I pugni in tasca

L’Unione europea ha promosso la riforma della prescrizione del ministro Bonafede, ritenuta idonea a ridurre i tempi della giustizia italiana. Le forze politiche italiane però continuano a non essere d’accordo, anche se, dopo un mese e mezzo di trattative, la maggioranza è riuscita a trovare una soluzione di compromesso: il lodo Conte bis.

La decisione è stata inserita in un emendamento del ddl sulla riforma del processo penale, che ha appena ottenuto il via libera in Consiglio dei Ministri. Il lodo Conte bis prevede lo stop della prescrizione dopo la sentenza di primo grado di condanna, con la possibilità di ottenere un ricalcolo retroattivo dei termini se in secondo grado la sentenza viene ribaltata in una assoluzione. Il testo originale di Bonafede, invece, prevedeva l’interruzione dei termini sia dopo la sentenza di condanna che di assoluzione.

Evidentemente la Ue, non so fino a che punto in modo approfondito e argomentato, ritiene i provvedimenti in questione rispondenti all’esigenza di combattere la corruzione allungando i tempi della prescrizione e riformando il processo penale: difficile trovare il nesso fra i due approcci, ma, a giudizio europeo, saremmo sulla strada giusta.

Mio padre diceva con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a  guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón». Le cose nel caso di cui sopra sembrano andare diversamente. I litiganti italiani, dopo lunga e penosa trattativa, hanno raggiunto un compromesso, ancora tutto da approvare in via definitiva e che dovrà soprattutto passare sotto le forche caudine dei renziani in versione ultragarantista: non si scontravano, almeno lo spero, tanto per ridere, forse faceva ridere (o piangere) l’intento disfattista degli uni e la smania populista di altri. Tanto meno l’Unione europea si è intromessa ironicamente o sgarbatamente: si è limitata a ribadire la necessità di una linea legislativa seria in materia giudiziaria (Dio sa quanto ce ne sia bisogno).

Non entro nel merito della questione perché mi manca la competenza e perché di questo argomento ho già scritto. Aggiungo solo una considerazione squisitamente politica. Cerchiamo di ascoltare i consigli e gli inviti che ci vengono dal livello europeo, non facciamo i saputelli e tanto meno gli scettici. Abbiamo sempre e comunque da imparare: niente va preso a scatola chiusa, ma niente va presuntuosamente scartato o disprezzato. In Europa ci si sta a ridere, a piangere, ad ascoltare e a parlare.

Quando uscivo professionalmente dai confini provinciali per approdare al contesto regionale, adottavo il criterio suddetto; partecipavo convintamente, facevo tesoro delle esperienze altrui, esprimevo le mie idee, lavoravo con impegno. Alla fine portavo a casa dei risultati alla faccia di chi mi consigliava atteggiamenti duri e settari: c’è l’idea che si debba andare giù duri per farsi rispettare. Non è mai vero, soprattutto quando si è consapevoli di essere deboli. Il ministro Marcora, quando si sedeva ai tavoli europei in materia di agricoltura, sapeva quel che andava a dire, ascoltava attentamente le ragioni degli altri e poi magari, in un clima di rispetto e collaborazione, sapeva anche piantare i pugni sul tavolo al momento giusto. Molti invece, nei rapporti con l’Europa, vogliono partire dai pugni per poi…finire al tappeto.