Ma l’amore, no

Per alleggerire la tensione mi viene in simpatico soccorso una gustosa gag di mio zio. Affermava con enfasi: «Al gh’arà un bel dir al me dotor… “ormai col malé chì al mora”, parchè mi continuarò a respirär e vedrema chi la vensa». Assomigliamo un po’ tutti allo zio Mario in questo periodo in cui un virus si permette di attentare alla nostra vita, ma lui non sa che noi abbiamo sette vite come i gatti. Al di là della testardaggine respiratoria, che purtroppo non regge (proprio lì il virus infatti ci colpisce), abbiamo altre frecce al nostro arco, poco sanitarie ma molto efficaci.

In un serrato dialogo ho detto al coronavirus: “Caro nemico, tu mi puoi togliere, anzi mi stai togliendo, la serenità d’animo, la voglia di ridere, quel po’ di ottimismo che mi rimaneva. Se proprio insisti, puoi compromettermi la salute fino ad isolarmi in un letto d’ospedale. Vai pure avanti e prenditi anche la mia vita, negandomi persino una sepoltura in terra consacrata. Io però ho due cose che non potrai mai rubarmi. Quali? Te le posso confessare tranquillamente perché contro di esse non puoi fare nulla, sono vaccini che funzionano a prova di bomba e davanti alle quali non ti resterà che arrenderti: avrai l’illusione di avere vinto, ma in realtà avrai sempre e comunque perso la tua schifosa guerra. Si tratta dell’amore che do e ricevo attualmente da una persona in particolare, ma anche da tante altre che mi hanno voluto e mi vogliono bene nonostante i miei limiti e difetti. Se ti piacciono le canzoni, anche se hai già capito benissimo dove voglio arrivare, te ne canticchio una che fa così:

Ma l’amore, no. L’amore mio non può disperdersi nel vento, con le rose. Tanto è forte che non cederà, non sfiorirà! Io lo veglierò, io lo difenderò da tutte quelle insidie velenose che vorrebbero strapparlo al cuor!

E l’altra arma? Ancora più potente e invincibile! Si chiama fede in Dio e nel suo amore. Tu pensi di togliermela? Levatelo dalla testa! Ti faccio rispondere nientepopodimeno che da san Paolo, il quale nella sua lettera ai Romani scrive così:

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

Nell’opera lirica “La gioconda di Amilcare Ponchielli su libretto di Arrigo Boito, il doge Alvise, scoperto il tradimento della moglie Laura, giura di vendicarsi («Si, morir ella de’!»). Sarà una vendetta terribile, degna di un Badoéro: che le danze (la famosa danza delle ore) della festa gioiscano pure, lì il marito tradito deve vendicare il proprio onore. Decide però di non sporcarsi le mani, sarà lei stessa a darsi la morte con un veleno. Quindi fa convocare Laura e la lusinga nascondendo a malapena la sua ira: egli accenna ironicamente appena al suo tradimento («Bella così madonna, io non v’ho mai veduta»), e Laura, insospettita, gli chiede il motivo di tale comportamento («Dal vostro accento insolito cruda ironia traspira»). Alvise, al massimo dell’ira, la costringe a dire la verità, e poi le urla che morirà subito. Mentre Laura lamenta il suo destino («Morir, morir è troppo orribile»), Alvise le mostra la sua bara. Da fuori risuona una canzone intonata dai gondolieri («La gaia canzone fa l’eco languir e l’ilare suono si muta in sospir»). Alvise la obbliga a bere un veleno prima che il canto giunga alla sua ultima nota, ma di nascosto Gioconda sopraggiunge e convince Laura a bere da un’altra boccetta, che contiene un potente narcotico che «della morte finge il letargo».

Sì, questo è il controveleno fantasioso, efficace e, in un certo senso, sacrificale di Gioconda. Come ti ho detto, io ne ho ben due che si possono mescolare insieme e diventano ancor più potenti ed irresistibili. Sappiti regolare: quel che vale per me, vale per tutti, quindi forse è meglio che tu lasci perdere, ci lasci in pace e non sprechi il tempo in lungo e in largo”.