Tutti hanno capito che i numeri ufficiali delle persone contagiate dal coronavirus sono sottostimati, perché vengono fatti i tamponi solo ai sintomatici sufficientemente gravi, ma non ai sintomatici che stanno a casa, e agli asintomatici. Anche i decessi, molto probabilmente, non sono registrati con precisione e completezza. Alla fine uno si chiede se valga la pena continuare a sparare cifre, che lasciano il tempo che trovano e ancor più se sia serio imbastire su di esse proiezioni e previsioni.
Nei giorni scorsi Luca Foresti, amministratore delegato del Centro Medico Santagostino, fisico e matematico, ha dimostrato insieme al sindaco di Nembro Claudio Cancelli che i decessi causati dal coronavirus sono almeno quattro volte quelli ufficiali. Dopo di che ha elaborato una stima dei contagi che li pone molto al di sopra delle cifre ufficiali: «Secondo i miei calcoli gli italiani che hanno contratto il virus al 27 marzo sono almeno 11 milioni e 200 mila. Visto che i casi accertati alla stessa data con i tamponi sono 86.498, significa che stiamo vedendo lo 0,7% dei contagiati reali».
Il calcolo è stato fatto in modo indiretto: partendo dalla letalità del virus, che si sa essere intorno all’1% anche se in Italia sembra più alta. Come si arriva ai contagiati? Partendo dai decessi il cui numero sembrerebbe essere sottostimato perché non tiene conto delle persone che muoiono a casa o nelle residenze per anziani. Al 27 marzo i morti ufficiali per Covid-19 erano 9.134. Per avere quelli reali li hanno moltiplicati per 4 (un moltiplicatore emergente da un’indagine a campione sul comune di Nembro): sono 36.536 decessi. Se muore solo l’1% dei contagiati, vuol dire che quel numero di morti corrisponde a 3.653.600 persone positive. Il tempo medio che passa tra quando una persona viene contagiata e quando muore sono 23 giorni. Nel frattempo però le infezioni continuano a diffondersi. Quindi 3.653.600 è il numero di contagiati di 23 giorni prima. Stimando un aumento medio dei contagi del 5% al giorno, si arriva a 11.222.119. Circa un italiano su sei sarebbe quindi contagiato dal virus.
Da profano, prendendo con beneficio d’inventario e con tutti i dubbi del caso le suddette stime e magari considerandole al ribasso e facendo loro la tara, posso azzardare che il virus sarebbe soprattutto e prima di tutto molto più contagioso di quanto si pensi, probabilmente al di là dei meccanismi fino ad ora considerati: il dubbio viene anche vedendo, checché se ne dica, lo scarso e lentissimo risultato ottenuto finora dalle ristrettezze imposte ai comportamenti della gente. Non voglio pensare che le regole varate siano inutili, ma che forse non siano assolutamente risolutive. Se poi il contagio è così largo e diffuso, la mortalità, molto alta in assoluto, diventa percentualmente assai più contenuta e meno disastrosa.
Valutando superficialmente e banalmente la lezione cinese, si evidenzia come in quel Paese abbiano combattuto il virus con tre fondamentali strumenti: mascherine e altri presidi; screening allargati; disinfestazione di locali, ambienti e finanche strade. Manco a dirlo i tre punti critici nell’azione delle autorità italiane. Le mascherine dovrebbero essere distribuite gratuitamente o almeno a prezzo accessibile nelle farmacie (come si fa con i preservativi), mentre invece, a distanza di oltre un mese dallo scoppio dell’epidemia, sono ancora scarse persino per gli operatori sanitari; i tamponi vengono eseguiti col contagocce (ad esempio e clamorosamente, i soggetti che superano la malattia a casa propria spesso non vengono testati né all’inizio né alla fine del periodo e quindi possono ulteriormente mettere a rischio loro stessi e gli altri); di disinfestazione poi nemmeno un barlume.
Non voglio fare la parte del saputello, di quelli che mio padre sferzava da par suo: “Coi che all’ostaria con un pcon ad gess in sima la tavla i metton a post tutt; po set ve a vedor a ca’ sova i n’en gnan bon ed far un o con un bicer…”. Qualcosa che tocca però c’è. Le cifre che ci vengono propinate hanno una portata molto, troppo limitata se non addirittura fuorviante; l’azione di contenimento è burocratica e pressapochista; la cura degli ammalati è drammaticamente insufficiente e confusionaria, coperta con l’abbondante retorica cucita addosso ai pur valorosi operatori sanitari; i cittadini hanno la crescente sensazione di non essere adeguatamente guidati, supportati e curati; non esiste un minimo di lucidità strategica per il futuro; alla valanga di informazioni fa riscontro una carenza di precise indicazioni. So benissimo che il quadro è di una complessità pazzesca, ma proprio per questo occorrerebbe maggiore attenzione e soprattutto maggiore capacità di governare la situazione a livello interno ed internazionale. Non invidio chi governa, anche se non posso evitare di vederne limiti, difetti e carenze.