La classe degli asini

Non intendo fare dell’ideologismo regionale, ma qualche considerazione, su come certe regioni si stanno atteggiando e comportando di fronte all’emergenza coronavirus, viene spontanea. È quanto meno singolare che gli amministratori pubblici delle regioni più colpite pretendano di svolgere un ruolo da primi della classe e di dettare tempi e modi dell’uscita dal lock down. Prima hanno fatto il diavolo a quattro per chiudere tutto, adesso spingono per aprire in fretta e furia: denominatore comune di queste posizioni contraddittorie è dare l’idea di essere i più bravi, i decisionisti, gli aperturisti, i capaci, soprattutto migliori del governo centrale, un covo di imbranati, tentennanti, burocratici e inadeguati. Sempre in prima fila a contendersi la scena con l’atteggiamento dei saputelli.

Mi riferisco a Lombardia e Veneto. Non mi avventuro in analisi socio-politiche alla ricerca dei motivi per cui il virus abbia attecchito di più in queste zone e sia tutt’ora più attivo. Non accetto però nemmeno di essere frastornato dalla lezione continua e fasulla dei governatori di queste regioni: si facessero un bell’esame di coscienza e la smettessero di sputare ricette facili. Molte cose non hanno funzionato e non stanno funzionando e quindi penso sia ora di smetterla con questo autonomismo del cavolo, riconducibile, stringi-stringi, alla strategia della Lega, tendente ad accreditarsi come buon governo regionale capace di fare il salto o di dare l’assalto al governo centrale.

È pur vero che l’unico volto spendibile dalla Lega, al di là della demagogia spicciola, è quello di un certo radicamento territoriale e di una classe dirigente periferica con un minimo di esperienza e credibilità. Da qui a rappresentare un ipotetico salto di qualità nella gestione della cosa pubblica la distanza è notevole. Il coronavirus è vissuto quindi come esame di ammissione governativa e quindi bisogna meritare, bene o male, i voti che consentano di spiccare il volo. Il gioco è scoperto e insopportabile. All’inizio mi ero illuso che questo bagno di protagonismo fine a se stesso potesse esserci risparmiato: troppo grande la prova per essere affrontata con questa logica politicistica. Invece, strada facendo, siamo caduti nella più bieca delle gare al regionalismo nordista bello e buono da contrapporre al centralismo brutto e cattivo.

Gli errori, i limiti, i difetti dell’attuale compagine governativa emergono con tutta evidenza da questa inedita e gravissima esperienza, ma ne trovo forse di più numerosi e gravi a livello regionale. Ognuno si guardi in casa propria. Staremo a vedere il casino che salterà fuori dalla fase due: Veneto spalancato, Lombardia aperta, Piemonte aperto ma non troppo, Emilia socchiusa, il resto d’Italia che sta a guardare. E la gente indecisa tra il garantismo sanitario e l’aperturismo economico.

Non mi sono mai piaciuti i primi della classe: a stento li sopportavo se davano una mano e lasciavano copiare i compiti. Figurarsi se mi piacciono quelli che si danno arie da primi della classe senza esserlo e magari pretendono di metter dietro la lavagna i poveri diavoli che cercano di arrabattarsi con scarsi risultati. Al maestro con scarsa personalità si possono fare tranquillamente le boccacce, salvo bollarlo come autoritario se osa dare qualche voto sul registro; se poi arriva un maestro severo bisogna dargli addosso e puntare ad un supplente. Se il supplente non c’è o non accetta l’incarico, tanto meglio per continuare a prendere in giro tutti. Evviva la scuola di governo!