La piccante similitudine delle quindicine

Ho titolato il commento di ieri usando (im)propriamente il termine “casino” riferito alla situazione che costituisce il contesto in cui si inseriscono le restrizioni adottate per il comportamento dei cittadini in chiave anti-coronavirus. Ebbene, nei bordelli italiani ogni 15 giorni “ruotavano” le ragazze (per offrire ai clienti una certa varietà, ma anche per evitare complicazioni sentimentali). E quando arrivava la “nuova quindicina” trovava il modo di farsi vedere in giro per eccitare la fantasia dei maschi del paese…

Proseguo quindi la piccante similitudine (che non vuole essere offensiva, ma soltanto incisiva) alla luce delle novità legislative sfornate dal governo a sostegno delle imprese bastonate dall’emergenza e in piena crisi produttiva, commerciale e fiscale: sembra che siano stati adottati provvedimenti di una certa consistenza a livello di ricorso e sostegno al credito. Bene, speriamo sia terminata la quindicina delle “ragazze” inconcludenti ed iniziata quella delle “ragazze” che eccitano la fantasia delle imprese. La strada è quella della concretezza con iniezioni di fondi e fiducia.

Non mi iscrivo mai al partito dei disfattisti o dei brontoloni, ma il diritto di critica me lo conservo gelosamente e lo esercito generosamente: bisogna smetterla di fare confusione e agire con tempestività e precisione. Adesso si aprirà la partita dei tempi entro cui persone e aziende riusciranno a concretizzare gli aiuti previsti e stanziati. Speriamo che la burocrazia non entri in campo con le solite lungaggini, costruendo intorno agli aiuti il solito ginepraio di cervellotiche e incomprensibili regole applicative, perché il tempo, più che mai, è denaro. Non cominciamo, per pietà, a sfornare moduli a raffica, a tempestare la gente con inutili procedure: danaro fresco prima che sia troppo tardi.

Si parla tanto di fasi: da quanto ho capito, quella dell’emergenza difensiva, quella della convivenza costruttiva, quella della normalizzazione progressiva. Mi sembra inopportuno schematizzare per non creare aspettative azzardate se non colpevoli illusioni. La scienza e la medicina dovranno fare il loro percorso a supporto della battaglia. Speriamo non subentrino paralizzanti competizioni, assurde gelosie, affaristiche manovre. Aspettiamo con fiducia il corso virtuoso della ricerca, della sperimentazione e della auspicabile vaccinazione.

Nella mentalità corrente mi sembra si scontrino due atteggiamenti, magari aggrovigliati o sovrapposti: da una parte la comprensibile voglia di tornare in fretta ad un simulacro di normalità, che renda vivibile l’esistenza alquanto sconquassata, con tutti i rischi di una frettolosa ed irresponsabile fuga dall’emergenza; dall’altra parte la consapevolezza che purtroppo (?) la situazione non sarà più la stessa: anche un eventuale vaccino non potrà passare un colpo di spugna sull’esperienza e sulla sofferenza drammaticamente vissute.

Mentre le prime due fasi di cui sopra si misureranno in termini di quindicine di mesi, l’ultima la vivremo, se andrà bene, in quindici anni o più. Non so cosa cambierà, ma prepariamoci a rivedere schemi di ragionamento, sistemi di organizzazione sociale, regimi di mercato, assetti produttivi, rapporti internazionali, etc. etc. Potrebbe essere una epocale opportunità se vissuta in modo positivo, una ulteriore causa di insofferenza e difficoltà se subita in modo negativo. Prepariamoci tutti, perché il bello (almeno speriamo sia così) deve ancora venire: sarà un mondo più giusto ed equo o avremo una società sfilacciata e sbracata? Per tornare alla similitudine iniziale, si aprirà una nuova quindicina, probabilmente di anni. Lasciamo perdere con quali e quanti ruoli e protagonismi. Chi vivrà, vedrà e soprattutto agirà. Dovremo far funzionare la fantasia possibilmente eccitata da una classe di governo caratterizzata, come sostiene Walter Veltroni, dalla competenza: sì, probabilmente alla fame di valori si dovrà rispondere anche con il cibo e il fascino della conoscenza e della capacità realizzativa.