Il folle orgoglio del brigatista.

“Meglio avere mani sporche di sangue ma provarci”. Questa frase è stata pronunciata dall’ex brigatista Raimondo Etro nel corso della trasmissione “Non è l’Arena”, in onda su La7. Etro, 63 anni, è stato condannato a 20 anni e sei mesi di carcere per il rapimento del presidente della Dc Aldo Moro e nel 2019 è tornato al centro dell’attenzione mediatica per avere chiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. L’affermazione di Etro in studio ha scatenato l’indignazione degli altri ospiti del programma, tra cui il giornalista Luca Telese e Daniela Santanchè: “E’ inaccettabile, o chiede scusa oppure ce ne andiamo”, ha detto la parlamentare di Fratelli d’Italia in collegamento video. “Lo faccia”, ha risposto ironicamente Etro, che ha anche aggiunto: “Scusa il cazzo”. Giletti, a quel punto, lo ha invitato ad abbandonare lo studio: “Mi dispiace ma questa frase è inaccettabile, quella è la porta”.

Penso di avere capito cosa intendesse dire l’ex brigatista.  Mi sono sempre chiesto, con grande inquietudine, quali fossero le motivazioni profonde dei terroristi rossi, che in gran parte, molto probabilmente, erano persone in buona fede (?). Lo avrà loro chiesto sicuramente anche Aldo Moro, durante la sua prigionia ed avrà tentato anche di dialogare con i suoi carcerieri: tentativo fallito, perché, quando la lotta politica diventa una sanguinaria follia, non c’è più niente da discutere. Raimondo Etro ha confessato qual era la pulsione in base alla quale è arrivato a commettere dei reati gravissimi: lo ha fatto in nome di un’idea in cui credeva, ci ha provato, come ha detto a posteriori. Il dopo-follia è altra e ancor più grave follia! La frase pronunciata ha un avverbio di troppo: meglio.

Potrei accettare una frase diversa: “Ho provato a realizzare il mio ideale con la violenza, mi sono sporcato le mani di sangue, ho sbagliato tutto nel merito e nel metodo, chiedo umilmente perdono dopo aver pagato il mio debito con la giustizia”. Questo gli dovevano controbattere con calma e fermezza, anziché accettare la sua paradossale provocazione, trascinarlo in uno scontro stucchevole per poi cacciarlo dallo studio televisivo. Se poi, rifiutandosi volgarmente di chiedere scusa davanti alle insistenze di Daniela Santanché, intendeva dire che non accettava lezioni di democrazia da certi politici, penso non avesse tutti i torti, ma talmente grande è il suo torto da costringerlo a chinare il capo e chiedere scusa ora anche e soprattutto per allora, persino a Daniela Santanché.

La lezione veramente credibile ed autorevole a Raimondo Etro non la danno però né Telese, né la Santanché, né Giletti: la dà la storia, la dà Aldo Moro con il suo pensiero, la danno tutti coloro che, pur contestando il sistema, hanno rifiutato categoricamente la violenza rimanendone in certi casi essi stessi vittime. Proprio in questi giorni è stato celebrato il 40°’anniversario della barbara uccisione di Vittorio Bachelet da parte di brigatisi rossi. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto: “Vittorio Bachelet era convinto che nell’impegno sociale, in quello politico, in quello istituzionale, proprio attraverso il dialogo fosse possibile ricomporre le divisioni, interpretando così il senso più alto della convivenza”.

Un tempo, quando un alunno testardo e scorretto commetteva errori a ripetizione, gli si imponeva di scrivere per tante volte una reprimenda fino ad impararla a memoria. Potrebbe valere la pena che Raimondo Etro fosse sottoposto ad una simile punizione. Costretto altresì a rivedere come l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, lui che aveva fatto ricorso alla lotta armata contro il nazifascismo, fosse letteralmente sconvolto per i terribili atti del terrorismo brigatista e come il giovane figlio di Bachelet fosse capace di esprimere parole di perdono verso chi stava sbagliando tutto in nome di chissà quali assurdi ideali.

La prego signor Etro, se proprio non sopporta i rimbrotti degli e negli studi televisivi, parli con Giovanni Bachelet, con i famigliari delle vittime delle brigate rosse, con i figli di Aldo Moro: scavi nella storia democratica, nella Costituzione italiana e troverà seri motivi di ripensamento per la sua coscienza di cui comunque renderà conto al Padre Eterno. A lui non potrà rispondere: “Scusa il cazzo”.