Il nocivo barzellettiere trumpiano

È dura, ma bisogna cercare di tenersi su. Non con l’infantile, se non ridicolo, slogan “andrà tutto bene”, regolarmente smentito dalle giornaliere centinaia di morti, ma seguendo le farneticazioni quotidiane di Donald Trump. Dopo la fase sovranista del ripiegamento degli Usa in casa propria, dopo la fase populista del “faso tuto mi”, complice il coronavirus siamo arrivati alle barzellette, alle quali, probabilmente, gli americani, reagiscono come avviene generalmente negli uffici quando le barzellette sono raccontate dal capo e tutti ipocritamente ridono per non piangere. Con una differenza sostanziale: mentre negli ambienti di lavoro il capo è imposto dall’alto e quindi bisogna sopportarlo obtorto collo, negli Stati Uniti il capo se lo sono scelto democraticamente (?) e magari si apprestano a confermarlo alla Casa Bianca.

La barzelletta, per definizione, è una storiella spiritosa che si racconta per provocare il riso o si pubblica a scopo umoristico su giornali o riviste. Può essere spinta, grassa, piccante, etc. etc. La barzelletta, quando è collocata in un contesto drammatico o addirittura tragico, diventa macabra e sconvolgente. Bisogna poi saperla raccontare con grande spontaneità, scegliendo il momento giusto, senza enfasi aggiunta, quasi con nonchalance, buttandola lì per vedere l’effetto che fa. Personalmente ne sopporto una, al massimo due, poi mi defilo. Purtroppo invece, quando si è in compagnia tutti si scatenano e ne scaturisce una deriva insopportabile e interminabile.

A proposito di barzellette ricordo un caro e simpatico collega: le raccontava così bene, che facevano ridere a prescindere dal loro contenuto. Una volta sbagliò addirittura il finale e, invece di un flop, ottenne un successo ancor maggiore in termini di risate fragorose degli ascoltatori.  E le barzellette di Trump? Sembrano tali, ma purtroppo sono tristi e penose esternazioni pseudo-politiche. Ogni giorno trova il modo di scaricare la colpa del coronavirus su qualcuno: dai cinesi e le loro manovre di regime siamo arrivati alla sbadataggine degli italiani nei controlli sui voli aerei. Tutti colpevoli, meno Trump! E gli americani? Staremo a vedere fra qualche mese, ma tutto purtroppo lascia intendere che ci credano. D’altra parte è lo schema comportamentale tipico dei populisti: trovare sempre un nemico su cui scaricare la responsabilità delle proprie disgrazie. Se non esiste, lo si crea.

Il discorso con la Cina assume a volte i toni di una vera guerra fredda: dai dazi al coronavirus, tutto sommato, fa gioco ad entrambi essere costantemente ai ferri corti. Per fortuna in questa ostilità preconcetta e strumentale verso i cinesi gli altri stati non si lasciano coinvolgere più di tanto e quindi il contrasto rimane come una sorta di spettacolo sul palcoscenico internazionale a cui il resto del mondo assiste con una certa cautela se non addirittura con noncuranza.

Quando è scoppiata la pandemia, mi sono detto che forse Donald Trump aveva finito di bluffare perché era arrivato chi ne scopriva i giochi. Invece niente di tutto ciò. È passato dal negare l’evidenza alla chiusura del sistema, dal bieco e liberistico “si salvi chi può” agli aiuti sparsi a piene mani, dalla cautela per la crescente ondata di decessi alla riapertura socio-economica a tutti i costi, dalle gag pseudo-scientifiche alle scommesse più o meno corrette sulla sperimentazione di terapie e vaccini, dall’egoistico “fai da te” a qualche strizzata d’occhi agli alleati europei, Italia compresa. È arrivata la pelosa promessa di aiuti al nostro Paese per contrastare il fantomatico piano Russia-Cina di conquistare l’Italia. Poi sul più bello la Camera dei deputati americani punta il dito contro l’Italia. Ci accusa di non aver fatto, o non aver fatto bene, i controlli che avevamo promesso sui passeggeri in partenza verso gli Usa, quando all’inizio di marzo l’epidemia di coronavirus stava esplodendo. Così ci mette in imbarazzo davanti al mondo, ci rimprovera di aver contribuito a diffondere la malattia in America, e rischia di provocare il risentimento del presidente Trump.

Il governo italiano ha tenuto un atteggiamento quasi da paese non allineato: in questo non so dare tutti i torti a Giuseppe Conte, costretto a prendere atto di una inaffidabilità americana ed europea e quindi portato a sgattaiolare in qualche modo alla ricerca di aiuti e sostegni a tutto campo.  Tattica molto pericolosa, ma d’altra parte forse imposta dalle alleanze storiche sempre più scricchiolanti e dalla debolezza italiana nel verificarle e sperimentarle concretamente. In un momento storico così drammaticamente compilato ci sarebbe bisogno di un quadro internazionale improntato alla serietà, alla coerenza e alla collaborazione. Invece, tutto il male vien per nuocere…