Un Papa fatto in casa

Papa Francesco ha sette anni. Li dimostra? Mantiene tuttora la freschezza della ventata con cui ci ha inondato la sera del 13 marzo 2013. Ha operato tanti cambiamenti nella mentalità della comunità ecclesiale più che nella Chiesa-istituzione. Ha fatto una cosa molto semplice: ha preso in mano il Vangelo ed ha cominciato a declinarlo nelle situazioni mondane al di fuori della Chiesa e nelle situazioni interne ad essa. Il percorso tipico dei Santi, san Francesco in particolare, che prendevano sul serio il messaggio evangelico, senza se e senza ma, e cercavano di incarnarlo nella loro vita.

È partito con una espressione laica e banale: buona sera. Da un papa ci si sarebbe aspettato un clericale “Sia lodato Gesù Cristo”, invece: “Cari fratelli e sorelle…buonasera”. Era l’inizio di un’epoca, si è capito subito che qualcosa di grosso era stato messo in pentola.  Erano talmente tanti i desideri e le aspettative di novità che strada facendo è spuntata qualche delusione: era umanamente ed ecclesialmente inevitabile. Tra l’altro si fa molto in fretta a dimenticare i passi avanti con l’ansia di andare sempre più avanti. E poi, non è tipico aspettarsi tutto da chi promette molto ed accontentarsi del nulla di chi promette poco? Anch’io avrei voluto e vorrei qualcosa di più in tanti campi, soprattutto in quello della morale sessuale, anche se questa morale, considerati i ritardi centenari della Chiesa, me la sono costruita in proprio senza aspettare i pronunciamenti papali. Devo ammettere comunque che è cambiata l’aria che tira, si respira meglio all’interno della Chiesa, ci si vede meglio fuori dalla Chiesa. Si respira Vangelo a pieni polmoni, si vedono con chiarezza i bisogni dei poveri del mondo.

La mattina del 13 marzo 2020 ho seguito in televisione la celebrazione della messa di papa Francesco a casa santa Marta. Dopo l’offertorio, un ministrante si è avvicinato all’altare per il “lavabo”: il papa dopo essersi brevemente sciacquate le dita ha sussurrato (almeno così mi è parso di capire) un “grazie”. Fatto insolito per gli ingessati riti degli ambienti vaticani, ma anche per tutte le chiese, laddove sembra che la messa debba essere celebrata a prescindere dalla nostra quotidiana umanità.   Dopo sette anni dal richiamato “buona sera” al semplice “grazie”. Il genio della semplicità nei modi, ereditato da papa Giovanni XXIII. Se guardiamo invece al contenuto delle riforme avviate su base conciliare, dobbiamo ripensare a papa Paolo VI.

Sul volto di papa Francesco, oltre il normale invecchiamento dovuto all’età, si scorgono i segni di una fatica improba nel condurre ad unità una Chiesa in parte a lui contraria e ostile. Come Gesù, non profetizza in patria e qualcuno forse lo vorrebbe far fuori dal punto di vista culturale e pastorale. Mi fa tanta tenerezza con quel suo stile semplice e profondo, mi fa tanta paura che possa essere disturbato e tacitato. Stiano però ben attenti i suoi detrattori perché le sue parole non si potranno facilmente dimenticare, stanno lasciando un segno indelebile nelle coscienze di tutti, cristiani e non, credenti e non. E poi, non dimentichiamoci di pregare per lui.