Fantasia, scienza e fede

La fantasia non manca: nei momenti difficili può servire a trovare inedite soluzioni ai problemi emergenti, ma può anche essere occasione per evadere dalla realtà alla ricerca di fuorvianti e pericolose spiegazioni. In materia di coronavirus ne stanno circolando due di carattere dietrologico. Siamo ad un mix fra film dell’orrore e film di fantascienza. Le ho prese superficialmente, amaramente e provocatoriamente in considerazione solo perché partono da un dato eticamente e politicamente estremo, ma interessante e paradossalmente plausibile: il fine giustifica il virus.

Non sto impazzendo di coronavirus, sto solo spostando il discorso sui massimi sistemi, consapevole dei rischi, ma altrettanto desideroso di guardare oltre il naso dell’emergenza. Si sa che la guerra ha un suo volto di carattere batteriologico: le grandi potenze hanno laboratori impegnati a predisporre armi chimiche distruttive. Sono già state utilizzate e non si può escludere che lo siano anche in futuro. Quando si scherza col fuoco ci si può anche scottare e, secondo qualcuno, il coronavirus potrebbe essere una devastante scottatura. Dice un noto aforisma di Pietro Metastasio: “Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale: non si trattien lo strale, quando dall’arco uscì”. Se vale per le parole, figuriamoci se non può valere per i virus.

Il coronavirus quale tragico incidente di percorso, tanto come succede per le fughe di radioattività dalle centrali nucleari. Un clamoroso autogol cinese. C’è però una versione ben più maligna: non si tratterebbe di un pazzesco errore, ma di una scelta estrema contro qualcuno: nel caso specifico contro la Cina che sta spadroneggiando nel mondo. Quindi un attacco batteriologico in piena regola contro lo strapotere cinese. Ad opera di chi? Non c’è che l’imbarazzo della scelta: in molti avrebbero il movente per un simile delitto. Insomma il virus verrebbe da un laboratorio o per un tragico e fatale errore o per una apocalittica scelta bellicosa.

C’è poi una versione leggermente diversa non tanto all’origine ma negli effetti: il virus quale arma per mantenere il controllo sulla società da parte del regime cinese. Una bestiale macchinazione di spaventosa autodifesa di un assetto post-comunista, forte ma sempre fortemente in bilico e quindi bisognoso di cure preventive a livello di paura e panico.

Altra fantasiosa e farneticante ricostruzione pseudo-filosofica riguarderebbe l’invenzione del contagio criminalmente utilizzato da media e governi per imporre eccezionali misure di emergenza, forse per passare dalla globalizzazione di un mondo contaminato alla riscoperta dei sani orti nazionalistici. Tesi deliranti anche se affascinanti, da cui non è poi così facile difendersi.

Alla impura fantasia dovrebbe rispondere il sapere, la difesa dovrebbe consistere nella scienza e qui andiamo nel difficile. Sì, perché la scienza offre relativi strumenti di contrasto al periodico incalzare dei virus, ma non ne trova l’origine, se non in una provocatoria e generica denuncia della suicida opera dell’uomo volta alla distruzione degli ecosistemi. La vendetta della natura contro chi da tempo la sta disturbando e distruggendo. Se fosse così, e sicuramente almeno in parte lo è, per rimettere a posto le cose dopo secoli distruttivi occorreranno secoli costruttivi. Il problema di fondo sarà che mentre la distruzione dà immediati anche se illusori benefici, la ricostruzione lascia intravedere benefici in tempi lunghissimi e sacrifici a breve termine.

La scienza aiuta, ma non può risolvere. Dipende infatti da chi la maneggia. Stiamo aspettando con ansia un vaccino contro il coronavirus: arriverà, se non altro per la concorrenza che si stanno facendo i diversi centri di ricerca e le case farmaceutiche. Passato il virus, gabbato il proposito di cambiare indirizzo. Poi magari arriverà ciclicamente un’altra pandemia e giù a batterci il petto e a scervellarci per trovare un rimedio. Disastro dal sen sfuggito poi richiamar non vale: non si trattien lo strale, quando dall’arco uscì.

Anche se non trovo contrasto ed incompatibilità tra scienza e fede (mancherebbe altro!), pur con tutto il rispetto per i ricercatori e tutta l’ammirazione e la gratitudine per chi combatte sul campo (è il dato umano più confortante), in questi giorni, a livello di massimi sistemi, preferisco avere fiducia soprattutto in Dio, facendo riferimento al Vangelo e all’episodio della tempesta sedata. Gesù dorme e gli apostoli in barca con lui se la vedono brutta in mezzo ad un’autentica bufera. Lo svegliano e gli dicono in preda al panico: “Maestro, non ti importa che moriamo?”.  Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». Forse abbiamo l’impressione che Dio si stia disinteressando di noi: anche a costo di fare brutta figura gridiamo anche noi: “Non ti importa che moriamo o che la nostra vita sia comunque sconvolta?”. Qualcosa ci risponderà. Ci crediamo forti e indipendenti e siamo tanto deboli e condizionati. E Lui, pur rassicurandoci di non volerci punire, aggiungerà: “Se non vi convertite perirete tutti”.