Il vizio burocratico a prova di coronavirus

Un’amica mi ha confidato di impiegare parte del tempo di clausura alla riscoperta de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Il suo racconto della peste a Milano è di un’attualità e profondità sconcertanti. Mi permetterei di aggiungere e sottolineare anche il discorso delle “grida” manzoniane, vale a dire le comunicazioni ufficiali (disposizioni, editti, avvisi pubblici) emesse dall’autorità e “gridate” sulla pubblica piazza da apposito banditore. Queste servivano solo a dare una parvenza di ordine e governabilità, ma in realtà erano disattese e lasciavano le cose come stavano, anche perché spesso si rivelavano confuse e inapplicabili.

Non voglio essere spietato, ma, a parte i difetti e le strumentalizzazioni a livello comunicativo, le incertezze e i tentennamenti a livello decisionale, il casino di decreti governativi, ministeriali, regionali e comunali, emanati in conseguenza del coronavirus, sta diventando grottesco: un ginepraio di regole, che cambiano in continuazione, che si sovrappongono, che impongono la compilazione di moduli su moduli, che aggiungono problema a problema. Non mi azzardo a sostenerne la inutilità, ma mi sento in dovere di sottolinearne l’assurda complessità. Abbiamo un presidente del consiglio insigne giurista, un ministro degli interni alto funzionario dello Stato, fior di tecnici a livello centrale e periferico che traducono in disposizioni legali gli indirizzi di governo: alla fine emerge, mi ripeto, un gran casino, che si aggiunge alle drammatiche e tragiche preoccupazioni di tutti. La situazione imporrebbe poche regole chiare e tempestive, mentre abbiamo troppo regole confuse e tardive. Siamo stati forse fin troppo sbrigativi nel bypassare il Parlamento, forse abbiamo bellamente stravolto le fonti del diritto, abbiamo praticamente commissariato tutto e tutti, poi ci blocchiamo con i decreti in mano, ne stiamo facendo un mix ingestibile e ci meravigliamo che la gente continui a”riempire” le strade.

Per la mia collaboratrice famigliare si tratta del terzo modulo che compiliamo insieme: roba da matti. Se è vero che la vena trasgressiva degli italiani non muore nemmeno di fronte al coronavirus è altrettanto vero che mettere sul piatto una pletora di provvedimenti è un portare a nozze chi vuole irresponsabilmente trasgredire agli ordini. Per non parlare della task force messa in campo per i controlli: si parla più di questa che di quella impegnata sul fronte sanitario. Energie e risorse sprecate in un momento di così grave emergenza? Almeno in parte sì. È pur vero che se tutti si comportassero correttamente non ci sarebbe bisogno di simili sguinzagliamenti a livello di controllo e di conseguenti denunce e ammende. Vorrei sapere come fa, umanamente parlando, un poliziotto a verificare che la persona controllata stia effettivamente andando a fare acquisti di generi di prima necessità o di farmaci. Al ritorno potrebbe essergli richiesto di esibire scontrini e merce, ma all’andata? Con tutto il rispetto e la comprensione per le forze dell’ordine, siamo poi sicuri che chi controlla abbia la conoscenza e la preparazione per farlo. Non succederà che partano denunce assurde per poveri cristi sorpresi sulla strada e incapaci di giustificare al meglio la loro presenza?! Di tutto abbiamo bisogno meno che di un contenzioso legale e burocratico a margine della pandemia.

Il coronavirus finirà, almeno si spera, ma non finirà il vizio burocratico del nostro Paese: la mentalità, non tanto di chi governa, ma di chi organizza e gestisce le strutture pubbliche, è irrimediabilmente legata allo sportello dietro cui si annida un cerbero, che ci assilla con moduli, dichiarazioni, procedure e formalità. Non voglio nemmeno pensare al casino che ci sarà per l’assegnazione e la distribuzione dei fondi a sostegno di quanti sono stati danneggiati dalle restrizioni dovute al coronavirus. Non voglio esagerare, ma potrebbe succedere, come per i terremoti: quando arriva un altro terremoto, la gente sta ancora aspettando gli aiuti del precedente.

Molti sostengono a ragione che i fondi stanziati per ora siano pannicelli caldi: forse non hanno tutti i torti. Servono interventi massicci senza guardare alle coperture di bilancio. Cosa potrebbe succedere però? Ottenere a gran voce aiuti dalla Ue, stanziare fondi a tutta canna, chiedere l’aiuto anche dei privati, per poi impantanarsi nelle pastoie burocratiche, mentre ci sarebbe bisogno di grande celerità per rimettere rapidamente in moto la macchina. In questi giorni sono preoccupato, si fa per dire, per la batteria del mio automezzo, costretto all’immobilità nel garage di casa. Quando girerò la chiavetta, probabilmente non andrà in moto e dovrò far intervenire un qualche amico dotato dei cavi per la ricarica o un elettrauto che mi venga a sostituire la batteria stessa. Problema piccolo, seppure fino ad un certo punto. L’ho introdotto per far capire che probabilmente, quando sarà il momento di riavviare il motore dell’economia, potremmo avere le batterie scariche, vale a dire i fondi ancora nella casse in attesa del modulo, della dichiarazione, delle firme, dei controlli etc. etc.