Conoscevo una persona che aveva rapporti alquanto litigiosi con la moglie al punto da soprannominarla “Francia”. La simpatica trovata la dice lunga sulla difficile coesistenza pacifica coi cugini francesi. La storia è ricca di contrasti tra Italia e Francia anche a livello di convivenza europea: i governanti francesi, e Macron non è da meno, hanno sempre cercato alleanze tattiche con la povera Italia, salvo strizzare l’occhio alla ricca Germania tentando di sfruttarne opportunisticamente la scia. Tenere i piedi in due paia di scarpe è un comportamento deplorevole, nel quale i francesi si sono dimostrati maestri.
Basterà il coronavirus a convertirli ad una strategia lineare e coerente a livello europeo? Macron ha dichiarato: «La Francia è al fianco dell’Italia. L’Europa smetta di essere egoista. L’Ue rischia di morire se non agisce. Con Conte e Sanchez diciamo: debito comune e aumento del bilancio». Il Presidente francese ha accettato di rispondere a una serie di domande scritte di Stampa, Repubblica e Corriere della Sera nella prima intervista a media stranieri da quando è cominciata l’emergenza sanitaria, nel momento cruciale in cui l’Europa si divide sulla risposta da dare alla crisi.
Gli è stato chiesto: “Con il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte avete chiesto al Consiglio europeo la creazione di eurobond per fronteggiare una crisi epocale. Germania e Olanda hanno fatto blocco. C’è un rischio d’implosione dell’eurozona e dell’Unione europea?”. Macron ha risposto: «Con Giuseppe Conte, Pedro Sanchez e altri sei capi di Stato e di governo, abbiamo indirizzato, prima del Consiglio europeo, una lettera a Charles Michel per inviare un messaggio chiaro: non supereremo questa crisi senza una solidarietà europea forte, a livello sanitario e di bilancio. Questo è il punto di partenza. Gli strumenti vengono in seguito e dobbiamo essere aperti a questo proposito: può trattarsi di una capacità di indebitamento comune, quale che sia il suo nome, oppure di un aumento del bilancio dell’Unione europea per permettere un sostegno reale ai paesi più colpiti da questa crisi Dieci Paesi dell’eurozona, rappresentanti del 60 % del suo PIL, hanno esplicitamente sostenuto quest’idea, è la prima volta! Alcuni Paesi, tra cui la Germania, hanno espresso le loro reticenze. Abbiamo deciso di continuare questo fondamentale dibattito, al più elevato livello politico, nelle prossime settimane. Non possiamo abbandonare questa battaglia. Preferisco un’Europa che accetti divergenze e dibattiti piuttosto che un’unità di facciata che conduce all’immobilismo. Se l’Europa può morire, è nel non agire. Come Giuseppe Conte, non voglio un’Europa del minimo comune denominatore. Il momento è storico: la Francia si batterà per un’Europa della solidarietà, della sovranità e dell’avvenire».
Finalmente!? Staremo a vedere. Resta il problema di ottenere un cambio radicale di indirizzo da parte della Ue, rimane il forte rischio di una vergognosa spaccatura con i Paesi rigoristi ancorati ad una visione manichea ed egoistica, che nemmeno la tragedia sanitaria comune riesce a scalfire. La tentazione di mandare al diavolo i sedicenti primi della classe è forte, ma purtroppo l’Italia non può, oserei dire non deve, pensare di fare da sola. Non riesco a capire quale siano le motivazioni dell’atteggiamento reticente di certi Paesi, tra i quali spicca la Germania. Forse l’idea di poter essere risparmiati dalla pandemia? Forse il pensiero della formica che non vuole aiutare la cicala nemmeno quando sta morendo? Forse la paura di essere trascinati nel gorgo di un sistema finanziario alla deriva? Forse l’illusione di salvarsi isolando le mele ammaccate se non marce?
Fatto sta che i perbenisti hanno preso tempo e persino il presidente della Repubblica Italiana, seppure con il garbo e lo stile che lo contraddistinguono, ha dovuto fare pressing dicendo: «La risposta collettiva che il popolo italiano sta dando all’emergenza è oggetto di ammirazione anche all’estero, come ho potuto constatare nei tanti colloqui telefonici con Capi di Stato stranieri. Anche di questo avverto il dovere di rendervi conto: molti Capi di Stato, d’Europa e non soltanto, hanno espresso la loro vicinanza all’Italia. Da diversi dei loro Stati sono giunti sostegni concreti. Tutti mi hanno detto che i loro Paesi hanno preso decisioni seguendo le scelte fatte in Italia in questa emergenza. Nell’Unione Europea la Banca Centrale e la Commissione, nei giorni scorsi, hanno assunto importanti e positive decisioni finanziarie ed economiche, sostenute dal Parlamento Europeo. Non lo ha ancora fatto il Consiglio dei capi dei governi nazionali. Ci si attende che questo avvenga concretamente nei prossimi giorni. Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente. Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse».
Cosa posso aggiungere? Niente, se non l’auspicio che almeno “i poveri” sappiano fare veramente fronte comune per costringere “i ricchi” a ragionare. Temo però che qualche povero possa correre a raccattare le briciole che cadono dalle tavole più o meno imbandite. Spero tuttavia che qualche ricco capisca come a tavola si stia bene quando si va d’accordo, diversamente il cibo, prima o poi, può andare di traverso.