L’infanzia abbandonata

Durante la mia fanciullezza giocavo in cortile con alcuni miei coetanei abitanti nel condominio: pallonate contro i garage che fungevano da ipotetiche porte del campo, grida, litigi, etc. etc. Fortunatamente a quell’epoca quasi tutte le famiglie avevano figli che si sfogavano nelle aree cortilizie: eravamo ancora piccoli per andare in un campetto di periferia. Arrecavamo indubbiamente qualche (?) disturbo agli abitanti del palazzo. Uno, in particolare, persona buona ma pignola, che, guarda caso, non aveva figli, si lamentava parecchio. Veniva addirittura a parlare con mio padre di sera, magari all’ora di cena. Si sentiva suonare il campanello e scattava l’allarme: era il signor…che veniva a reclamare la fine della ricreazione. Mio padre non si scomponeva, lo accoglieva con simpatia e col suo impeccabile humor alla parmigiana; come si faceva un tempo, gli offriva da bere, lo coinvolgeva in un’allegra chiacchierata prima di arrivare al dunque: «Co’ gh’ volol fär, me fjól  a n’al pos miga ligär in ca, al gh’à diritt ‘d zugär. Al vedrà che quand al gh’arà la sò etè al ne zugrà pu». Poi dopo aver stemperato il clima lanciava un simpatico affondo: «Po, ch’al staga aténti che chi ragas chi, si se stuffon, igh zbuzisson il gommi d’la machina…». Risata…un secondo bicchiere…una stretta di mano…una sana e realistica raccomandazione a gridare un po’ meno durante il gioco in cortile.

Ebbene anche a Palermo sta succedendo qualcosa di simile, ma assai più spiacevole: non si può più giocare in oratorio dopo la decisione dei magistrati di vietare l’uso del pallone nel cortile in conseguenza delle cause intentate da alcuni condomini dei palazzi limitrofi.  L’ordinanza del tribunale è infatti arrivata dopo che alcuni vicini hanno fatto causa, lamentandosi del rumore generato dai giochi dei bambini. Sullo sfondo di questo episodio, è inutile nasconderlo, si intravede indirettamente il pericolo della mafia, sempre pronta a mettere le grinfie addosso anche ai ragazzi. Mi auguro che le lamentele siano emerse in buona fede, ma bisogna avere il coraggio di contestualizzare i fatti e di affrontare le situazioni con la dovuta attenzione psicologica e sociale.

È scoppiata una rivolta gentile che ha visto l’intervento del vescovo Corrado Lorefice, il quale, dopo aver giudicato le misure come troppo restrittive, ha rivolto un caldo invito a far prevalere buonsenso e dialogo.  “L’oratorio è un luogo fondamentale per la crescita dei ragazzi, non solo spirituale, soprattutto nella nostra Palermo”, ha continuato il capo della diocesi, facendo autorevole eco al parroco, che ha sconsolatamente affermato: “Adesso l’unica alternativa è la strada”. Ad accogliere il vescovo tutta la comunità parrocchiale: i bambini, le mamme, i religiosi. “L’oratorio è un punto di riferimento per le famiglie della zona. Vederlo così senza ragazzini che giocano è triste”, dicono alcuni genitori. Il vescovo e i fedeli si sono riuniti in un’assemblea per confrontarsi su quello che è successo.

“Questo oratorio è un luogo in cui si celebra la vita in tutte le sue fasi. Non possiamo e non dobbiamo fermare le sue attività”, aggiunge il parroco, presidente dell’associazione che gestisce l’oratorio.  “Siamo pronti a dialogare per arrivare a una soluzione. In questo momento i nostri bambini hanno solo l’alternativa della strada”, ha aggiunto davanti all’arcivescovo Corrado Lorefice venuto in visita tra i fedeli, i volontari e i ragazzi.

Non è un fatto eclatante, ma, senza esagerare e fare della facile poesia, significativo di una mentalità che tende a chiudere la società: tutti parlano di denatalità e di misure per invertire la tendenza, ma poi i bambini danno fastidio e allora meglio emarginarli o, ancor peggio, confinarli in strada, laddove trovano chi è magari pronto ad accoglierli in senso deteriore. Sacrosante le parole del parroco e del vescovo. Una nuova e diversa società si costruisce partendo dai bambini: lo aveva ben capito il beato don Pino Puglisi, un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto. Così lo ha ricordato papa Francesco.

I bambini, al tempo di Gesù, non godevano di grande considerazione, essendo dei non-ancora uomini. Anzi, infastidivano i rabbini intenti a spiegare i misteri del Regno. È comprensibile, allora, il gesto rispettoso degli apostoli che temono di disturbare il Maestro il quale, invece, dimostra enorme simpatia verso i bambini: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.