla sua vocazione di comunità monastica ecumenica di fratelli e sorelle di diverse confessioni cristiane, continui a testimoniare quotidianamente l’evangelo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

In queste ore Enzo Bianchi ha fatto ancora sentire la sua voce via Twitter: “Giunge l’ora in cui solo il silenzio può esprimere la verità, perché la verità va ascoltata nella sua nudità e sulla croce che è il suo trono.  Gesù per dire la verità di fronte a Erode ha fatto silenzio. “Jesus autem tacebat!” sta scritto nel Vangelo”.

La mia pessimistica visione dei rapporti all’interno della Chiesa mi diceva che, purtroppo, avrebbe dovuto finire così, non per le nobili e alte motivazioni che Enzo Bianchi dà alla sua accettazione, ma per la realpolitik che caratterizza ancora il clima vaticano. Tutte le dotte dissertazioni sull’obbedienza lasciano il tempo che trovano.

Nei giorni scorsi tra chi aveva consigliato a Bianchi di assecondare la volontà del Vaticano c’era il gesuita padre Bartolomeo Sorge: resistere e ribellarsi alla decisione del Pontefice sarebbe «un errore fatale», ha dichiarato. A questo punto Enzo Bianchi «deve accettare con amore la sofferenza della prova. La ribellione e la resistenza sarebbero un errore fatale perché in questi casi si accetta la croce anche senza capirne le ragioni. Bianchi deve fare le valigie». Padre Sorge, pur non conoscendo il caso in tutte le sue pieghe e implicazioni, vede la firma di Dio: «Quando la Chiesa interviene, si bacia la mano della Chiesa che è nostra madre e non ha nessun interesse di massacrare un figlio. Poi si vedranno i frutti, le botte prese sono l’autenticazione dell’opera di Dio. Ecco perché a padre Bianchi consiglio di fare le valigie subito e di andare dove lo mandano, e di farlo con gioia».

Con grande rispetto per padre Sorge mi permetto di non essere affatto d’accordo. La storia insegna che la Chiesa ha spesso, come matrigna e non come madre, massacrato i propri figli e che l’obbedienza non è una virtù in assoluto, a prescindere dai contenuti e dalle motivazioni dell’ordine ricevuto.  Questa è l’obbedienza delle caserme e non delle comunità cristiane. Sorge ipotizza, giustifica e addirittura esalta una sorta di presuntuoso e paradossale masochismo cristiano. Credere, obbedire e combattere non è la regola evangelica, ma quella del fascismo. Ma forse tutto dipende dal fatto che Sorge è un gesuita e che la Compagnia di Gesù è un ordine religioso di chierici regolari, fondato nel sec. XVI da S. Ignazio di Loyola e il titolo di “compagnia” deriva dall’ordinamento che il genio militare dello stesso fondatore impresse al suo ordine.

Si chiude una bruttissima pagina ecclesiale per cui vedo sgorgare solo frutti cattivi da un albero che, se si giudica dai frutti che dà, dovrebbe essere considerato cattivo… Non intendo fare santo subito don Enzo Bianchi e demonizzare le gerarchie che hanno adottate la decisione: avrà sicuramente commesso errori, ma almeno consideriamo come ci sia modo e modo di riprendere chi sbaglia (ammesso e non concesso che sbagli). Come dice Dante Alighieri, mettendo queste parole in bocca a Francesca, “’l modo ancor m’offende”.