La certezza e il diritto di avere tanti dubbi

Il discorso della lotta contro il coronavirus parte, a detta di tutti, dalla priorità assegnabile alla difesa della salute fisica della persona. Innanzitutto però ogni persona non è un’isola, semmai insieme costituiamo un arcipelago. Quindi, la persona va vista in tutte le sue componenti esistenziali e in tutte le sue relazioni umane e sociali. Espongo di seguito i miei atroci dubbi in modo anche assai provocatorio e sconsiglio la lettura non tanto ai deboli di cuore, ma a chi non ha tanta santa pazienza. Invidio chi snocciola certezze etiche, della serie “Siamo in guerra e bisogna ubbidire alle autorità”, “Tutto può succedere in guerra”, “Anche la religione deve cedere il passo”, “Il senso di responsabilità è parte integrante della carità cristiana”. Mi permetto di mettere in discussione tutte queste perentorie affermazioni, dando libero sfogo alla mia anarchia umana e forse anche cristiana. Ecco i miei dubbi, nessuno mi può negare il sacrosanto diritto di averli e di esprimerli a costo di sembrare uno sclerotico bastian contrario. E non mi si chiedano ricette alternative immediate, perché non ne ho.

È difesa della persona isolarla per poterla curare, al punto da vietarle ogni e qualsiasi contatto con le persone della sua famiglia, al punto da lasciarla morire sola come un cane, al punto da impedirle ogni e qualsiasi corrispondenza religiosa, al punto da seppellirla anonimamente, prima in un reparto ospedaliero e poi in un cimitero? La migliore risposta me l’ha fornita un amico dopo la morte della moglie: “Caro Ennio, ti ringrazio delle tue parole di conforto, lo sapevamo che poteva succedere repentinamente, ma non poterla vedere e dirle che io l’amavo più della mia vita sarà una tristezza che mi porterò fino alla fine dei miei giorni, ciao e grazie”.

È difesa della persona spargere a piene mani un folle panico, costringendo le persone ad una sorta di quarantena indiscriminata e generalizzata, bombardandola di notizie contrastanti e di suggerimenti pedanti e contraddittori? Oltre che multare i trasgressori del coprifuoco non sarebbe il caso di multare i media che stanno facendo affari d’oro seminando zizzania in un vomitevole circo della paura? La Rai, anziché torturarci con il sacrosanto invito a rimanere in casa, non svolgerebbe meglio il suo compito di servizio pubblico cercando di offrire sane occasioni culturali, pescando il meglio nei suoi abbondanti archivi: ci aiuterebbe ad allentare la tensione e a puntare su discorsi positivi.

È difesa della persona snocciolare dati più o meno significativi in una apocalittica escalation informativa, che non serve a niente se non ad auto-elogiare lor signori, che, in realtà, brancolano nel buio più fitto e a dimostrare di avere sotto controllo una situazione che non si sa da che parte prendere e che sfugge da tutte le parti?

È difesa della persona ascoltare le vuote dissertazioni scientifiche in un dibattito surreale fra addetti ai lavori, che esibiscono soltanto ipotesi astratte per non ammettere umilmente di non avere spiegazioni e ricette plausibili? Se non sanno cosa dire, se ne stiano zitti. Sono capaci di andare sulla luna, ma mi sembra siano rimasti là.

È difesa della persona sparare provvedimenti a salve in una girandola di conferenze stampa senza riuscire ad affrontare i problemi più semplici e banali, quali la disponibilità di mascherine, la possibilità di eseguire tamponi su larga scala e la disinfestazione delle strade?

È difesa della persona incensare gli operatori sanitari (tutti vediamo che sono commoventi nella loro dedizione al limite dell’eroico e li ringraziamo) dietro i quali nascondere le falle di un sistema bello in teoria, ma precario in pratica, che si sta rivelando insufficiente a fronteggiare le emergenze? E cosa deve fare il sistema sanitario se non è capace di affrontare le emergenze? Non è forse questa la sua perpetua e continua vocazione?

È difesa della persona distruggere i rapporti sociali, desertificare il territorio, come si fa nella cura del tumore con la chemioterapia? Non c’è la sensazione che si stiano sparando cannonate alle mosche per devastanti e pericolose che siano? Non ci stiamo predisponendo ad infettarci con i virus sociali dell’egoismo, della guerra tra poveri, dell’escalation dei senza lavoro?

È difesa della persona chiudere il mondo per lavori in corso, in attesa che i progettisti dicano di quali lavori abbiamo bisogno, se sia possibile eseguirli ed a cosa possano effettivamente servire? Il mondo non lo si può fermare pena una catastrofe planetaria.

È difesa della persona confinare la comunità cristiana, la Chiesa, costringendola a “pregare in casa”, ma vietandole di fatto di esercitare il proprio mestiere, di aiutare chi è nell’estremo bisogno, lasciando al papa l’impossibile compito di garantire la libertà religiosa sospesa nel vuoto di una guerra senza nemico e senza esercito?

È difesa della persona gridare al lupo senza trovare un filo internazionale per individuarlo e combatterlo insieme? Ci si sta muovendo in ordine sparso. L’Italia sta facendo da apripista. Armiamoci e partite!

È difesa della persona quella che Vittorio Sgarbi ha definito fin dall’inizio una colossale “presa per il culo”? Se intendeva negare la gravità della situazione si è sbagliato alla grande. Se voleva stigmatizzare la presuntuosa ignoranza del comando generale, dello stato maggiore, dell’intendenza etc., forse non si è sbagliato di molto. Se immaginava lo sparpagliamento delle truppe senza guida ha mirato giusto. Se ipotizzava il casino totale che ne sarebbe uscito, gli do la patente da profeta.

A chi mi chiede come reagisco personalmente a questa situazione rispondo: senza troppa convinzione, resto in casa, leggo, prego, scrivo (finché resisterò, poi si vedrà…) e cerco di coltivare al meglio i miei sentimenti e di fare anche un po’ di autocritica. Non mi si dica, per cortesia, che questo è un modo di essere cittadini modello e financo di fare Chiesa. Il cristianesimo è l’arte dell’impossibile e non dell’accontentarsi del possibile. Ciò che stiamo facendo forse è solo un modo di fare i cazzi propri, bloccati da una paura fottuta, con l’alibi di non poter fare niente di più. Pregare, leggere, scrivere fa comunque bene e mi sta aiutando a rimodulare tanti atteggiamenti forse troppo schematici: da questa esperienza emergenziale viene infatti l’invito a volersi bene col cuore e non col buonismo, senza rinunciare al diritto di critica.  È quanto ho fatto sopra in modo implacabile.