Ciechi, sordi e ciarlieri

Il dato unificante della battaglia contro il covid 19 è l’incertezza: stanno e stiamo andando tutti a tentoni. È così per gli scienziati e gli esperti: non hanno idee univoche sull’origine e sulle caratteristiche del virus, sulle cause del contagio, sulle misure da adottare per difendersi, sulla sintomatologia, l’accertamento e la cura della malattia, sull’immunità post-malattia. La confusione è aggravata poi dal protagonismo degli esperti, che, nonostante tutto, sputano sentenze, si accapigliano fra di loro, cambiano parere in continuazione, ostentano improbabile sicurezza.

Di fronte a questo imbarazzante quadro scientifico, la politica non può far finta di niente, deve pure ascoltare, non può ignorare i pareri tecnici, fregarsene e andare avanti per la sua strada. Certo, un conto è appiattirsi sulle analisi scientifiche, un conto è considerarle per arrivare a decisioni di governo. Gli atteggiamenti possono oscillare dalla delega (quasi) in bianco verso gli esperti al decisionismo a tutti i costi (quasi) a prescindere dalle indicazioni ricevute dagli esperti stessi. In tutti i casi si è comunque schiavi dell’incertezza.

Chi governa è incerto sul da farsi, finisce forse per dare un colpo al cerchio della salvaguardia della salute ed un colpo alla botte della ripresa economica. L’arte del compromesso si fa disperata e irreversibile. Si sbaglia sempre e comunque e gli errori si pagano carissimi. La gente sta a guardare, aspetta, comprende l’enormità della questione, ma vorrebbe cercare di uscirne il prima possibile, leccandosi le ferite più o meno inguaribili.

L’opposizione politica, esterna ed interna al governo (e questa è un’ulteriore grave anomalia) guarda le travi nell’occhio dei governanti, ma trascura le proprie, non ha controproposte serie da mettere in campo, oscilla fra il lisciare il pelo alla gente esasperata e l’attaccare strumentalmente ed esageratamente l’operato del governo. Si va dai dubbi sulla costituzionalità dei provvedimenti alla loro efficacia, dall’accusa di balbuzie europeistica alla voglia sovranista di rivendicare una velleitaria autonomia, dall’enfasi regionalistica alle accuse di centralismo e burocratismo. Due ciechi che camminano insieme certamente vanno a sbattere contro un muro o vanno a finire in un fosso. Gesù dice chiaramente: “Un cieco non può guidare un altro cieco”. Cosa accadrà a governo e opposizione che dovrebbero camminare insieme e non sanno realmente cos’è il coronavirus? Certamente vanno a finire nel fosso delle liti da cortile e nel baratro della totale ingovernabilità.

Le forze economiche e sociali, imprigionate più che mai nelle loro visioni particolari e corporative, soffiano sul fuoco delle proteste, rinunciando completamente all’improprio ruolo politico che comunque spetterebbe a loro, preoccupate soprattutto di recuperare e salvaguardare la funzione di rappresentanza peraltro persa da parecchio tempo.

Ritorno al punto di partenza: tutti vanno a tentoni, dando l’illusione di possedere ricette facili per problemi difficilissimi. È brutto ammettere di andare a tentoni, meglio cercare di spacciare l’immagine di chi è sicuro nelle proposte e nelle decisioni. E giù dichiarazioni in libertà, accuse immotivate, difese arroccate, dialoghi fra sordi, come quello raccontato sarcasticamente da mio padre.

A volte, proprio per segnare marcatamente il distacco con cui seguiva i programmi TV, si alzava di soppiatto dalla poltrona e, quatto- quatto, se ne andava. Mia madre allora gli chiedeva: “Vät a lét?”. Mio padre con aria assonnata rispondeva quasi polemicamente: “No vagh a lét”. Era un modo per ricordare la gustosa chiacchierata tra i due sordi. Uno dice appunto all’altro: “Vät a lét?”; l’altro risponde: “No vagh a lét”. E l’altro ribatte: “Ah, a m’ cardäva ch’a t’andiss a lét”.

Visto che siamo in tema di sordità, tanto per sollevare il morale, ricordo come nel bar frequentato abitualmente da mio padre ci fosse qualche persona un po’ dura d’orecchi, uno in particolare dotato di apparecchio acustico. Gli amici, i primi tempi di utilizzo dell’aggeggio, chiedevano al ringalluzzito compagnone: “Gh’ät piè la radio? Parchè s’a te gh’la zmors a t’ podèmma där dal stuppid”.

Gli apparecchi acustici dei protagonisti della vicenda coronavirus sembrano tutti spenti e quindi tutti possono darsi dello stupido con una certa disinvoltura. Purtroppo i problemi restano e non possono aspettare che i protagonisti della vicenda riacquistino l’udito e misurino le parole.