Le ombre nel governo

Dalla regolarizzazione dei migranti impiegati nei campi dipende “anche la mia permanenza nel governo”. Lo ha detto il ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, ai microfoni di “Radio Anch’io”, su Radio Rai1 Rai. “Per me questa non è una battaglia strumentale, queste persone non votano. In questo paese anche, in questa fase di crisi, tanti guardano al consenso, a fare misure per dire ‘ti ho dato, votatami’. Noi stiamo facendo una battaglia per quelli che non voteranno o che almeno non voteranno nei prossimi anni”, ha dichiarato. “Se la misura non passa questo, per me, è motivo anche di permanenza nel governo. Non sono qui per fare tappezzeria, ha continuato il ministro. Ci sono delle questioni che non si sono volute affrontare o che sono state affrontate in maniera sbagliata”, ha concluso.

“Tra le persone – ha spiegato Bellanova – c’è diffidenza perché per anni si è fatta passare l’idea che i diversi sono i nemici e che gli immigrati vengono qui a toglierci il lavoro. Sono invece fondamentali per portare avanti alcune attività’, non solo in agricoltura dove rischiamo sperperi enormi per la mancata raccolta, ma anche le badanti che assistono tante persone anziane”. “Puntiamo – ha proseguito la ministra – a concedere un permesso di soggiorno temporaneo per sei mesi, rinnovabile per altri sei, per le aziende e le famiglie che vogliono regolarizzare. Ci sarà anche un contributo per lo Stato, anche se non bisogna esagerare: si tratta di persone sfruttate per 3 euro l’ora facendo concorrenza sleale alle imprese che rispettano le regole”. Bellanova non si è espressa sulle stime che parlano di 600mila persone interessate da un provvedimento di emersione dal lavoro nero. “Non sono in grado di dirlo, si tratta di chi può avere un contratto. Partiamo dai lavoratori nei campi, altrimenti qualcuno si dovrà assumere la responsabilità di far marcire i prodotti nei campi, e dalle badanti”, ha osservato.

Battaglia sacrosanta! Ma perché farne oggetto di un (quasi) ricatto politico al premier? Dopo la Bonetti con le risorse alla famiglia arriva la Bellanova con gli immigrati: scelgono tribune mediatiche per esporre drasticamente le loro proposte e mettere all’angolo il governo lasciando, più o meno, intendere di essere con un piede dentro e uno fuori della compagine ministeriale. Mentre la ministra per la famiglia e le pari opportunità sembra rincorrere, in nome e per conto del M5S, il consenso elettorale, quella dell’agricoltura sembra tirare la volata agli ultimatum di Renzi.

Nel governo, sulla regolarizzazione degli immigrati come su molte altre questioni, non sembra esserci accordo, anche se il presidente Conte apre la finestra mentre altri chiudono la porta. I contrasti nella maggioranza di governo sono deleteri come non mai e portano acqua al mulino della destra, alla quale non par vero di ripiegare sulla solfa della durezza contro gli immigrati.

Quella regolarizzazione di massa dei clandestini non può e non deve passare. Inaccettabile. La Bellanova parla addirittura di 600mila immigrati, la scusa è trovata, la scorciatoia che la sinistra ha sempre cercato di percorrere. Giorgia Meloni non ci sta. E a “Fuori dal coro” su Rete4 replica in modo duro. «Sanatoria per i migranti irregolari? Su una cosa del genere siamo pronti a fare le barricate. Sarebbe una assoluta e totale follia». E sulla pagina fb: «Mentre migliaia di italiani e imprese ancora attendono i soldi promessi per andare avanti, la sinistra al governo continua ad avere come priorità una sanatoria per centinaia di migliaia di irregolari. Dobbiamo fermarli, subito».

A prescindere dal merito della questione, vale a dire dalla necessità di regolarizzare finalmente chi lavora in nero e viene “regolarmente” sfruttato e sottopagato, sulla quale esprimo il mio parere più che favorevole, faccio due riflessioni politiche. Una, chiedo scusa se mi ripeto, riguarda lo stile con cui si dovrebbe stare dentro un governo, senza rinunciare alle proprie specificità, ma anche senza pretese e ricatti continui, come se in politica, per ottenere qualche risultato, bisognasse usare l’arma del ricatto. Si dialoga, anche aspramente, ci si può scontrare nelle sedi proprie, poi si cerca il compromesso ai livelli più alti.

Questo peraltro dovrebbe essere il ruolo che al presidente del Consiglio assegna la Costituzione: dirigere la politica generale del governo, mantenerne l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovere e coordinare l’attività dei ministri. Ed eccomi alla seconda riflessione critica: Giuseppe Conte, subissato dai problemi dell’emergenza, sembra più proiettato a curare la propria immagine e a perseguire i propri obiettivi, che non a mediare positivamente fra le diverse posizioni esistenti. Aldo Moro, dall’alto della sua autorevolezza, si poteva permettere di tenere nel cassetto le dimissioni dei ministri, lasciandoli sfogare per poi recuperare da par suo le situazioni. Conte non ha questo carisma e quindi dovrebbe rassegnarsi ad un continuo e pressante lavoro di cucitura e ricucitura di cui si nota la mancanza. Tutti i giorni ce n’è una fresca. Non so fino a quando il governo potrà andare avanti confidando magari nella mancanza di alternative in un momento come questo.